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“Revenge porn” o “pornovendetta”, il nome giusto per il nuovo reato

“Revenge porn” è un termine straniero, poco chiaro e addirittura sbagliato, “pornovendetta”, proposto da eminenti linguisti, è italiano ma secondo alcuni poco calzante. Può essere “diffamazione sessuale”? Come si deve chiamare la diffusione illecita di materiale pornografico sanzionata dal nuovo art. 612-ter?
A cura di Giorgio Moretti
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Il testo approvato alla Camera del nuovo art. 612-ter del codice penale punisce (secondo la rubrica) la "Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti", ma si sente dire che si tratta di una legge che punisce il "revenge porn". Potrebbe sembrare la normale semplificazione giornalistica: serve un nome rapido e univoco. Molti linguisti eminenti hanno affermato che il nome "revenge porn", in quanto straniero, risulta poco chiaro, e sono state proposte delle alternative italiane, come "pornovendetta". Sono alternative giuste?

Revenge porn: che cos'è e perché è un nome sbagliato

La definizione è lineare: si tratta della diffusione, senza il consenso di chi vi compare, di immagini o video sessualmente espliciti, compiuta al fine di arrecare loro un danno. è quindi una diffusione fatta per ritorsione, per vendetta, per spregio: possiamo immaginarci l'ex partner che pubblica un video per screditare e mettere in imbarazzo chi l'ha lasciato, come anche il cracker che vuole infamare una persona nota sottraendole e mettendo online un suo video intimo.
La dicitura ‘revenge porn', a ben vedere, ha un problema concettuale non dappoco: descrive non un genere di ritorsione, ma un genere di porno. Nella disposizione dell'espressione inglese, il termine "revenge" determina il termine "porn". Per essere un genere di ritorsione si potrebbe magari ricorrere a una dicitura come "porn revenge": qui non si vuole certo parlare di categorie di materiale pornografico, ma di categorie di vendetta, un'azione prepotente e rancorosa che schiaccia la libertà morale di una persona di mostrarsi o meno in pubblico in atti sessuali. Perciò un'alternativa italiana come "pornovendetta" (chiara, semplice e anche incisiva) sembrerebbe auspicabile non solo per una questione di chiarezza, poiché comprensibile anche dagli italiani che non parlano inglese, ma anche per una questione concettuale: è un genere di vendetta.

Art 612-ter: chi punisce

La nuova legge italiana, però, non è pensata solamente per punire la pornovendetta, bensì fattispecie di reato più ampie e complesse al cui interno rientra la pornovendetta. In particolare sono previsti due reati, che soggiaciono alla stessa pena.
Secondo il primo comma è punito chi, senza il consenso delle persone rappresentatevi, diffonde immagini o video (sessualmente espliciti, destinati a restare privati) che egli stesso ha realizzato o sottratto. Qui non è contemplato un dolo specifico: che sia per vendetta, per profitto o per qualunque altro fine non importa. È sufficiente la condotta diffusiva senza consenso, seguente all'aver catturato quelle immagini o quei video o all'averli sottratti. Sono dei casi particolarmente delicati: la persona da punire materialmente ha catturato quelle immagini, assisteva in qualche modo all'evento, e ha creato ella stessa il materiale pornografico che poi avrebbe usato per nuocere, oppure è riuscita a carpirlo. In entrambi i casi il livello di gravità della condotta, realizzata da una posizione pericolosa o con mezzi insidiosi, è sufficiente a determinare la punizione: la pornovendetta è una specie, all'interno del genere di questo reato che non salva dalla sanzione penale nessun fine. Un atto del genere esclude ogni candore.

Nel secondo comma la fattispecie è diversa (la pena invece è uguale). Punisce chi diffonde quelle immagini avendole ricevute o comunque acquisite, un caso meno grave di chi abbia preparato il materiale, di chi lo abbia sottratto: proprio per questo qui è richiesto invece un dolo specifico. La diffusione deve avvenire per creare nocumento. In altri termini, questa seconda fattispecie, nei casi in cui chi la compie abbia acquisito il materiale pornografico in maniera innocua, punisce solamente la pornovendetta. (Nei commi successivi sono chiarite aggravanti, fra cui la relazione amorosa passata o presente con la vittima, e la procedibilità.)

Pornovendetta è la soluzione migliore

Vediamo quindi che il termine "pornovendetta" non esaurisce tutte le fattispecie di questi due diversi reati: vi rientra del tutto quello del secondo comma, mentre quello del primo (anche se per la lettera della legge il fine non è rilevante) vi rientra in parte. C'è chi ha osservato che quindi nemmeno "pornovendetta" sarebbe un termine giusto: se per una malsana adorazione sottraggo il video pornografico privato di una persona famosa e lo pubblico allo strano fine di incensarla mostrandone al mondo la meraviglia, il reato resta ma di sicuro non stiamo parlando di pornovendetta.
Ma la pornovendetta rimane il caso più spregevole, grave e statisticamente rilevante punito da queste fattispecie di reato, la cui urgenza è stata determinata in primis da condotte di pornovendetta. Se poi il legislatore, nello stilare la legge, ha ritenuto di cogliere l'occasione per creare norme più ampie, che non lascino scoperti casi che esulano dalla pornovendetta pur ledendo la libertà morale di una persona (e ciò merita plauso), questo non rende meno adatto il termine ‘pornovendetta' per descrivere questa pratica e alcune condotte di reato.

Poi nei tribunali magari non parleranno di pornovendetta ma di "Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti", così come non si sente tanto parlare di stalking quanto di "Atti persecutori", così come il reato di calunnia ha una portata più ristretta rispetto alla calunnia intesa comunemente; ma il fatto che i professionisti della legge, nel loro mestiere, usino terminologie tecniche che calzano con maggior precisione sui loro concetti, non deve far arretrare dalla ricerca di quelle parole semplici che possono arrivare a tutti, specie quando si sta cercando di determinare un cambiamento culturale. Un cambiamento culturale che peraltro esclude si possa parlare, in alternativa, di "diffamazione pornografica": basta vedere la posizione che hanno questi reati nel codice penale per intendere che la diffamazione lede l'onore, mentre qui il valore tutelato è la libertà morale di determinare se e quando mostrarsi in quali atteggiamenti e con chi. Una persona che pubblica un mio video pornografico non può ledere il mio onore perché il sesso è tutt'altro che disonorevole: ha leso la mia libertà, come nei casi della violenza privata e della minaccia.

In conclusione, non tutto l'art 612-ter è pornovendetta, ma l'obiettivo è che tutta la pornovendetta (salvo non costituisca più grave reato) sia coperta dall'art 612-ter, e visto il suo ruolo da protagonista in queste fattispecie di reato, ben venga che fuori dai tribunali si chiami così, come proposto dagli studiosi del gruppo Incipit. Sarà una nuova freccia all'arco della civiltà.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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