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Pollock, Rothko e gli altri Irascibili. La grande mostra dell’Espressionismo Astratto

Il Palazzo Reale di Milano espone i capolavori della Scuola di New York: opere e autori fondamentali che hanno cambiato la storia della pittura e dell’arte tutta.
A cura di Gabriella Valente
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Una mostra attesissima quella che ha aperto al pubblico le porte del Palazzo Reale di Milano il 24 settembre: in pochissimi giorni migliaia di visitatori trepidanti hanno affollato le sale della sede espositiva meneghina che fino al 16 febbraio ospita Pollock e gli Irascibili.

H.Hofmann, Orchestral Dominance in Yellow, 1954 © Hans Hofmann by SIAE 2013 © Whitney Museum
H.Hofmann, Orchestral Dominance in Yellow, 1954 © Hans Hofmann by SIAE 2013 © Whitney Museum

Jackson Pollock protagonista, sia per il numero di dipinti esposti sia per la sua personalità carismatica rispetto al gruppo, ma insieme a lui grandissimi nomi: Mark Rothko, Willem de Kooning, Barnett Newman, Franz Kline, Sam Francis, Hans Hofmann e altri irascibili. Con questa designazione, nel 1950, furono appellati dall’Herald Tribune i firmatari della lettera inviata al presidente del Metropolitan Museum di New York il quale, organizzando un’importante mostra dedicata all’arte contemporanea americana, escluse dagli invitati gli autori che avevano sviluppato il nuovo linguaggio pittorico dell’Espressionismo Astratto.

F.Kline, Mahoning, 1956 © Franz Kline by SIAE 2013 © Photography by Sheldan C. Collins
F.Kline, Mahoning, 1956 © Franz Kline by SIAE 2013 © Photography by Sheldan C. Collins

La mostra di Milano ospita circa 50 capolavori (molti dei quali visionabili nella gallery in fondo alla pagina), realizzati tra gli anni ’30 e gli anni ’60, provenienti dal Whitney Museum, il quale, a differenza del Met, sin dagli esordi della Scuola di New York ha scommesso sulla nuova pittura acquisendo le opere degli Irascibili. Il Palazzo Reale offre in questi mesi un panorama completo di uno stile artistico che fu rottura col passato, modernità, sperimentazione; uno stile che rivoluzionò la pittura americana e quella del resto del mondo, interpretando la tela come uno spazio per la libertà di pensiero e di azione dell’individuo. Con l’Espressionismo Astratto si realizza una tappa fondamentale della storia dell’arte: si entra nella vera modernità e si assiste al passaggio di testimone dell’innovazione artistica dall’Europa all’America, dove, a differenza di quanto accadeva nel Vecchio Continente, non c’era un’invadente tradizione artistica da scavalcare a fatica.

B.Newman, The Promise, 1949 © Barnett Newman by SIAE 2013 © Whitney Museum
B.Newman, The Promise, 1949 © Barnett Newman by SIAE 2013 © Whitney Museum

I rettangoli di colore fluttuanti di Rothko, le sgocciolature di Pollock, le superfici monocrome di Newman, le pennellate turbolente di de Kooning, i segni violenti di Kline, tutto questo, e di più, è in mostra oggi a Milano; tutto questo è nato a New York 70 anni fa, tra clamori, critiche e successi, e ha avuto un’influenza di portata enorme: gran parte della pittura di oggi non esisterebbe senza l’Espressionismo Astratto. Sarebbe errato, d’altro canto, sostenere che questo stile non ha, a sua volta, subìto delle influenze: le tradizioni cui esso si rifà sono principalmente due, l’arte astratta e il surrealismo.

M.Rothko, Untitled, 1954 © Whitney Museum © K. Rothko Prizel & C. Rothko by SIAE 2013
M.Rothko, Untitled, 1954 © Whitney Museum © K. Rothko Prizel & C. Rothko by SIAE 2013

Pur nella gamma differenziata di approcci e risultati – si va dalla gestualità impetuosa del dripping o della pennellata ritmica alla accurata stesura cromatica per ampie campiture – l’Espressionismo Astratto (definito, a seconda dei casi, action painting o color field) venne subito presentato e percepito come un fenomeno coeso. Ciò che colpiva e allarmava era anche ciò che affascinava, e che affascina tuttora, cioè l’aspetto casuale dell’esecuzione, la spontaneità, l’apparente assenza di controllo e, ancora, l’uso espressivo delle linee, del colore, del gesto e l’abbandono dei tradizionali metodi compositivi dell’immagine a favore di una pittura all-over, che cioè ricopre tutta la superficie del quadro, non crea gerarchie tra una zona e l’altra della tela, ma la riempie con tessiture e moduli più o meno ripetitivi. L’Espressionismo Astratto divenne sinonimo di libertà e, anche per questo, arte americana per eccellenza.

J.Pollock, Number 17, 1950 / "Fireworks", (1950) © Jackson Pollock by SIAE 2013 © Whitney Museum
J.Pollock, Number 17, 1950 / "Fireworks", (1950) © Jackson Pollock by SIAE 2013 © Whitney Museum

Come scrive Carter E. Foster, curatore della mostra milanese insieme a Luca Beatrice, “Jackson Pollock ha cambiato il linguaggio della pittura. Altrettanto rivoluzionario nella metà degli anni Quaranta quanto lo furono Michelangelo e Raffaello nel Rinascimento”. Pollock, artista romantico, ribelle e maledetto, ha abbandonato definitivamente la pittura da cavalletto aprendo la strada a infinite altre sperimentazioni. A proposito della tecnica del dripping, spiegava: “Con la tela stesa sul pavimento mi sento più vicino al quadro, più parte del quadro. In questo modo posso camminarvi intorno, aggredirlo da tutti e quattro i lati ed essere dentro il quadro”. Tra i suoi dipinti più famosi l’opera Number 27 è esposta ora a Milano con i suoi tre metri di lunghezza e il suo labirinto delicato e caotico di sgocciolature. Oltre ogni accusa di vuotezza, di casualità, di irrazionalità, emblematica l’affermazione di Pollock sulle ragioni dell’action panting: “Voglio esprimere i miei sentimenti più che illustrarli”.

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