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Premio Le Maschere del Teatro 2014: la sconfitta del buon senso

Alla cerimonia di consegna dei Premi “Le Maschere del Teatro” 2014 che si è svolta ieri sera nella splendida cornice del Teatro di San Carlo di Napoli trionfa, come da pronostico, lo spettacolo “Antonio e Cleopatra” del direttore e organizzatore del Premio Luca De Fusco.
A cura di Andrea Esposito
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Siamo stati tra i primi a commentare, certo molto aspramente tanta era la meraviglia (si legga pure l’incredulità), la designazione delle terne finaliste del Premio Le Maschere del Teatro, definite lo scorso 30 giugno al Teatro Eliseo di Roma. Ci sentiamo quindi in dovere di chiudere il cerchio, raccontandovi la cerimonia di premiazione che si è svolta ieri sera nella fastosa cornice del Teatro di San Carlo di Napoli. L’evento è stato trasmesso in diretta differita su Rai 1.

Corre, però, l’obbligo di una precisazione: un conto era mettere in discussione le scelte di una giuria ristretta che, secondo il nostro avviso (ma non solo nostro), era sbilanciata a favore degli stessi organizzatori del Premio (la Fondazione Campania dei Festival, e cioè, il Napoli Teatro Festival Italia e il suo direttore Luca De Fusco) anche al netto della presenza di un contingente critico ristretto ma autorevole. Altra cosa è commentare oggi i risultati di una votazione, segreta, espressa da una “più ampia giuria composta da oltre 500 artisti ed esperti di settore” come recita il comunicato ufficiale (anche se, a questo punto, ci sembra doveroso pubblicare la lista dei votanti). Inoltre, tale votazione, ci tengono a precisare gli organizzatori, è legittimata sul piano giuridico da uno spoglio che si svolge alla presenza di un notaio. Pertanto, e in parole più povere, i risultati di ieri vanno ormai presi per quello che sono, anche perché sarebbe davvero di cattivo gusto prendersela con i premiati.

Ciò detto, prima di scorrere la lista dei vincitori, facciamo qualche considerazione di carattere generale. Senza troppi giri di parole, “Le Maschere del Teatro” è uno spot politico che serve a dare visibilità a livello nazionale alla Fondazione e al Festival: è un male necessario perché fa il bene del territorio e delle istituzioni culturali che lo rappresentano. Questo è il principio ispiratore. E chi, soprattutto tra la stampa locale, ne parla male o avanza delle critiche, non si rende conto che si dà la zappa sui piedi. Con questa mentalità, ahinoi, andiamo avanti da anni, anzi, da decenni. Il ricatto, da quando c'è la crisi, è sempre lo stesso: se non fai così, allora chiude il Mercadante, chiude il Teatro Festival, chiude Pinco Pallo… Possiamo dirlo, seppure nei termini di una provocazione? Dopo anni di sprechi di fondi pubblici, di lobby e di parentopoli, che chiudessero pure! Del resto, quando c’è una cancrena, bisogna amputare. In certi casi per poter ricostruire, si deve avere il coraggio di abbattere e poi spargere sale. Provare ancora ad auspicare un “ri-nnovamento” all’interno di organismi e istituzioni malate dalla testa ai piedi si è dimostrato, nei fatti, un esercizio inutile e controproducente. Come era inutile criticare De Fusco e la nuova gestione del Festival in modo aprioristico e senza dargli la possibilità di misurarsi con la responsabilità di dirigere. Ma ora è tempo di bilanci. Giunti a questo punto bisogna ri-fondare, non più ri-nnovare. La logica di “salvare” per non “chiudere”, poteva avere senso, ma alla fine a cosa ci ha portato? Ad avere un Festival che costa milioni di euro e non risponde più a nessuna delle indicazioni, delle linee programmatiche come vuole il gergo, per cui era stato fondato (prendiamo lo statuto e confrontiamo, oggi il Festival è uno Stabile all'italiana un pò di lusso); a conservare un Mercadante la cui programmazione è la replica del Festival con l’aggiunta di spettacoli, anche vecchi (andate sul sito e vedrete), a creare un potentato la cui deriva è purtroppo, e ribadiamo purtroppo, dimostrata da questa edizione delle "Maschere del Teatro" (come scrivevamo un paio di mesi fa, assurge a paradigma di un'intera gestione). Ma tutto ciò, cui prodest? A chi giova? Al cittadino? All’utente culturale? Occhio che siamo la regione che ha speso più soldi di tutte le altre per il teatro! Non è che per "salvare" tutto abbiamo fatto felice qualcuno e perso però da ogni parte?

