Renzo Arbore: “I giapponesi amano il mandolino” (VIDEORITRATTO)
Abbiamo incontrato Renzo Arbore in occasione della presentazione del libro “E se la vita fosse una jam session?” (Rizzoli) che si è svolta sabato scorso a Napoli alla libreria Iocisto #lalibreriaditutti. Dopo l’incontro con i lettori il maestro si è fermato con noi per una lunga intervista in cui ci ha raccontato alcuni aneddoti inediti della sua lunga e straordinaria carriera.
Renzo Arbore: “E se la vita fosse una jam session?”
Il libro raccoglie in 300 pagine e un formato molto comodo sia da leggere che da sfogliare oltre cinquant’anni di carriera e di esperienze vissute da Arbore dai ricordi dalla sua adolescenza a Napoli fino alle tournée in giro per il mondo con l’Orchestra Italiana; di incontri straordinari con i suoi miti, da Carosone a Murolo e Fellini, e la sua passione per la musica, per la radio e per la televisione. Un enorme quantità di materiali, aneddoti e fotografie raccolti nel corso di un intero anno da Lorenza Foschini e che compongono la biografia di uno dei più grandi uomini di spettacolo che l’Italia abbia avuto. Nello specifico il libro è composto da ben otto sezioni (Foggia, Napoli, Radio, Televisione, Cinema, Musica, Incontri, Passioni) ciascuna delle quali è corredata da un ricco apparato sia grafico (molto ben curato) che iconografico con alcune fotografie che da sole valgono il prezzo del libro (35 Euro). La breve introduzione, curata dallo stesso Arbore, introduce subito il lettore al clima dell’intero volume: “Mi chiamo, come risulta dai documenti, Lorenzo Giovanni Maria Antonio Domenico Arbore. In arte Renzo. Sono nato l’anno in cui è morto Guglielmo Marconi e non ho fatto in tempo a dispiacermi. Me ne sono innamorato qualche anno dopo, perché senza di lui non avrei fatto né radio né televisione né canzoni al microfono né il ‘razzolatore’ di internet.” Ma scorrendo il volume si scopre che in realtà oltre a ripercorrere la straordinaria vita di Arbore si fa un vero e proprio viaggio nella storia e nel costume dell’Italia degli ultimi cinquant’anni: dagli anni della guerra a Foggia, al dopoguerra a Napoli, ai primi anni ’60 in cui Arbore in radio “inventava” l’improvvisazione insieme con Gianni Buoncompagni con programmi come “Bandiera gialla”, “Per voi giovani”, “Alto gradimento”. Fino agli anni della televisione dove con “Quelli della notte” celebrava la fine degli anni del terrore o con “Indietro tutta” faceva una satira della televisione e dell’edonismo degli anni ’80. E poi la passione per il jazz e per la canzone napoletana… insomma si tratta di un vero e proprio caleidoscopio, un vaso di pandora che una volta aperto e impossibile richiudere senza prima averlo scorso da cima a fondo.
Il grande successo dell’Orchestra Italiana
Un capitolo a parte merita l’avventura dell’Orchestra Italiana, nata nel 1991 e che nel corso di pochi anni diventerà un vero e proprio fenomeno musicale. Arbore e l’Orchestra, infatti, andranno dapprima in tournée in tutta Italia e poi in giro per il mondo da New York a Pechino a Sidney a Mosca: “Per registrare il nostro primo disco, – racconta Arbore nel libro – ci trasferimmo per un periodo non in una casa discografica bensì a San Sebastiano al Vesuvio, in un minuscolo studio circondato da alberi di limoni, con i bambini che giocavano e correvano nei cortili fuori dalle case. Abbiamo trascorso là giornate indimenticabili […] Quel luogo meraviglioso, però non era molto adatto a realizzare un disco e così ci trasferimmo nel più grande studio di registrazione d’Italia. Dove esattamente? Incredibile a dirsi: a pochi passi da dove eravamo. A Capri”. L’obiettivo dell’Orchestra italiana era quello di ridare voce a melodie snobbate dai nuovi musicisti della scena napoletana che le consideravano retoriche e turistiche. E infatti quando poi L’Orchestra riscosse grande successo internazionale inevitabilmente nacquero delle invidie, “Quello non è neanche napoletano” dicevano alcuni. L’Orchestra però poteva contare, come racconta Arbore, su due difensori eccezionali: Roberto Murolo e Renato Carosone. Tra i ricordi indelebili nel libro sono citate le tappe a Piazza di Spagna a Siviglia, al Royal Albert Hall di Londra, al sambodromo di Rio de Janeiro (è stata l’unica band non brasiliana a esibirsi lì), davanti alla cascate del Niagara, a Toronto allo SkyDome, uno stadio gigantesco. Ultimo aneddoto molto divertente è quello dei mandolinisti giapponesi. Si sa che in Giappone la canzone napoletana è molto amata, “quando mi ha invitato nel suo Paese per un concerto – racconta Arbore – l’mabasciatore giapponese mi ha cantato ‘Torna a Surriento’ comprese le strofe che pochissimi conoscono”. Ma la cosa incredibile è che in Giappone ci sono circa un milione di mandolinisti!