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Perché non riusciamo a toglierci dalla testa Romantico ma muori dei Pinguini Tattici Nucleari

I Pinguini Tattici Nucleari hanno pubblicato Romantico ma muori, un altro tassello al loro successo pop. Ecco il motivo per cui funzionano sempre anche se vanno contro alcuni punti fermi della musica contemporanea.
A cura di Federico Pucci
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Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari (Foto Stefano Porta/LaPresse)
Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari (Foto Stefano Porta/LaPresse)

Per quanto questa rubrica si sforzi settimanalmente di individuare le ragioni del successo di questa o quell’altra canzone pop, la verità è che nessuno (davvero, nessuno) sa come e perché un certo prodotto o una tale creazione artistica diventa popolare. Le cose girano e a un certo punto si appiccicano alla coscienza collettiva, entrano a far parte dello zeitgeist, si accomodano in una tavola degli elementi che al posto di metalli e gas contiene frasi, melodie, sequenze di accordi, immagini, profumi, meme. Va un po’ come in quel famoso aforisma, di paternità incerta: “Il bombo non ha le caratteristiche aerodinamiche per poter volare, ma non ne è a conoscenza, e per questo vola lo stesso”.

Tralasciando che si tratta di un mito ampiamente smentito dalla scienza, questa frase – metà considerazione ingegneristico-entomologica, metà proverbio biblico – ha una coerenza interna e una morale che possono agganciarsi alle nostre sensibilità. Insomma, “funziona”, anche se è oggettivamente errato, anche se la realtà vorrebbe fare di tutto per sconfessarlo: eppure, noi non lo sappiamo e per questo ci crediamo lo stesso. Con i Pinguini Tattici Nucleari la storia è abbastanza simile: non dovrebbero essere così straordinariamente popolari, eppure lo sono. E la loro ultima canzone, Romantico ma muori, ne è una nuova conferma.

I PTN non dovrebbero funzionare perché sono una band. Guardati intorno e dimmi quante band italiane abitano attualmente all’apice della popolarità. Meglio ancora, guardati indietro e prova a contare quante band italiane popolano una qualunque top 100 della storia della musica italiana. Bastano poche dita per contare. Eppure, la biodiversità del sestetto bergamasco è parte della sua originalità: per quanto la mano che scrive testi e musiche sia fondamentalmente una sola (quella di Riccardo Zanotti) le canzoni dei Pinguini non sono mai prodotti omogenei, ma plurali come lo sono i gusti delle sei teste della band, dal classic rock all’indie pop, dal power metal al cantautorato. Questo permette agli arrangiamenti di variare e virare all’improvviso, come nell’apertura del pre-ritornello (“ci son cascato mille volte”) dove chitarre distorte e in overdrive, bassi larghi come le Orobie e la batteria pestata in doppio tempo trasportano la ballad lo-fi pop della strofa su un altro piano, più vicino al pop-punk. La pluralità della band dà credibilità a questi cambi e queste svolte di stile, che forse non funzionerebbero altrettanto nei lavori delle monadi artistiche che popolano le classifiche.

I PTN non dovrebbero funzionare perché architettano e curano alcuni dettagli sonori come quello appena descritto, particolari minimi che solidificano le idee descritte dal testo. Se la vulgata descrive un’industria musicale fatta di produzioni rapidissime e in serie, con beat che passano di mano in mano finché non trovano l’artista interessato, canzoni come Romantico ma muori raccontano un’altra storia. Tra i temi delle liriche, anzi perfino nel titolo stesso, si legge della coesistenza degli opposti: due persone possono amarsi anche se litigano (anzi, “litigano solo per amarsi un po’ di più”); possono avere caratteri e indoli diverse (lui a giocare col vento, lei a cercare stelle sul tetto); possono desiderare futuri lontanissimi (“tu volevi un cane e io un figlio”). Eppure, possono coesistere come due persone dentro un unico sacco a pelo. Allo stesso modo, una sola canzone può contenere una strofa quieta e morbida e un ritornello ruvido e urlato: non bisogna scegliere, se si è capaci di tenere in bilico le due parti.

