Perché più nessuno legge i libri sul virus e sul lockdown (ce lo dicono le classifiche)
Il grande silenzio calò sul lockdown, almeno in termini editoriali. A leggere le classifiche di libri degli ultimi mesi e settimane, dall'Italia al resto del mondo, l'idea di puntare sui libri sul tema lockdown e pandemia non pare aver sortito grandi effetti. Passata l'attenzione per quei libri che hanno saputo intercettare il sentimento del momento (come "Nel contagio" di Paolo Giordano) o dei precedentemente editi (come "Spillover" di David Quammen) o addirittura dei classici (da "La peste" di Camus ai saggi di approfondimento storico sull'influenza Spagnola) le classifiche dei libri più venduti in giro per il mondo paiono premiare tutt'altro genere di storie.
Da questo punto di vista, la classifica dei libri più venduti in Italia questa settimana, dalla narrativa alla saggistica, è emblematica. Nella classifica generale primeggia, infatti, il saggio di Gianrico Carofiglio, "Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose" (Feltrinelli), appena sopra "Helgoland" di Carlo Rovelli (Adelphi) e del bestseller "Cambiare l'acqua ai fiori" di Valèrie Perrin (E/O). Anche le restanti posizioni premiano poco o per nulla il tema del lockdown e della pandemia in quanto tale, così come le classifiche verticali di genere, compresa quella inerente saggistica. Le ragioni di questo disinteresse verso i libri relativi alla "peste" potrebbero essere almeno due.
La prima è la naturale voglia di evasione dei lettori italiani, in una sorta di rimozione collettiva del Coronavirus dalle nostre giornate, come in effetti abbiamo sperimentato durante l'estate nei comportamenti personali di ciascuno. Evasione dal tema e dalle notizie da cui siamo bombardati quotidianamente (la famosa "infodemia" di cui parlò mesi fa l'OMS) che non per forza si traduce in voglia di letture meno impegnate o significative. Ne è testimonianza l'interesse verso libri che trattano tematiche importanti e imponenti. Ne sono valida testimonianza i successi di libri scientifici e saggistici, come quello di Rovelli, ma anche l'exploit de "La matematica è politica" di Chiara Valerio (Einaudi). Come se dopo il lockdown i lettori avessero voglia di continuare ad apprendere contenuti "scientifici", senza però prendere di petto la questione del virus, attraverso una direzione laterale, meno didascalica. Cosa che potrebbe accadere in futuro anche con opere rilevanti di fiction e narrativa pura.
Secondo aspetto, forse prevedibile, il lettore "che fa le classifiche" è un lettore comunque di media o alta cultura. Il che potrebbe significare: dopo la sbornia iniziale relativa alle informazioni sul virus, adesso il lettore ha voglia di approfondire i grandi temi che il lockdown e il virus pongono nella nostra epoca sotto altre forme, facendo giri più larghi e più profondi, che sono poi i giri larghi e profondi della letteratura in quanto tale. Pensare che romanzi, racconti e anche riflessioni dovessero riflettere le storie del lockdown e della nuova peste immaginate o vissute dai nostri scrittori era e resta una forzatura. Oltre che un fiasco a livello commerciale. I grandi libri su ciò che stiamo vivendo arriveranno, ma un grande libro non arriva in due, tre e nemmeno sei mesi.