Perché non riusciamo a toglierci dalla testa Sesso e samba di Tony Effe e Gaia
Quando parliamo di composizione delle canzoni pop, spesso in queste pagine citiamo la serie di accordi in successione che chiamiamo “progressione”. Il termine vuole suggerire un movimento: implicito, perché avvertito sullo sfondo della canzone, mentre siamo concentrati sulla melodia. Se la canzone è ben congegnata, questo moto di accordi ci dice qualcosa: è una storia dentro la storia, o il codice nascosto che ci rivela un significato più profondo accompagnandoci su un saliscendi emotivo e tematico. Ma non va sempre così. Anzi, alcune delle canzoni più amate e celebrate di sempre funzionano con un numero limitatissimo di accordi, talvolta solo uno. E questo basta e avanza, se l’obiettivo non è condurre per mano l’ascoltatore ma accoglierlo in uno stato d’animo o investirlo con un’immagine. E questo è il caso di una delle tracce di maggiore successo della primavera e – si presume – della prossima estate. Due accordi per conquistare l’Italia: Sesso e samba di Tony Effe e Gaia.
Cominciamo dicendo che non c’è nulla di banale o scontato nello sviluppare una canzone intorno a due accordi, e infatti ne troviamo facilmente esempi nei cataloghi di artisti che reputiamo magistrali e fondamentali – Paperback Writer dei Beatles, per dirne una. Una canzone strutturata in questa maniera non ti porta a spasso dentro una storia, ma ti cala dentro un’idea o un’emozione: se il rapporto di forza fra i due accordi è sufficientemente calorico, come ad esempio quello fra (nerd alert!) un accordo di Dominante e di Tonica, allora può invitarti a spingere come un allenatore in palestra – è il caso di Blurred Lines; altrimenti, il brano può coccolarti dentro un mood o provare a fissare nella tua memoria un’immagine precisa o un messaggio – è il caso di un inno come Give Peace a Chance o della tutt’altro che semplice Com’è profondo il mare. Sesso e samba fa parte di quest’ultima categoria: non c’è realmente nulla di dinamico nell’equilibrio interno della composizione (firmata da Zef, produttore del brano, con l’immancabile Davide Petrella) ma c’è la sensazione di venire cullati tra due accordi che – per parafrasare gli altri due coautori, Tony e Gaia – “non sono troppo diversi”.
Gli accordi di Sesso e samba – un Do minore e un Sol minore, al netto delle estensioni – in effetti risultano più simili di quanto non si possa credere. Specie se si presta fede alle estensioni usate (7 e 9, sempre per i secchioni in prima fila) lo spazio tra questi due accordi è minimo. Esistono canzoni che, pur dondolando in maniera simile (tra Tonica e Sottodominante, ultimo appunto per i sapientoni), usano quel poco carburante armonico a disposizione per far macinare un arco narrativo-tematico-emotivo anche piuttosto denso – potresti aver già sentito Born In The USA di un certo Bruce Springsteen. Ed esistono anche brani che traducendo in minore questo strettissimo loop, proprio come qui, utilizzano a loro beneficio le forme degli accordi sulla chitarra e un tempo svelto per instillare nell’ascoltatore una certa urgenza – Sing di Ed Sheeran, per esempio. Ma non è il caso di Sesso e samba: la trama è asciutta, una serie di flash che descrivono un’attrazione fatale e alcuni primi piani espliciti che riassumono i momenti più roventi della relazione; e l’andamento del brano è piuttosto placido, nonostante contenga un riferimento a una delle danze più frenetiche al mondo. A volte, però, l’ascoltatore vuole esattamente questo: non una storia completa da seguire, ma un concetto riassumibile in tre parole e una punchline; non un beat da danzare come un derviscio, ma un ballabile morbido e moderato, il proverbiale mid-tempo.
Tony Effe e Gaia, insomma, non hanno intenzione di strattonare il pubblico, di esercitare su di esso una coercizione emotivo-sonora e di spingerlo fino all’esaurimento delle sue energie. La loro Sesso e samba è un tripudio della canzone “mood” o “vibe”, che dal primo istante ti proietta in un mondo altro, ma senza sprecare inutilmente tempo e risorse per ricrearlo in modo accurato al 100%: è un sentore più che un sapore. E il sentore di samba si avverte subito, con il piano che impatta con un doppio colpo nel primo quarto della battuta, svolgendo così la sua funzione ritmica che passa facilmente inosservata; e una percussione (uno hi-hat, o charleston, o meglio un suo sample elettronico) che segna tre sedicesimi sincopati (tà ta-ta, tà ta-ta), con un disegno simile a quello dell’importantissimo tamburello “carreteiro” del samba. Non solo, il breve silenzio di questo hi-hat dopo soli 6 secondi, prima della partenza vera e propria del beat, gli dona le sembianze di un conto alla rovescia: e non c’è nulla di più efficace della sensazione di uno scoppio imminente per stimolare l’orecchio.