I PTN non dovrebbero funzionare perché sono capitanati da un nerd, mentre la cultura pop italiana celebra più volentieri i talenti naturali di quelli coltivati. Zanotti ha studiato “come” si fa la musica pop, e applica quanto appreso nei suoi brani. Il contrasto dinamico appena descritto, quello tra una strofa lieve e un ritornello pestato, è un arcinoto trucco di songwriting e produzione: Freddie Mercury ne ha fatto ampiamente uso in canzoni come We Are The Champions e Killer Queen. La controprova della fortuna di questo modo di usare le dinamiche (un modo secchione per dire “i volumi”) si vede nel fatto che su di esso sono state costruite alcune delle più fortunate carriere anche nell’alternative rock: la musica dei Pixies, per esempio, veniva etichettata con la formula “loud-quiet-loud”, non senza una punta di disprezzo. Non è nemmeno una pratica sconosciuta al pop italiano, da Maledetta primavera a Pesto. E, naturalmente, ricorre anche nella discografia dei Pinguini Tattici Nucleari, ora usato rigorosamente in modo ciclico come qui o in Verdura, ora applicato a un crescendo organico e lineare (Pastello bianco).

Dentro questo contrasto c’è tutto quello che un ascoltatore (ma ancora di più uno spettatore live) può desiderare: una dialettica basso-alto, piano-forte, piccolo-grosso, che autorizza moralmente a strillare a voce alta una melodia ben tornita. E anche in questo caso Zanotti ci mette non solo l’intuizione ma anche l’esperienza, giustapponendo una strofa che domanda attenzione e un ritornello di puro sfogo. Nella prima le note salgono e scendono con agilità, dai punti più alti a quelli più bassi del registro vocale; nel secondo sono in fila indiana e ostinate, tanto che potresti sostituire le parole con dei “nananana” senza tradire eccessivamente il carattere liberatorio del momento.

I PTN non dovrebbero funzionare perché, talvolta, queste regole le infrangono senza troppi problemi. In Romantico ma muori, per esempio, spezzano regolarmente il flow ritmico dividendo precisamente a metà le sezioni della canzone. Lo senti nelle frasi sincopate “di giorno ci muoviamo come ombre” o “due vite son comunque troppo corte”, nelle strofe; e negli ostinati “fuori, fuori, fuori” e “fiori, fiori, fiori” del ritornello: in entrambi i casi, il canto fa una curva a gomito nel groove, creando degli spazi vuoti che altre produzioni pop preferiscono evitare.

Chi pensa che le canzoni della band siano solo filastrocche forse non ne canticchia una da troppi anni: quelle funzionano ripetendo un motivo, mentre Zanotti evidentemente vuole creare più motivi (o riff, o temi, o “hook”) contrastanti e coesistenti. E così, pur nel rigore dei quattro quarti, questi strappi intrattengono l’orecchio mentre segue il tempo: magari può servire un aiutino per farli cementare nella memoria, e i Pinguini ne fanno uso con i cinque colpi di cassa di metà ritornello. Cinque colpi che sono anche gli stessi che scandiscono il pre-ritornello: il vero nerd lo riconosci perché sopra ogni cosa è innamorato della struttura, e un’anticipazione di questo hook ritmico è lo strumento ideale per appagare l’ascoltatore più attento e nel frattempo catturare in una rete quello più distratto.

I PTN non dovrebbero funzionare perché riempiono i loro testi di riferimenti non esattamente conosciuti ai più: Keith Moon, il batterista degli Who scomparso in un lontano settembre che davvero sembrava un sinonimo di “malinconia”; il fatto che il litio di cui sono composte le batterie dei nostri telefoni sia un metallo esplosivo; perfino l’uso di un’espressione gergale bergamasca come il “ma muori”, la cui sottile leggerezza può passare inosservata già superato l’Adda. Tutto questo non dovrebbe funzionare in un pop che altrimenti è popolato di parole, immagini e oggetti ricorrenti: dai sole-cuore-amore di qualche anno fa ai cliché materialisti della trap, passando per alcune parole d’ordine della canzone italiana degli ultimi anni come “cicatrici”, “crisalidi” e “farfalle” (sempre all’entomologia si torna).

