Perché non riusciamo a toglierci dalla testa Per due come noi di Olly e Angelina Mango
A quanto pare, viviamo nel futuro. Da qualche parte nel mondo le macchine si guidano già da sole e anche le canzoni, talvolta, si scrivono da sole. Se non fosse che le canzoni che producono le cosiddette intelligenze artificiali generative sono inascoltabili. Ma anche se quest’ultimo passo non è ancora stato compiuto, la tecnologia aiuta molto i compositori e artisti di oggi, che hanno altri strumenti per creare, se vogliono, direttamente dallo schermo di un computer come non si sarebbe potuto nemmeno immaginare soltanto 30 anni fa. Eppure, esistono ancora le canzoni che nascono “con un giro di chitarra”, e Per due come noi di Olly e Angelina Mango con la produzione di JVLI è proprio uno di questi esempi.
La canzone, la cui genesi è stata raccontata su Instagram dallo stesso produttore e sodale di Olly, nasce, cresce e muore sopra un giro di accordi, una sequenza che parte da un Si bemolle e si conclude con un Fa, seguendo una strada che ben conosciamo, perché ne abbiamo fatto cenno qualche mese fa parlando di Pazza di Loredana Bertè. Siamo di fronte alla “progressione anni ‘50”, o il giro di Stand By Me, una catena di quattro accordi che con grande efficienza e senso strategico ci accompagna dal punto di partenza (l’accordo di tonica) al punto di arrivo (l’accordo di dominante) facendoci passare da due tappe pensate per spremerci lacrime e tirarci su di morale in un colpo solo.
Come dicevamo allora, i quattro passaggi di questo giro potrebbero essere “emotivamente” descritti così: "Prima l’accordo iniziale propone una tesi; il secondo (unico minore del giro) immerge questa tesi nel dubbio e nell’angoscia; quindi i successivi due accordi ci riaccompagnano passin passino fino alla successiva tesi, una nuova casa salda e sicura". Perché questa successione di note abbia l’effetto desiderato, però, non basta costruire secondo il metodo tradizionale, perché – in generale – non basta rifarsi a un’usanza storica per avere successo: per esempio, il nuraghe di Barumini o le mura di Machu Picchu saranno anche stati costruiti a secco, ma non userei la stessa tecnica per un ponte autostradale… Allo stesso modo, nel pop non è soltanto l’abitudine a rinforzare una scelta, ma il modo e soprattutto il contesto in cui questa scelta viene operata.
In questo caso, il metodo è segnato fin dalla prima strofa: la dichiarazione d’intenti iniziale è netta, leggermente severa, ma leggibile in positivo (“per due come noi non ci sono favole”); il passaggio successivo è molto amaro, perché descrive una condizione tutt’altro che allegra (“la smetti di piangere?”); la terza tappa è uno sforzo titanico per uscire da quell’aura nebbiosa e dolorosa, con un gesto di pura volontà contro il pessimismo della ragione del cuore (“salutami i tuoi”); infine il traguardo è la conquista di una visione addirittura positiva e fiduciosa, la certezza solare che in un modo o nell’altro, tornando a una condizione iniziale di perfetta armonia primordiale (l’ur-“due come noi”), si potrà ottenere una felicità insperata (“non te ne andresti mai”).
Fin qui si potrebbe credere che l’unica – un po’ inquietante – strada verso il bene sia quella che torna indietro: del resto, un “giro” non funziona mica così? Riportando il pilota al punto di partenza? Il ritornello, però, fa quello che le regole non scritte del pop richiede da esso: chiarire il tema e dare una risoluzione ai dubbi e alle ansie che sono montate nella strofa. E la soluzione è sorprendentemente “matura” per il genere di canzone e per il suo pubblico: ammettere una verità spiacevole (“non fare finta di niente”) e accettarne le conseguenze; in questo caso, che “non c’è chi vince o chi perde” e che quel rapporto evidentemente incompatibile e impossibile da realizzare nella vita di tutti i giorni non ha comunque negato una sintonia personale che, per il momento, definiremo “unica”.
