Col suo semplice richiamo alla materia fecale – agglomerata in un solido cilindro – il termine stronzo (d'ascendenza longobarda) comunica una qualità negativa ma poco precisa. Non che sia poco espressivo, per carità, ed è una risorsa a cui si ricorre volentieri, per quanto volgarotta. Ma non ci si può fermare allo stronzo. Capire che tipo di stronzo abbiamo davanti (e renderlo con la parola adatta) è importante. È un esercizio d'intelligenza: davanti a tipi diversi di stronzo si deve reagire in maniera diversa – così come il medico prescrive cure diverse secondo le diverse malattie che diagnostica.
In altri termini, scegliere degli iponimi di stronzo (cioè parole che sono ricomprese nel concetto generale) trasforma l'offesa in strategia, l'ingiuria in dominio sulla realtà.
Oggi ne vediamo quattro tipi.
Ingrato
L'ingrato ci fa ribollire il sangue nelle vene. Nonostante ciò che ha ricevuto, si sente investito di un bene scontato, che non apprezza. Sembra che tutto gli spetti di diritto, e non crede nella reciprocità. Gli abbiamo prestato la macchina e ce la riporta a secco senza un grazie, gli abbiamo dedicato del tempo prezioso ma per noi non c'è mai. È senza dubbio uno stronzo. Ma se diciamo «Sei un ingrato» invece di «Sei uno stronzo», comunichiamo molto di più. La persona a cui ci rivolgiamo capisce dove è che andiamo a parare, e noi, dopo aver dato questo giudizio, magari ci metteremo il cuore in pace ed eviteremo di investirci oltre.
Presuntuoso
Letteralmente, il presuntuoso è chi presume troppo di sé, cioè che si crede superiore, dotato di qualità e pregi straordinari. Senza che questo abbia un riscontro nella realtà. È uno stronzo della famiglia del borioso e del superbo: ma a differenza dello stronzo, il presuntuoso è smontabile. Scegliere questa parola ci permette di esporre una fragilità, di proiettarci sopra un faro – possibilità da non sottovalutare, quando c'è un attrito. Se diciamo a Caio «Certo che sei presuntuoso» la critica è diretta, precisa, efficace – da fare arrossire.
Prepotente
Il praepŏtens latino descrive semplicemente qualcuno di molto potente; ma si sa che il potere corrompe, e il suo uso diventa facilmente abuso. Così il prepotente è la specie di stronzo che esercita la sopraffazione, che si impone sugli altri. Anche in questo caso, il demone si indebolisce quando se ne pronuncia il nome: l'atteggiamento negativo del prepotente, quando è esattamente identificato, viene illuminato. Il prepotente non può più fare finta di non esserlo e noi ci corazziamo contro le sue angherie.
Crudele
Qui si tocca il punto in cui l'essere stronzo è più puro, gratuito, profondo. Il crudele non conosce pietà, empatia, compassione: infligge dolore con compiacimento. Non ha nemmeno la consapevolezza del sadico, è semplicemente bestiale, mutilato delle qualità che dividono l'umano dal demoniaco. È una parola ben più grave del semplice stronzo, dà forma a una realtà precisa e terribile – come è anche il giudizio sul crudele, sulla sua disumanità e sulla sua pericolosità.
È dimostrata la correlazione fra numero di parole conosciute e inclinazione alla violenza: meno se ne conoscono, più si è violenti.
Già con questi pochi esempi ci accorgiamo di che minestrone sia il termine ‘stronzo'. Padroneggiare la lingua significa padroneggiare la realtà – e il discernimento è essenziale. Il male esiste, ma davanti ad esso c'è un'alternativa rispetto al conflitto cieco. Ed è la comprensione della realtà, che schiude possibilità più posate e potenti del pugno.