Roma, alle Scuderie del Quirinale si celebra il Giappone di Hiroshige con “Incontro con il sakè”

Da un Giappone all'altro. Continuano gli eventi collaterali della mostra “Hiroshige. Visioni dal Giappone” alle Scuderie del Quirinale di Roma. E così venerdì 15 giugno, la splendida terrazza delle Scuderie del Quirinale resterà aperta in via straordinaria, per ospitare l’ultimo appuntamento di “Incontro con il sakè” a cura di Luca Rendina, Sake Educator della Sake Sommelier Association, che racconterà la storia, le usanze e i riti legati a questa bevanda dalla storia millenaria.
Ottenuto dalla fermentazione di riso, acqua e spore koji, il sakè è conosciuto in Occidente come “vino di riso” giapponese, sebbene per la tecnica di produzione abbia più affinità con la birra. Le sue origini sono databili tra il VI° il III° secolo a.c. quando le piantagioni di riso furono importate per la prima volta in Giappone. Il sakè, come è conosciuto oggi (seishu), risale agli inizi del periodo Edo ed è fortemente connesso alle più importanti cerimonie tradizionali giapponesi. Anch’esso infatti – come l’Ikebana, il Cha-no-yu e la cerimonia del tè – è legato a una ritualità che è parte dello spirito e alla filosofia shintoista. La bevanda è inoltre un elemento fondamentale della “cultura del riso”, tanto da essere al centro di un’antica cerimonia Shinto in cui si usava offrire vivande e sakè (shinsen) alle divinità per celebrare il raccolto del riso.
Sebbene si siano ormai persi i connotati religiosi, ancora oggi il sakè rappresenta un elemento fondamentale di condivisione e convivialità. È per esempio utilizzato per la cerimonia di scambio dei bicchieri in segno di amicizia (katame-no-sakazuki), durante la quale persone senza legami di sangue acquisiscono una relazione di parentela.