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Poetessa trans insultata su Facebook da antiabortisti e sostenitori della famiglia naturale

Giovanna Cristina Vivinetto, giovane siciliana di 24 anni, ha raccontato la sua transessualità attraverso i versi della raccolta “Dolore Minimo”. Eppure la onlus antiabortista ProVita la denigra su Facebook: “Ci mancava solo che finisse in versi poetici la transessualità” è scritto sul profilo social dell’associazione. È polemica.
A cura di Redazione Cultura
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Lei si chiama Giovanna Cristina Vivinetto, è una giovane siciliana di 24 anni che frequenta l'università e ha una passione, la poesia. Il suo romanzo in versi, pubblicato da Interlinea, si intitola "Dolore minimo" è così denso di talento che ha convinto la grande scrittrice Dacia Maraini a scriverle la prefazione:

È un romanzo in versi che racconta la sofferenza di chi non si riconosce nel corpo in cui vive, la fatica di sentirsi divisi e la necessità di diventare madre di se stessi, mettendo al mondo da sola una nuova persona. E il suo continuo essere e non essere quel corpo, vedersi diventare a poco a poco un'altra persona, la gioia, la sorpresa e anche il senso di vuoto di quella nuova nascita, Giovanna Cristina Vivinetto ce lo racconta col ritmo serrato e affascinante della sua dolente lingua poetica.

Purtroppo, però, non tutti sono della stessa opinione. E così finisce ha la poesia (così come la transessualità) della Vivinetto finisca denigrata sui social dalla onlus ProVita, la stessa che sta tappezzando le nostre città di manifesti contro l'aborto e di iniziative a sostegno della famiglia cosiddetta naturale. Non importa che l'autrice abbia uno sguardo profondo, la sua opera non merita attenzione perché, secondo ProVita, la transessualità non può essere poesia. Questo è il post di Facebook:

Ci mancava solo che finisse in versi poetici, la transessualità. «Giovanna Vivinetto, studentessa e poetessa di 24 anni, è nata Giovanni», scrive Il Fatto Quotidiano che pubblica la presentazione del suo diario poetico, a cura di Dacia Maraini. «La fatica di essere madre di sé stessa, il difficile compito di partorire un altro da sé che sarà sempre quell’io […] vedersi diventare a poco a poco un’altra persona, la gioia, la sorpresa e anche il senso di vuoto di quella nuova nascita». Vuoto, appunto!

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