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Pisa: la dantesca Torre della Fame, quella del conte Ugolino, diventa un museo

La famosa Torre della Fame dantesca diventa un museo, e apre gratuitamente al pubblico. Grazie al contributo della Scuola Normale di Pisa, il personaggio di Ugolino della Gherardesca, a metà fra storia e leggenda, torna a rivivere.
A cura di Federica D'Alfonso
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"Breve pertugio dentro da la Muda la qual per me ha’l titol de la fame, e che conviene ancor ch’altrui si chiuda…": la Torre della Muda di Pisa è stata sì riaperta, ma non per altri condannati a morte. La famosissima prigione del Conte Ugolino della Gherardesca, scenario di uno dei più suggestivi e struggenti passi dell'Inferno di Dante, è infatti divenuto uno spazio museale. In occasione delle celebrazioni dantesche che si sono tenute in città su iniziativa di Marco Santagata, la "Torre della Fame" si è trasformata in un percorso espositivo a metà strada fra mito letterario e storia, che porta dritto alle radici più profonde della nostra cultura.

Sarà possibile visitare i resti dell'antico edificio, nelle cui segrete si consumò il dramma di Ugolino e dei suoi figli: il nuovo museo è infatti collocato all'interno dello storico Palazzo dell'Orologio, sede della biblioteca della Scuola Normale di Pisa. Lo spazio museale "Torre del conte Ugolino", spiega proprio una nota della Normale, "consentirà al visitatore di essere introdotto attraverso un percorso storico, letterario e artistico, alla visita dei resti della celebre Torre: seguendo un'immaginaria linea del tempo, una serie di pannelli illustrativi e un video descrivono l'Ugolino storico e l'Ugolino dantesco e ne tratteggiano la fortuna nella tradizione letteraria e artistica". Lo spazio inoltre ospita un'esposizione di pregevoli edizioni antiche e illustrate della Divina Commedia e di altre opere nate intorno alla leggenda di Ugolino.

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Il progetto di riapertura della Torre, e di valorizzazione di quanto di storico vi è conservato, è stato possibile grazie al contributo della Fondazione Pisa e dell'associazione Amici della Scuola Normale Superiore. Il direttore della Scuola Normale Superiore, Fabio Beltram, ha dichiarato: “il lavoro di restauro ed il percorso di visita non fanno altro che incentivare a nuove ricerche archeologiche e storiche. Chissà infatti cosa si nasconde nel sottosuolo di questa Torre”.

La Torre era conosciuta originariamente come Torre della Muda dal fatto che, durante il periodo della "muta" delle penne, le aquile allevate dal comune di Pisa vi venivano rinchiuse. Il luogo ha poi "cambiato" il suo nome nell'immaginario popolare grazie a Dante Alighieri e al racconto delle vicende del conte Ugolino della Gherardesca

Il conte Ugolino, fra storia e leggenda

la storia del conte Ugolino, immaginata da William Blake
la storia del conte Ugolino, immaginata da William Blake

Fu Dante ad aprire le misteriose porte della Torre della Muda all'immaginario collettivo: raccontando la storia di Ugolino della Gherardesca e dei suoi figli, morti d'inedia proprio in questo luogo. Il personaggio del conte ha attraversato i secoli, rivestendo ogni volta un fascino unico e particolare per qualsiasi artista si sia avvicinato alla sua figura. Si pensi alla bellissima statua di Auguste Rodin, o ai disegni di Gustav Dore, o ancora alla suggestiva rappresentazione ad opera di William Blake. Il mito, alla fine, si è confuso con la realtà. Ma chi era davvero Ugolino?

Il Conte Ugolino, Auguste Rodin, Museo d'Orsay
Il Conte Ugolino, Auguste Rodin, Museo d'Orsay

Dante lo colloca tra i traditori della patria nell'Antenòra, la seconda zona del IX Cerchio dell'Inferno: Ugolino fu nobile, e parteggiò dapprima per i guelfi, poi per i ghibellini, nelle lotte fra Impero e Papato che funestavano quegli anni. Accusato di tradimento già una volta, la sua fine giunse a causa della pericolosa alleanza con Ruggieri: l'uomo che egli tiene fra le braccia nella ghiaccia del Cocito e al quale divora instancabilmente il cranio. Dopo una pesante sconfitta militare, Ugolino venne ritenuto responsabile, rinchiuso nella torre e condannato a morire di fame insieme ai figli Gaddo e Uguccione, e ai nipoti Anselmuccio e Nino, proprio da Ruggieri.

…come tu mi vedi, vid’io cascar li tre ad uno ad uno tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno.

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