Guerra Ucraina, perché Zelensky ha detto che l’assedio di Mariupol finirà come quello di Leningrado
Il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy ha paragonato l'assedio russo a Mariupol a quello dei tedeschi nazisti a Leningrado (oggi San Pietroburgo) durante la Seconda Guerra Mondiale. La scelta del Presidente non è casuale se si pensa a quanto quel momento (lungo) della Storia russa sia simbolico della difesa strenua contro l'invasore da parte della popolazione civile. Una scelta che in qualche modo ribalta anche quella che è la narrazione putiniana – che da tempo, ormai, parla dell'Ucraina come di un Paese che si è venduto ai valori occidentali -, scegliendo proprio una delle battaglie simbolo della Seconda Guerra Mondiale e della sconfitta nazista in Russia, col fallimento dell'Operazione Barbarossa.
Un parallelismo che è arrivato mentre prosegue l'invasione russa nel suo Paese e continuano i bombardamenti su Kyiv da parte dell'esercito di Putin: "Cittadini della Russia, in che modo il vostro blocco di Mariupol è diverso dal blocco di Leningrado durante la seconda guerra mondiale?" ha chiesto Zelenskiy riferendosi all'assedio che fu uno dei fallimenti dell'Operazione Barbarossa, ovvero l'operazione che prevedeva l'invasione da parte dei nazisti di Hitler dell'Unione Sovietica: "Non dimenticheremo nessuno di coloro le cui vite sono state prese dagli occupanti" ha detto sempre il Presidente dell'Ucraina.
Cos'è l'assedio di Leningrado e quanto è durato
L'Operazione Barbarossa, ovvero il piano segreto di Hitler per invadere l'Unione Sovietica prevedeva l'attacco nazista su tre fronti, uno di questi era quello di Leningrado, la cui capitolazione i tedeschi avevano calcolato in poche settimane. L'assedio, però, durò 2 anni e 5 mesi, dall'8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944 provocando un numero enorme (e impreciso) di vittime con stime che vanno dalle 600 mila al milione. La Germania nazista decide di prendersi Leningrado, città strategica per la sua posizione, nell'agosto del 1941 quando con la neoformata armata dell'Heeresgruppe Nord, al comando del generale Ritter von Leeb, avanzò verso l'odierna San Pietroburgo, riuscendo inizialmente a conquistare terreno in poco tempo, ma pian piano trovando sempre più difficoltà, dovute anche a scelte sbagliate prese dal Comando centrale che più volte li obbligò a pause troppo lunghe, in attesa di rinforzi.
Questo diede il tempo alla città di organizzarsi e creare quella che fu definita "Milizia rossa" che previde l'uso di centinaia di migliaia di civili, compresi bambini che in parte furono usati come soldati e in parte come forza lavoro per costruire trincee e difendere la città. Quella che avrebbe dovuto essere una conquista rapida da parte dei tedeschi, però, divenne uno degli assedi più lunghi della Storia. I danni furono enormi, anche perché per tutto il primo anno non si riuscì a creare un corridoio per permettere l'uscita dalla città da parte dei civili: "La città continuava a vivere e sbarrava la strada al nemico che avrebbe voluto annientarla" come scrisse Ginzburg Lidija nel suo libro "Leningrado. Memorie di un assedio". La Germania perse la battaglia – e come sappiamo, perderà la guerra, a causa delle sconfitte sul fronte Orientale, appunto – con oltre mezzo milione tra morti, feriti e dispersi.
I crimini di guerra a Leningrado come a Mariupol
Quello che successo nella città e intorno a Leningrado è qualcosa di inenarrabile, le tante testimonianze di chi lo visse sulla propria pelle parla di atti atroci subiti dalla popolazione, e tanta fu la fame patita da civili e soldati comandati dal maresciallo Žukov. La situazione disastrosa sul fronte alimentare andò di pari passo con quella sanitaria, con chi parla anche di forme di cannibalismo, come scrive il regista Giuseppe Tornatore (cofirmandolo con lo sceneggiatore Massimo De Rita) nel libro sulla sceneggiatura del film mai realizzato sull'assedio ("Leningrado", edito da Sellerio). Il regista cita lo storico Harrison E. Salisbury, autore del libro "I 900 giorni. L'epopea dell'assedio di Leningrado" (Il Saggiatore), ma fa anche riferimento alle testimonianze raccolte in prima persona: "Io ne raccolsi diverse. Ad esempio quella di una giovane donna alla quale, nel corso del secondo inverno di assedio, muore un figlio. Anziché condurre il corpicino al cimitero in cerca di sepoltura, lo pone nell’intercapedine tra le due vetrate di cui dispongono tutte le finestre di Leningrado. In tal modo il gelo protegge il cadavere del piccolo e lei, per sopravvivere, ne mangia un frammento al giorno".
Per adesso non è ancora chiaro quanti e quali sono precisamente i crimini perpetrati nella città di Mariupol, dove i russi e gli ucraini combattono quotidianamente tra le strade e dove, pochi giorni fa, c'è stato il bombardamento del Teatro d’arte drammatica in cui avevano trovato rifugio mille persone che inizialmente erano state date per morte e successivamente si è scoperto che erano salve grazie a un bunker posto sotto alla struttura.
Lo storico Ian Kershaw, in riferimento al fallimento dell'intera operazione Barbarossa, nel suo "All'inferno e ritorno" (Laterza), scrive che "nel giro di due mesi fu chiaro che gli straordinariamente ambiziosi obiettivi dell’Operazione Barbarossa non erano raggiungibili prima dell’inverno, per il quale ben poco era stato predisposto. Il nemico era stato grossolanamente sottovalutato, e la logistica della conquista del gigantesco paese costituiva una sfida troppo grande. Furono acquisite le ricche terre agricole dell’Ucraina, ma risultò impossibile spingersi fino ai campi petroliferi del Caucaso, come pure distruggere Leningrado a nord”. E continuò: "Nel 1941, sulla scia dell’invasione tedesca, qualcosa come 25 milioni di persone rimasero senza casa. Se si eccettuano le patate, i generi alimentari furono sottoposti a un pesantissimo razionamento, e quasi tutti i civili si trovarono a fare i conti con gravissime scarsità. A Leningrado circa un milione di persone morirono di fame".