Ma ora entriamo nel vivo dei Premi: il miglior spettacolo di prosa dell’anno è, secondo i votanti, “Le sorelle Macaluso” di Emma Dante che vince su “Frost/Nixon” del duo Bruni-De Capitani e “Circo equestre Sgueglia” dell’argentino Alfredo Arìas. Per la Dante si tratta di un riconoscimento dal valore certamente simbolico dato che fa il paio con quello ottenuto al debutto, proprio qui a Napoli lo scorso gennaio, in cui il pubblico a fine spettacolo, e dopo molti minuti di applausi, invocava a gran voce il suo nome (“Emmaaaa! Emmaaaa!!!”). Quindi complimenti alla Dante. Piccola nota critica: dopo quel debutto, ci prendemmo la briga di andare a rivedere, in dvd, “Vita mia” (2004) spettacolo che “Le sorelle Macaluso” ci sembrava in qualche modo rievocare… Non per fare i puntigliosi, ma anzi con sincera stima: “Le sorelle Macaluso” è uno spettacolo di altissima fattura, sicuramente, ma quella Dante lì (diciamo dalla “Trilogia della Famiglia” di cui “Vita mia” fa parte, fino a “Cani di bancata”) era un autentico prodigio, un distillato di poesia di cui sentiamo la mancanza.

Passiamo ora al miglior regista dell’anno che, secondo i votanti, è Luca De Fusco, il quale si aggiudica il Premio con lo spettacolo “Antonio e Cleopatra”, staccando Maurizio Scaparro e il suo “Viviani Varietà” e Giancarlo Sepe con “Amletò”. Come promesso, nulla da dire contro i premiati, anzi, in tutta sincerità, tra i tre, De Fusco probabilmente merita questo Premio. Il punto è, come già abbiamo avuto modo di commentare, l’opportunità di farsi un premio, pagato con fondi pubblici, di farsi una giuria "amica", di firmare un programma televisivo che li trasmette, e poi casualmente trovarsi nella terna finalista. Comunque dopo le terne, la frittata era fatta, ora non possiamo far altro che complimentarci anche con lui.

Miglior attore protagonista è, sempre secondo i votanti, Pierfrancesco Favino che vince su Luca Lazzareschi e Massimiliano Gallo con lo spettacolo “Servo per due”. Che dire? Favino è, senza dubbio, l’attore più in forma della sua generazione, uno che passa con disinvoltura dal teatro al cinema alla televisione con risultati spesso encomiabili, senza dimenticare poi il suo lavoro come doppiatore (su tutti, è stato la voce di Daniel Day-Lewis in “Nine” e in “Lincoln” e pare sia anche un grande imitatore di voci celebri). È, inoltre, uno dei pochissimi attori italiani ad essersi misurato con produzioni internazionali come “Miracolo a Sant’Anna” di Spike Lee, “Angeli e Demoni” e “Rush” di Ron Howard e “World War Z” di Marc Foster, in cui recita al fianco di Brad Pitt. E ancora, ormai consapevole del suo ruolo, l’attore si è recentemente cimentato anche nel ruolo di produttore per il film, opera prima, di Michele Alhaique “Senza nessuna pietà” (leggi l'intervista a Favino), presentato appena pochi giorni fa alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti. Film in cui peraltro presta la faccia e soprattutto il corpo (è ingrassato più di venti chili per interpretare il burbero personaggio di Mimmo). Insomma, almeno per noi, Favino caput mundi.

Come miglior attrice protagonista, invece, vince Elisabetta Pozzi in lizza per il premio insieme a Gaia Aprea e Margherita Di Rauso. La Pozzi era candidata per lo spettacolo “Agamennone” altra produzione firmata Luca De Fusco, ma non caschiamo nel tranello, come sopra ci sentiamo di ribadire il concetto: sono le terne a essere sbilanciate e inopportune, non i premi e soprattutto i premiati. Sarebbe davvero grottesco (repetita iuvant) mettere in discussione il magistero attoriale di una delle più straordinarie interpreti del teatro italiano. Complimenti alla Pozzi.

Stesso discorso vale per miglior costumista e miglior scenografo che vanno rispettivamente a Zaira De Vincentiis e Maurizio Balò entrambi premiati per “Antonio e Cleopatra”. Con l’aggiunta di questi due premi, dobbiamo prendere atto del fatto che “Antonio e Cleopatra”, secondo una prima giuria, di cui si è detto, e poi una seconda, più ampia ed eterogenea, è lo spettacolo dell’anno. Anzi, un vero e proprio capolavoro (porta a casa regia, scene e costumi e i due protagonisti e l’attrice non protagonista in finale). Stando ai premi questo è l’inoppugnabile verdetto.

Restano fuori dal nostro excursus le categorie miglior attore non protagonista, vinto dal sempre-bravo Tonino Taiuti per “Circo equestre Sgueglia”; miglior attrice non protagonista, vinto da Ariella Reggio per “Boeing Boeing” (che non abbiamo visto e di cui non sappiamo dirvi); miglior interprete di monologo che va ad Alessandro Preziosi per “Cyrano sulla luna” (idem); miglior autore di musiche a Simone Cristicchi e, last but not least, due premi tutt’altro che secondari: miglior novità italiana, che va a Gianni Clementi per “Lo sfascio” e miglior attore/attrice emergente vinto da Lino Musella con “La società”.

In conclusione auspichiamo, sinceramente, tempi migliori per il teatro e per le istituzioni nostrane. Nel frattempo, dato che siamo in clima di celebrazioni eduardiane, non ci resta che affidarci al celeberrimo motto di "Napoli Milionaria": Adda passà ‘a nuttata!

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