Sommati in questo modo, i due elementi ritmici tessono una trama che parzialmente ricorda quella del celeberrimo ballo brasiliano. Non solo, la particolare estensione dell’accordo di Tonica (Sol minore 9: non ci siamo dimenticati dei primi della classe!) è molto frequente nella musica brasiliana: samba e bossa nova accolgono spesso e volentieri la nona, questa nota che crea tensione all’interno dell’accordo stesso stridendo contro l’ottava perfetta, cioè la nota di base e la sua versione identica “più in alto”; e allo stesso tempo dona ricchezza di colore all’armonia, suggerendo cadenze e falsi movimenti interni. Un accordo conturbante, sicuramente popolare nel samba, che con i due fattori ritmici suddetti crea le condizioni per attivare nella nostra memoria un collegamento sufficiente con la musica brasiliana.
Certo, Sesso e samba non è una canzone samba, come del resto La noia non era una cumbia. La musica latinoamericana è una “reference”, non un’eredità culturale e artistica da abbracciare nella sua pienezza. Qui abbiamo la presenza di Gaia, brasiliana di origine, a conferire un’aura di autenticità al tutto, ma per il resto vale quanto detto già per Come un tuono riguardo alla bachata: non è l’accuratezza che conta, e nemmeno la scoperta. L’ascoltatore non va indirizzato verso una musica che non conosce, ma verso ciò che pensa di ri-conoscere. Come provato da 20 anni di produzioni musicali mainstream e come confermato dalla ricerca delle neuroscienze (si legga ad esempio Daniel Levitin), l’essere umano privilegia una musica familiare e riconoscibile, che lo fa sentire più partecipe e coinvolto rispetto a qualcosa di complesso e sconosciuto: in questo senso, un’eccessiva autenticità risulterebbe controproducente; e sul mercato dell’attenzione il comfort vale più di ogni possibile shock. Sesso e samba funziona perché non richiede alcuno sforzo all’ascoltatore: soltanto di accomodarsi nel suo parco a tema latinoamericano e farsi accompagnare.
Niente poliritmi, niente clave, niente arrangiamento affollato: il singolo di Tony Effe e Gaia punta su una moderata articolazione di elementi, un giusto mezzo fra la cornucopia ritmica del samba e il minimalismo della filastrocca. Una volta segnalata all’orecchio la lontana parentela con la musica di radice brasiliana, la cassa introduce un 4/4 pigro con una semplice sincope nel mezzo: non è propriamente un pattern dembow del reggaeton, ma è un groove che può ricordare i Caraibi e, quindi, un genere di pop latino già popolare. Di nuovo, si lavora sulla memoria più che sulla fantasia. Caracollando con passo lento, il beat si incastra alla perfezione con il flow non esattamente energico di Tony Effe. Ma le strumentali sono sufficientemente mosse e popolate per farci avvertire un respiro gelido quando il beat si ferma nel pre-ritornello cantato da Gaia (“Ah che follia”) preparandoci al successivo drop, del quale il pop contemporaneo sembra non poter fare a meno.
Sesso e samba, insomma, funziona perché ha tutto quello che ci aspetteremmo da una canzone intitolata Sesso e samba: ha un andamento conturbante e sensuale; si richiama vagamente a una musica esotica; contiene gli elementi ritmico-strutturali che storicamente hanno avuto successo nel pop e nella dance per creare suspense e attesa. E dopotutto, non ci sono grandi sorprese nemmeno a livello lirico e di immaginario. Il testo ci ricorda che il sesso e il samba sono piuttosto simili: non è la prima volta che una forma di danza viene paragonata all’atto carnale (Tuca tuca tanto per dirne una) e non sarà nemmeno l’ultima. Il mondo nel quale Tony Effe e Gaia ci accolgono, in più, è già noto: ne conosciamo i contorni, sappiamo quali sono i suoi valori, tra cui gli immancabili soldi. Anche le regole dell’attrazione, in fondo, non sembrano una sorpresa: “non siamo troppo diversi”, canta Gaia, confermando quello che sappiamo fin troppo bene, ovvero che non sono gli opposti, ma gli uguali a piacersi.
Ma non è che manchino del tutto le sorprese: “metà bastarda, metà bambolina” è una punchline efficace e che piace molto, come testimonia la popolarità di questo estratto su TikTok, secondo solo al ritornello che spopola per i balletti. Anche qui, in realtà, ci sarebbe da chiedersi se questa formula funziona per la sua intrinseca efficacia verbale o per una specie di riconoscimento del soggetto e oggetto della definizione – i suddetti TikTok sono al 100% di provenienza femminile. Ma una canzone non è il luogo per capire una società e le sue convinzioni. A volte, come sostiene Gaia nello special, si può arrivare a credere che le canzoni d’amore dicano la verità. Il fatto che per pronunciare questa sentenza il brano giunga all’estrema scelta di aggiungere un terzo inedito accordo, dovrebbe farci riflettere. Sull’importanza che una sezione musicalmente differente ha nell’economia di un brano altrimenti molto omogeneo: un attimo di respiro prima di tornare in apnea nel sessoessamaba. Ma ci fa riflettere anche sulla costante e immancabile regola che abbiamo incontrato e rincontrato: una canzone di successo quasi sempre parla di sé stessa.