Nei tempi andati in cui gli equilibri climatici erano imperscrutabili e poco chiare erano le dinamiche astronomiche, attecchirono alcune teorie tanto puntuali quanto fantasiose sul perché del periodo di caldo intenso che va dalla fine di luglio alla fine di agosto: vediamone uno scorcio con la canicola e il solleone.
Canicola
Già gli Egizi osservarono che quel momento dell'anno in cui la stella Sirio, la più brillante del firmamento notturno, sorge sull'orizzonte appena prima del sole è eccezionalmente caldo. I latini lo chiamrono giusto canìcula, propriamente ‘piccolo cane' (Sirio era il cane del mitico cacciatore Orione). Quella che è una coincidenza era evidentemente intesa come un nesso causale: la congiunzione della radiazione dell'astro solare e di quella di Sirio arroventava il mondo. Oggi parliamo di canicola fra il 24 luglio e il 26 agosto, anche se in effetti la canicula originale era un po' precedente: per il fenomeno della precessione degli equinozi questi periodi slittano inevitabilmente lungo l'anno.
Solleone
Il nesso parrebbe chiaro: un sole aggressivo ruggisce nel cielo, coronato da una criniera incandescente. Quindi, solleone. Certo è un'immagine che funziona, ma col solleone ha poco a che vedere: anche questo è un riferimento astronomico, e circoscrive il periodo in cui il sole si trova a passare per la costellazione zodiacale del Leone (anche qui, da fine luglio a fine agosto). Che, come ai più acuti non sarà sfuggito, è dannatamente caldo.
Un dotto collegamento con l'emersione in italiano di questa parola la troviamo a partire dalla Canzone dei dodici mesi di Guccini: Ben venga Maggio, ben venga la rosa che è dei poeti il fiore,/ mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgóre, brindo a Cenne e a Folgóre. E chi sono questi Cenne e Folgóre?
Siamo all'inizio del XIII secolo: Folgóre da San Gimignano, poeta, scrive i Sonetti dei dodici mesi. Dodici sonetti, del genere del plazer (enumerazioni poetiche di piacevolezze), in cui tratteggia e augura le amenità e i piaceri di ogni mese. Cenne da la Chitarra, pure poeta e assai burlone, gli risponde con un'altra dozzina di sonetti, una parodia speculare a quelli di Folgóre, in cui descrive e auspica per ogni mesi fastidi diversi e dei peggiori. Così, mentre Folgóre di luglio desidera […] trar buon tempo e buona vita,/ e non andar di fuor per questo caldo, Cenne augura di stare […] con panni grossi lunghi d’eremita:/ e sia sì forte e terribil caldo/ com’ha il solleone a la finita.
Sia canicola sia solleone sono parole vive e vivide: imperinate su un momento dell'anno diventano anche un momento della giornata, e in genere la più intensa calura: si cerca di sfuggire alla canicola camminando radenti ai muri e infilandosi, appena possibile, nel fresco buio di un edificio, mentre alla televisione i sapienti suggeriscono di non esporsi alla canicola; per quando giungerà il solleone noi saremo già nel delizioso inverno australe, il solleone ci lascia a boccheggiare anelando la tramontana di dicembre, o almeno un piovasco che ci inzuppi.