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Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina: “La mia vita dall’Italia al Giappone”

Laura Imai Messina vive da 15 anni in Giappone, e ha pubblicato per Piemme “Quel che affidiamo al vento”. Una storia venduta in oltre 20 Paesi la cui prima tiratura è andata esaurita in pochi giorni. Abbiamo intervistato l’autrice che in queste settimane sarà in Italia per il Tour di presentazione.
A cura di Andrea Melis
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Laura Imai Messina ci risponde da Milano, in una pausa caffè per recuperare il fuso orario dal Giappone, prima di gettarsi a capofitto tra una data e l'altra dell'attesissimo tour che la porterà in giro per tutta Italia nella promozione del suo ultimo libro "Quel che affidiamo al vento". Un romanzo, edito da Piemme, letteralmente preso d'assalto e andato esaurito in pochi giorni. Ormai introvabile sugli store online, le poche copie rimaste (nel mentre sta arrivando a tempo record la seconda ristampa) stanno obbligando i lettori a battere palmo per palmo quelle librerie, fatte ancora di scaffali e commessi, la cui strage ha alimentato un dibattito culturale molto acceso nelle ultime settimane. Ma in effetti tutta la storia su cui ruota questo libro ha un po' il sapore di un ritorno all'antico.

Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina

Nella cittadina di Otsuchi, affacciata davanti all'Oceano Pacifico, c'è una cabina telefonica in legno bianco, dentro cui sta un telefono nero. Il signor Itaru Sasaki l'ha installata in giardino dopo la morte del cugino, per continuare il dialogo con lui. Poi, dopo lo Tsunami del 2011 che ha sconvolto l'isola nipponica, sono cominciati centinaia di pellegrinaggi: arrivano dall'Australia, dall'Europa, dall'Africa, fanno migliaia di chilometri solo per chiedere di poter fare una telefonata. Prendono in mano il vecchio apparecchio, compongono un numero a caso, e parlano ai loro cari. Laura Imai Messina, che in Giappone vive da quindici anni e dalla quale tiene un seguitissimo blog "Giappone mon Amour", quella cabina e i suoi proprietari li ha conosciuti di persona e ha deciso raccontare al mondo questa storia di grande delicatezza e valore umano.

Laura Imai Messina, l‘intervista esclusiva a Fanpage.it

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Il personaggio più straordinario del tuo libro è l’unico che realmente esiste: un telefono che in occidente definiremo ‘guasto’ ma che in Giappone ripara gli animi della gente. Come hai scovato questa storia?

Lessi un articolo su un quotidiano giapponese nel 2011. Quell’anno, subito dopo il disastro del Tōhoku, iniziai a frequentare di più la rete e a cercare di informarmi più attivamente. Vidi prima la fotografia della cabina di Bell Gardia su una rivista online, poi lessi la storia del guardiano, del viaggio dei sopravvissuti che cercavano di connettersi con i loro cari perduti. Rimasi incantata.

Una volta scoperto il telefono che parla al vento come è nata l’idea del romanzo?

Avevo inizialmente inserito il Telefono del Vento in un rosario di racconti a tema giapponese. Sentivo l’urgenza di raccontarne la bellezza, di diffondere la conoscenza di un luogo profondamente spirituale che potenzialmente era in grado di lenire la sofferenza di molti, non solo in Giappone, ma ovunque nel mondo. Poi tra dicembre del 2018 e gennaio 2019 ho iniziato a scriverlo come racconto indipendente, più lungo. Mi sono presto accorta che cresceva con me. In sei settimane è diventato un romanzo.

La poetica e dolente Yui,  l'affascinante Takeshi… Solo per citare i due Giovani protagonisti principali che cercano l’armonia tra le intemperie interiori e i flagelli che periodicamente la natura infligge al Giappone. Che ruolo hanno i personaggi del romanzo?

Credo che ogni personaggio di Quel che affidiamo al vento spieghi una maniera diversa di vivere una perdita e di ricucire, punto per punto, lo strappo. La discesa è la premessa, poi ognuno risale a modo suo. Yui, Takeshi, e tutti gli altri personaggi che frequentano la zona ventosa della Montagna della Balena, hanno subito una sottrazione importante, un lutto. Era vitale per me mostrare come si può tornare a vivere gioiosamente partendo da premesse completamente diverse.

