Una volta conoscevo un ragazzo che era nella Folgore – non proprio la Brigata più progressista del Paese -: era stato in Iraq, in Afghanistan, aveva letteralmente rischiato la vita in un attentato, mi raccontava di battaglie, di draghi di Komodo – o forse altri rettili giganti – che attaccavano il campo alla ricerca di cibo, di enormi ragni che saltavano, storie vere, verosimili, di coraggio, di grande forza e virilità che però quasi si commuoveva quando parlava di Renato Zero, spogliandosi per un attimo di quella corazza virile e mostrando pubblicamente un lato più emotivo. Renato Zero era la sua "nemesi", tutto quello che non era nella realtà. Era un sorcino doc.
Ci ho pensato guardando il secondo concerto di Zero a Piazza del Plebiscito di Napoli, dove ha portato il suo tour "Autoritratto – I concerti evento" in cui il cantautore romano ha ripercorso il suo lunghissimo percorso artistico. E in particolare guardando il cantante – che sul palco ancora gliela mena, come si suol dire – ma soprattutto la varietà di pubblico che mi attorniava: un incrocio di generazioni, con genitori fan che avevano passato la passione anche ai figli, portando una platea intergenerazionale e completamente folle di Zero. A un certo punto mi è venuta voglia di portare quelli che si lamentano del rap e dei giovani GenZ al suo concerto: cellulari, dirette col parente a casa, continuamente in piedi nonostante le richieste di stare seduti, grida quando Zero balla sul palco e l’immancabile singalong. Insomma, quello che fanno tante fanbase ma i sorcini sono molto più organizzati e fedeli.
Zero canta i suoi successi, accompagnato da alcuni dei volti della musica e della Cultura napoletana, facendosi accompagnare da Peppe Barra in Seduto sulla Luna, poi sale sul palco Angela Luce – ovazione per lei – che canta "Era de maggio" e "‘O surdato Nnammurato", e assieme a Barra e Sal Da Vinci fanno "‘O carrozzone" (rifacimento partenopeo de Il carrozzone), con cui si chiude la prima parte dello show – mentre l'ultimo ospite è stato Peppino Di Capri, che dopo la malattia ha ridotto al minimo i suoi interventi live, e con Zero ha interpretato Luna Caprese, emozionando il pubblico. Ma tutto il concerto è stato un omaggio a Napoli e ai napoletani.
Zero racconta aneddoti di quando veniva a Napoli e i partenopei lo acclamavano: "Tutte le volte che sentivo ‘Maronna ddo Carmene, Renato, Renatino', era come un grido di battaglia, come a dire ‘Renatì, vienici a trovare ogni tanto' e noi abbiamo avuto fortuna, questa volta. Devo ringraziare la Giunta e il Sindaco che hanno dimostrato sensibilità e talento, perché amare i napoletani non è difficile, ma è un premio anche quello, perché voi siete primi della lista di questo Paese a offrire i vostri servizi, l'arte di arrangiarsi l'avete inventata voi: voi avete subito la pressione di un Nord Italia soddisfatto, appagato, in tutto e per tutto, ma che non ha il vostro sole, il vostro Vesuvio, il vostro cuore".
Poi il pubblico intona ‘O surdato ‘nnammurato e Zero torna su Napoli: "Porto con me tutto questo desiderio di napoletanità e ho riassaporato i colori di un'amicizia così meravigliosamente aperta, leale e questi miei compagni di palcoscenico che si sono dimostrati aperti, sempre pronti ad accogliere la mia voglia, il mio desiderio di contaminazione, di cercare attraverso di loro una chiave per avvicinarmi ancora di più alla vostra anagrafe. E questo avviene questa sera, ancora una volta" dice per introdurre Peppe Barra.
E Napoli torna pure quando il cantautore fa un discorso sui tanti amici napoletani che non ci sono più e mentre canta "Amico" sui visual scorrono i nomi di tanti napoletani scomparsi: Murolo, Nunzio Gallo, Peppino Gagliardi, Eduardo, Titina de Filippo, Totò, Pino Daniele, Caruso, Mario Merola, Concetta Barra e tanti altri che arrivano tra l'inizio con Pino Daniele e la fine con Massimo Troisi. Il resto è uno spettacolo di uno degli artisti che hanno rivoluzionato la Cultura musicale nazionale e dei suoi sorcini che hanno anticipato, invece, di anni le fanbase contemporanee.