Qualche anno fa, su impulso di Goffredo Fofi e della rivista "Lo Straniero", sessanta scrittori italiani furono chiamati a riflettere sul modo in cui la storia con la S maiuscola interferiva nelle storie che essi scrivevano. Quel volume, edito da Contrasto, si intitolava "Il racconto onesto". Il nodo che affrontava era il legame che intercorre tra la letteratura e la realtà. L’interesse di Fofi era mosso dal presupposto che la migliore letteratura italiana recente si interroga sul “da dove veniamo” per capire “chi siamo”, attraverso vicende in cui privato e pubblico si intrecciano in modi diversi a seconda delle scelte di ciascun autore, ma pur sempre su eventi e contraddizioni che hanno finito per condizionare il nostro presente.
Oggi, a distanza di pochi anni, quell'orizzonte della letteratura italiana che riprende in mano la Storia e ne prova a far romanzo (o viceversa, riflette sulla Storia attraverso il romanzo), sembra essere un orizzonte comune a molti degli scrittori che non producono letteratura consolatoria e che in genere (per fortuna non sempre), imperversa nelle classifiche dei libri più venduti. Ne sono un buon esempio due romanzi pubblicati di recente, come l'esordio "Jimmy l'Americano" (pp. 249, euro 17,5, Elliot) di Roberto Todisco e "La casa dei bambini" (pp. 261, euro 15, Fandango) di Michele Cocchi.
Quest'ultimo, in particolare, svolge una trama, ambientata in un tempo e in uno spazio mai definiti (che come ha dichiarato l'autore durante un'intervista potrebbe essere quello a ridosso della Seconda Guerra Mondiale o durante la Guerra dei Balcani) in cui un gruppo di bambini Sandro, Nuto, Dino, Giuliano e Viola, abitano un orfanotrofio chiamato Casa, dove non è permesso ricordare il passato, un luogo asfittico e distante dal mondo fuori in cui è in corso una guerra, che se per un verso li tiene al sicuro d'altro canto gli impedisce di scoprire chi sono per davvero. Successivamente quegli stessi bambini diventeranno adolescenti si troveranno coinvolti nel pieno di una guerra civile, ognuno su un lato della barricata, mentre nella terza parte la guerra, ormai alle spalle, ci proietta in un "post" pacificato ma nemico, perché a vincere è stata la democrazia, che pure si rivela attraverso un inquietante e realistico sistema di controllo sociale esercitato sugli individui.
Proprio l'indefinita datazione (indefinito è anche il luogo di svolgimento del romanzo) rappresenta l'elemento più interessante de "La casa dei bambini". Facendo le debite proporzioni ed evitando troppo arditi accostamenti, il romanzo di Cocchi, grazie al baluginare di elementi fantastici dentro una trama "storica", è in questo senso vicino alla sensibilità del premio Pulitzer Colson Whitehead ne "La ferrovia sotterranea", riuscendo nella difficile operazione di collegare, senza scadere in didascalismi, il passato con le inquietudini del presente.
"Jimmy l'Americano" di Roberto Todisco, invece, ambienta con nettezza la sua vicenda negli anni Trenta del ventesimo secolo, in una città non troppo descritta, ma che può essere individuata nella Napoli fascista dell'epoca, a ridosso del conflitto bellico. La storia con la S maiuscola crea la cornice, fornisce il contesto e i vincoli ai personaggi, ne indirizza le possibilità e le scelte. È la storia di un’ossessione amorosa che sovverte ogni regola e arriva a sfidare le imposizioni della dittatura. La storia di Giacomo, un giovane medico con l’inclinazione a mettersi nei guai, che tutti in paese chiamano Jimmy L’Americano perché una volta da bambino è scappato di casa per andare negli Stati Uniti. La storia di Teresa, donna dall’aria malinconica e dalla bellezza inafferrabile, e di suo marito Italo, giornalista ebreo segnato dall’esperienza della guerra in Etiopia.
Qui la trama, sorretta dalla vis cinematografica di Todisco, rende l'architettura di "Jimmy l'Americano" interessante. Tutto il romanzo, che ha ottenuto una menzione speciale al Premio Calvino, è da considerarsi una lunga dichiarazione d'amore al cinematografo, sia per struttura che per la presenza del cinema all'interno della storia e, non ultimo, il riferimento alla visione dell'amore di coppia di Francois Truffaut desunto da quel "Jules e Jim" su cui Todisco ricama una storia amore triangolare dagli esiti non scontati.