Il Consiglio di Coordinamento dell'opposizione bielorussa al regime di Lukashenko è ridotto a un solo membro, il suo nome è Svetlana Aleksievic. Il premio Nobel per la Letteratura nel 2015, che ieri ha denunciato segni di effrazione in casa sua, dove si sono precipitati diplomatici di tutto il mondo presenti in Bielorussia in segno di solidarietà per accendere una luce non solo su quanto sta accadendo nel paese sconvolto dalle proteste dopo le elezioni dell'agosto scorso, ma anche per mettere a punto un cordone di protezione nei confronti di questa scrittrice, 72 anni, rimasta forse senza volerlo al capo dell'opposizione interna al presidente Lukashenko.
L'autrice di libri amati dai lettori di tutto il mondo, giornalista d'inchiesta e romanziera, prestigiosa firma di capolavori come "Preghiera per Cernobyl" e "Ragazzi di Zinco" è rimasta da sola, dopo gli arresti di dell'avvocato Maxime Znak, uno dei due ultimi componenti del Consiglio di coordinamento dell'opposizione ancora in patria e in libertà, successivo a quello di Maria Kolesnikova, a fronteggiare la deriva autoritaria nel suo Paese. Dalla sua anche tantissime persone meno note, che agitano la protesta a Minsk. Nelle scorse settimane, Aleksievic si era scagliata apertamente contro il presidente bielorusso Alexander Lukashenko: “Ha tradito il nostro paese” aveva dichiarato in un’intervista a Repubblica. “Temo che la rivolta possa finire nel sangue, non lasciateci soli”.
La verità, nella partita a scacchi che vede coinvolta non solo l'emergenza democratica bielorussa, ma anche la lotta tra gli interessi di Vladimir Putin e i paesi Occidentali, tutto può accadere. Ed è per questo che la figura di questa scrittrice potentissima va preservata e sostenuta a livello internazionale. Più rumore ci sarà attorno a lei, più Svetlana Aleksievic sarà al sicuro. Che Lukashenko non tocchi il premio Nobel, la donna che col suo impegno politico è testimone, come nei suoi libri, di verità e giustizia.