I Pinguini Tattici Nucleari
I Pinguini Tattici Nucleari

Ma per ogni frase costruita apposta per deliziare gli esegeti di internet c’è un dettaglio nel quale chiunque si potrebbe identificare. E l’importante è che tutta l’attrezzatura verbale operi verso lo stesso risultato: far cogliere il tema di fondo della canzone – di nuovo, a mio avviso, il dualismo di fondo delle relazioni, basate su compromessi e contrasti tra due parti mai esattamente compatibili. E di fatto, i versi son costellati di immagini bipolari, dalla quadratura del doppio con il singolo: “malinconia e settembre” non sono due sinonimi, si potrebbe dire, ma un’endiadi, due sostantivi ben distinti e separati che messi uno accanto all’altro veicolano un unico senso. Potrei quasi giurare che Zanotti abbia scritto “due sinonimi” solo perché le rime con “un’endiadi” sarebbero state troppo complicate!

I PTN non dovrebbero funzionare perché non usano la vita privata come grimaldello del successo pubblico. Romantico ma muori, come dice il frontman in un comunicato, “è una canzone vera tratta da una storia finta”. Non lo sfogo personale e “senza filtri”; non una confessione; non un “mettersi a nudo”: il mercato suggerirebbe di fare così, perché nella terra in cui tutti pensano che gli altri siano interessati alla loro vita, colui che fa “oversharing” è re. Ma i Pinguini scelgono un altro sentiero: quello di lavorare sulla struttura narratologica delle canzoni (d’amore o meno); di lasciarsi ispirare da eventi esterni; e di conquistare l’immedesimazione del pubblico partendo da lontano. Non è che Zanotti non abbia mai parlato di sé o che la sua vita non sia mai finita nelle sue canzoni, ma queste funzionano “nonostante” questo dettaglio e non “a causa di”. La musica, però, è anche una grande messinscena con l’obiettivo di manipolare le emozioni dell’ascoltatore: “ci son cascato mille volte ed altre mille ci ricascherò” non ha bisogno di un link a un post su Instagram per ricordare al pubblico qualcosa di provato. Il mestiere di songwriter, dopotutto, dovrebbe essere proprio questo.

I PTN non dovrebbero funzionare, infine, perché non rispettano la loro “brand identity” con la stessa tenacia dei loro colleghi solisti, ossessionati da definire le loro ere con manuali di stile e moodboard; attenti a non pubblicare qualcosa che stupisca troppo i loro follower. La band bergamasca, d’altro canto, sa quando cambiare (con moderazione). Di nuovo entra in gioco la collegialità del gruppo, ma oltre il gruppo. Romantico ma muori, infatti, porta la firma anche di Marco Paganelli e Giorgio Pesenti: il primo, batterista dei rovere (band peraltro prodotta da Riccardo Zanotti) ha già lavorato con i Pinguini in buona parte del disco Fake News; il secondo, componente degli ISIDE e produttore ormai in piena ascesa nel mainstream con il nome di okgiorgio, aveva anche già lavorato con Zanotti per due hit come Pastello bianco e Scooby Doo, oltre all’album del 2022.

Non sono a conoscenza dei contributi individuali del trio di autori-compositori-produttori ma provo ad azzardare che dietro il suono più rarefatto, malinconico e spettrale delle strofe ci sia la mano di okgiorgio e in quello più netto ed esplosivo del chorus ci sia quella di Paganelli. Potrei sbagliarmi. Sicuramente, però, la sintesi che Zanotti riesce a fare di tanti spunti stilistici differenti (come dicevamo anche all’inizio) porta a una canzone che non suona esattamente come nessun altro singolo della band, eppure lo è fino in fondo: che fa uso delle pause e delle dinamiche, dei contrasti e delle ripetizioni con tutte le formule e le eccezioni che Zanotti e soci hanno sperimentato a lungo e con successo. Sulla carta non dovrebbero volare, eppure sono in aria ormai da anni e non sembra vogliano più posarsi a terra.

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