Per due come noi è una canzone che, pur facendo uso della palette di suoni del pop elettronico contemporaneo (si sente da subito una voce modulata da autotune e il ritornello ha un ormai imprescindibile drop), si presenta con un romanticismo d’altri tempi: lo sfondo timbrico della musica urban e da club non serve, insomma, per raccontare storie d’amore estreme, cicli esasperanti di attrazioni e repulsioni, giuramenti e tradimenti, una relazione che tanto soddisfa quanto dilania come in una 100 messaggi di Lazza. Quello descritto qui, invece, è un sentimento la cui risoluzione potrebbe rispecchiarsi perfettamente nell’arco del suo giro armonico: le due persone coinvolte, interpretate dalle voci di Olly e Angelina Mango, sono fatte l’uno per l’altra come l’accordo di Si bemolle e il Fa maggiore sul quale inevitabilmente il primo andrà a schiantarsi; certo, siamo di fronte a un’impossibilità di trasformare quel sentimento in un rapporto di vita, e questo fa un male cane (Sol minore); ma con la giusta presa di coscienza (Mi bemolle) arriveremo a una conclusione ulteriore e più importante, perfino migliore dell’appagamento della relazione – o semmai la sua riproposizione, riscaldata al microonda: ed è la convinzione che “come noi non c’è nessuno”. Una considerazione, quest’ultima, che paradossalmente contraddice sé stessa, visto che di frasi paragonabili a “come noi non c’è nessuno” è piena la musica italiana di ogni genere possibile e immaginabile, da Gemitaiz a Toto Cutugno e Annalisa Minetti, da Galeffi agli Statuto. Tanto che, si potrebbe dire, che una legge immutabile della musica pop è che prima o poi tutti, nessuno escluso, diranno che la loro esperienza umana è unica e irripetibile.
Ma la magia del pop è precisamente questa: farci credere che un prodotto confezionato secondo direttive e meccanismi instaurati da quasi un secolo sia invece una singolarità senza uguali. È la sospensione dell’incredulità che ci fa schiacciare “play” sulle canzoni con la predisposizione d’animo che stiamo per entrare nella testa di una o più persone. Ma per poter credere a questo gioco di prestigio e mantenere in piedi l’illusione collettiva bisogna togliersi di dosso l’idea che ad ogni professione di unicità-e-irripetibilità debba seguire una musica altrettanto unica-e-irripetibile. Non è una scelta che compiamo in modo consapevole: come al supermercato riempiamo il carrello di un pacco di pasta non appena è finita quella a casa, allo stesso modo con il pop facciamo il carico di “smetti di piangere”, “non andartene”, “letti vuoti”, “diluvi” e “te lo giuro” (citazioni non sempre letterali) che il testo di Per due come noi offre e che abbiamo già sentito in centinaia di altri brani.
Qualche ingrediente meno solito, a dir la verità, arriva anche con questo duetto, liricamente e musicalmente parlando. Per esempio, i versi come “sei più adulto di prima, ma coi soliti problemi di autostima”, cantati da Mango nella seconda strofa, non sono proprio comuni nelle canzoni d’amore per ragazzini: poche cercano di individuare con consapevolezza le ragioni di questa incompatibilità, e le trovano non in una qualche comoda causa esterna (il tradimento) o in un’inspiegabile causa di forza maggiore (del tipo “non siamo fatti l’una per l’altro”). Olly e Angelina, invece, parlano di una persona che non ha fiducia in sé: potrebbe essere questa la ragione per cui i due personaggi non stanno più insieme? Perché l’insicurezza dell’uno rischiava di alimentarsi nella tenerezza dell’altra? Non saprei, non venite a chiedere consigli di relazioni a me. Ma sta di fatto che la posizione è meno scontata del solito: lo possiamo apprezzare anche pochi versi dopo, quando Angelina descrive la scelta del proprio personaggio di non tornare indietro (“piuttosto va avanti sui cocci di vetro”): a differenza del mitologico Orfeo, Angelina si volta verso la sua Euridice-Olly ma non viene risucchiata indietro nell’Ade, anzi. Insomma, mescolando ingenuità e maturità, innovazione e consuetudine, la canzone parla di due persone che continuano a volersi bene e a ritenersi legate nonostante la fine del rapporto sentimentale: un po’ il contrario, insomma, delle relazioni tutto-o-niente che popolano normalmente le classifiche italiane. E anche solo questo senso leggerissimo di freschezza (non parliamo certo di temi inesplorati) può bastare per provare attrazione verso questa canzone.
E poi, c’è l’ingrediente finale, quello umano. Per due come noi funziona grazie a questo messaggio positivo, ma perché a sua volta questo messaggio arrivi servono interpreti credibili. Fortunatamente, questa “vibe” calza perfettamente sulle personalità artistiche di Mango e Olly, due artisti pop che hanno scelto l’introspezione ma non il maledettismo, la giovinezza ma non l’irresponsabilità, il ventunesimo secolo ma con tanti spunti antichi. E che in altre canzoni e ancora qui sembrano in sintonia con il bisogno delle loro generazioni di parlare di salute mentale, anche se solo per un breve passaggio, anche solo per far presente che il tema esiste e può influenzare anche la canzone d’amore con due cliché linguistici e musicali comunissimi. E così, risultare dolci alle orecchie del pubblico progressivamente sempre più stanco dell’eterna estate alle nostre spalle.