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Peter Brook a Napoli: l’unico interesse nella vita è il presente

Peter Brook si confronta con il pubblico in un incontro dal titolo “come e perchè facciamo teatro”
A cura di Simone Petrella
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Peter Brook torna a Napoli, in occasione del Napoli. Teatro Festival Italia per il quale già l’anno scorso portò in scena The suite. Quest’anno il celebre regista londinese si confronta con Lo spopolatore di Beckett, dal 6 al 9 giugno al Teatro Sannazaro.

In occasione della sua permanenza in città, Peter Brook ha incontrato studenti e appassionati di teatro presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, in un incontro dal titolo “come e perché facciamo teatro”.

L’intervento del regista, aperto dalla domanda “qual è la differenza tra vita e teatro” ha in poco più di mezz’ora esemplificato la sua attuale concezione del teatro. Rispondendo alle domande del pubblico – ha più volte affermato “dovete dirmi cosa è essenziale per voi, non per me”- il regista ha tracciato le linee di un proprio sistema artistico di forma piramidale: in ogni opera bisogna partire dalla base, formata da una moltitudine di rumori e voci della vita quotidiana, per salire fino a raggiungere il vertice, il silenzio di un attimo, quando tutti condividono per un momento la stessa percezione, ritrovandosi l'attimo seguente già nuovamente lontani.

L'unico interesse è il presente. L'unico interesse. Riconosco che esista un passato, ma la sua unica utilità è poter dire a un attore: tu hai un passato.

Per chi si è presentato all’incontro alla ricerca di risposte esistenziali, come se avesse davanti un profeta, Peter Brook ha trovato un’ironica soluzione, affermare “le domande sono una forza, ma quando si ottiene una risposta, tutto scompare” ed andare avanti col sorriso. Il regista ha anche evitato di parlare di sè, del suo percorso, preferendo concentrarsi sul presente, sulla platea come se fosse la platea di un teatro, attenta ai suoi gesti come a quelli di un attore.

Non è sano che i registi e i direttori di teatro italiani abbiano tanto a cuore essere apostrofati come "maestri". Non è sano per il teatro, nè per le persone.

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L’artista inglese ha difeso l’essenzialità del suo teatro, secondo la convinzione che la semplicità porti più facilmente alla meta che si vuole raggiungere; ma allo stesso tempo ha invitato tutti i giovani a non fare altrettanto, a fare molto, anche troppo, ad assecondare il proprio istinto con entusiasmo, augurandosi che però un giorno possano fermarsi e dire: “forse è meglio fare in un altro modo!”

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