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Riccardo Cocciante: “Sanremo monopolizza la musica in Italia, se non passi da lì non esisti”

In un’intervista a Fanpage, Riccardo Cocciante dice la sua sul Festival di Sanremo. Da ex vincitore della manifestazione (nel ’91 con Se stiamo insieme) ne riconosce la grande importanza, ma ne sottolinea un difetto sostanziale: “Impedisce di avere un premio per la musica. Dopo la vittoria dissi che non sarei mai più tornato in gara”.
A cura di Andrea Parrella
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Riccardo Cocciante e Sanremo, una storia lunga, fatta di tante ospitate negli ultimi anni, ma soprattutto di una vittoria imponente nel 1991 con "Se stiamo insieme". Di quel Sanremo l'artista ha parlato nel corso di un'intervista a Fanpage, in cui ha raccontato come arrivò la decisione di partecipare alla manifestazione: "Non spinsi io per tornare a Sanremo, perché Sanremo non è fatto per me, non amo i concorsi. Non scordiamo che noi cantautori, quando siamo arrivati negli anni Settanta, abbiamo praticamente annullato Sanremo, per diversi anni Sanremo in televisione nemmeno c’era, le classifiche dicevano il contrario del festival".

La scelta di andare a Sanremo nel 1991

A fargli cambiare idea fu la metamorfosi dello stesso Festival come manifestazione: "Poi nel frattempo Sanremo è cambiato, ha preso altre strade e ho pensato fosse il tempo di lanciarsi. Ho sempre detto che non mi sarei mai più presentato, perché il concorso non è per me, l’ho detto esattamente nel giorno in cui ho vinto e l’hanno presa male, come intendessi che non amo Sanremo".

Cocciante critica il festival: "Impedisce all'Italia di avere un Grammy"

Di come si sia evoluta la manifestazione e del ruolo assunto a livello culturale da questo evento, Cocciante ha un'idea precisa: "Sanremo è importantissimo per gli artisti, ma ha anche un grande difetto secondo me, perché monopolizza un po’ tutto e ci impedisce, in Italia, di avere un vero premio, un Grammy, un riconoscimento annuale non solo degli artisti ma anche della categoria. Se non ce l'abbiamo è per colpa di Sanremo, ogni volta che lo dico mi rispondono che c’è già il Festival che però non è la stessa cosa. Monopolizza così tanto da assorbire anche le espressioni musicali più svariate. I Maneskin non sono certo un’espressone sanremese, ma io apprezzo molto il loro approccio, che però fa capire che se oggi non passi dal filtro Sanremo, hai molta difficoltà a trovare un posto nella musica. Io amo l’underground, perché è da lì che inizia il futuro, all’inizio è duro ma io amo quella proposta violenta, però con Sanremo siamo tutti un po’ repressi perché anche l’underground, per esistere, deve passare da lì. Quanto a me, Sanremo non mi ha cambiato molto la vita, c’è sempre bisogno di riconoscimenti".

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