Si può dire che il vero protagonista del romanzo sia la seducente cultura giapponese, sempre elegante sia nella solennità delle sue tradizioni che della sua modernità

Questa storia è impregnata della cultura che la accoglie. Ho intrecciato tradizioni giapponesi alle storie dei personaggi (come la consegna del raccordo del cordone ombelicale alle donne che hanno appena partorito, la cerimonia delle lanterne lasciate a scorrere sui corsi d’acqua in estate etc.) e insieme la modalità asciutta di esprimere il sentimento è propria di questo paese. Per raccontare qualcosa di tanto emotivo come la morte, il lutto, la rinascita, era necessario paradossalmente non esagerare con il sentimento. La moderazione giapponese era il terreno perfetto su cui far germogliare una storia così.

Come è avvenuto questo incontro che ti ha portato a trasferire in Giappone la tua vita?

Abito in Giappone da quasi 15 anni. Sono partita per migliorare la conoscenza della lingua giapponese. Non credevo sarei rimasta per tutta la vita. Ha contribuito l’amore per questa cultura, che è lenta nello schiudersi ma che, una volta che ti accoglie, è per sempre.

Quel che affidiamo al vento è il tuo quarto romanzo, ma la tua scrittura ha anche dato vita sin dal 2011 al seguitissimo blog ‘Giappone mon amour’. Cosa ama di quella terra, chi come te ama il Giappone?

Chi ama il Giappone ne apprezza la filosofia, il rispetto per ogni creatura, la spiritualità diffusa che abbraccia ogni cosa, materiale e non. L’idea per cui, prima del sé, viene il noi, è di per sé rivoluzionaria. L’occidente ha trovato nel Giappone una risposta all’individualismo sfrenato, un’ispirazione continua.

E per concludere una domanda scontata, ma fatta alla rovescia: cosa non ti manca per niente dell’Italia quando sei tra Tokyo e Kamakura, e cosa non ami del Giappone quando sei in Italia.

L’Italia non mi manca quando sono in Giappone. Il Giappone non mi manca quando sono in Italia. Il segreto – che è un mantra adottato quasi da subito – è non paragonare. Non cadere mai nel tranello di dire cosa sia meglio di qua e di là ma godersi il meglio di entrambi. Così in Italia adoro la leggerezza del contatto, l’informalità, il piacere di condividere ogni parte di sé. Il Giappone è la patria. L’Italia la matria.

Il tour di presentazioni di Quel che affidiamo al vento

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Di seguito gli appuntamenti in cui potrete incontrare l'autrice durante il suo Tour in Italia:

Lunedì 20 ore 19.30 – presentazione del libro con La Pina alla libreria Tempo Ritrovato di Milano
Martedì 21 ore 17.30 – firmacopie alla libreria Hoepli di Milano
Mercoledì 22 ore 18.00 – presentazione del libro con Antonietta Pastore e Dario Voltolini al Circolo dei lettori di Torino
Lunedì 27 ore 18.30 – presentazione del libro con Paolo Di Paolo alla Feltrinelli Colonna di Roma
Martedì 28 ore 18.00 – presentazione del libro con Paola Scrolavezza alla Biblioteca Salaborsa di Bologna
Giovedì 30 ore 18.00 – presentazione del libro con Gabriele Ametrano e Laura Buonocore alla libreria Todo Modo di Firenze
Venerdì 31 ore 18.00 – presentazione del libro con Valentina Berengo alla Libreria delle donne di Padova

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Andrea Melis (Cagliari, 1979), grafico, videomaker e scrittore, ha pubblicato articoli di cultura, interviste, inchieste e racconti per riviste e quotidiani nazionali e stranieri. Tra i membri fondatori del Collettivo Sabot, ha firmato romanzi insieme ad autori come Massimo Carlotto e Francesco Abate, tra cui Perdas de Fogu (E/O, 2008). La sua prima opera in poesia, #Bisogni, una selezione di versi autoprodotta in mille copie grazie a una campagna di crowdfunding, è andata esaurita in poco più di un mese. Il suo ultimo libro è edito da Feltrinelli, Piccole tracce di vita. Poesie urgenti (2018). Collabora come autore di testi con artisti, illustratori, fotografi, musicisti e compagnie teatrali di tutta Italia. Scrive editoriali poetici per FanPage.it
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