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Ulisse, Alberto Angela racconta perché Nerone non ha bruciato Roma: la verità sull’incendio del 64 d.c

Il grande incendio del 64 D.c a Roma è stato per migliaia di anni attribuito all’imperatore Nerone: un’ipotesi disconosciuta negli anni, anche grazie alla trilogia storiografica di Alberto Angela, che racconterà la sua versione a Ulisse, il piacere della vita.
A cura di Vincenzo Nasto
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Nerone
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Nerone, nato come Lucio Domizio Enobarbo, in carica dal 54 al 68 D.C, è uno degli imperatori più conosciuti dell'impero romano: a lui viene ricondotto uno degli eventi più importanti della storia romana, ovvero l'incendio del 64 D.C. Inizialmente riconosciuto colpevole da rivali come il senatore Tacito, oltre allo storico Svetonio, che lo descrissero come un atto di follia che "assecondasse i suoi desideri", il racconto dell'epoca avrebbe poi ricondotto la colpa ai cristiani. Uno degli argomenti di discussione nelle prossime ore di Ulisse, il piacere della vita, trasmissione condotta da Alberto Angela, sarà proprio la rivalutazione della figura storica dell'Imperatore. Un compito, che come ha asserito già in passato lo storico italiano Alessandro Barbero in uno speciale condotto nella trasmissione di Rai 1, Passato e presente, ha visto le sue radice immerse nel terreno già nei primi del 1400. Alberto Angela, infatti, darà voce alle rivisitazioni storiche sulla figura di Nerone, un percorso già compiuto nella sua trilogia letteraria: La rinascita di Roma e il tramonto di un imperatore, e che tratterà anche la genesi dell'incendio nella capitale, che, quindi, non sarebbe stato compiuto dall'imperatore.

Il grande incendio di Roma nel 64 d.c: cosa è successo

Nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 D.c, come riportato dagli storici Tacito e Svetonio, dalla zona del Circo Massimo divampò un incendio che rase al suolo metà degli edifici della città. Oltre sei giorni consecutivi di fiamme propagate nei 14 quartieri che componevano la città: tre furono completamente distrutte, come colle Oppio, Circo Massimo e Palatino. Per altri sette quartieri invece, l'incendio distrusse oltre un centinaio di domus, lasciando solo pochi ruderi. Solo quattro regioni, nome utilizzato per i quartieri che componevano la capitale, vennero salvati: Capena, Esquiliae, Alta Semita e Transtiberim. Il 27 luglio, data in cui viene segnata la fine dell'incendio, vennero riportati i dati sull'assetto urbanistico, che videro oltre alla distruzione di edifici pubblici e monumenti, la scomparsa di circa 4.000 insulae, costruzione edilizia paragonabile a un condominio, e 132 domus.

Perché Nerone fu accusato di aver incendiato Roma

Nerone fu accusato a causa della tradizione storiografica romana di matrice senatoria, che vedeva nei due massimi referenti, Tacito e Svetonio, due dei più acerrimi rivali dell'imperatore. A rendere conflittuale il rapporto tra l'imperatore e il senato, fu la radice, definita anche da Alessandro Barbero in uno dei suoi speciali, "populista". Infatti oltre al falso storico commesso, per cui Nerone venne descritto come una persona mentalmente instabile, che guardava divampare le fiamme sulla sua città mentre suonava la lira nella sua abitazione, ci sarà la rivisitazione storica sugli aiuti al popolo e il progetto di un nuovo piano regolatore che avvantaggiasse la plebe e non gli speculatori edilizi, divenuti classe agiata negli anni precedenti. A rendere ancora più accentuate le divergenze nel resoconto storico, entra in gioco anche la storiografia cristiana, che attraverso il martirio degli apostoli Pietro e Paolo avvenuto in quest'occasione, ha descritto la figura di Nerone come un furioso tiranno.

Le accuse rivolte ai cristiani per l'incendio al Circo Massimo

Come raccontato da Tacito negli Annales, le accuse ricaddero sui cristiani per mettere a tacere le voci che lo volevano come mandante del misfatto. Ma dalle stesse parole dello storico romano, non sembrano ravvisarsi le accuse di persecuzione rivolte dalla storiografia cristiana. Infatti a esser condannati furono imputati che avevano affrontato un processo in cui Nerone ha interpretato le pulsioni forcaiole della plebe, alla ricerca di un capro espiatorio. I cristiani furono probabilmente condannati a morte sulla base delle leggi romane, che punivano l'omicidio a seguito di incendio doloso (lex Cornelia de sicariis et veneficiis voluta da Silla), e le condanne dovettero essere eseguite a seconda del loro status: i non cittadini romani vennero esposti alle belve, oppure legati a croci di legno e vestiti con tuniche spalmate abbondantemente di pece alla quale appiccare il fuoco.

La verità sull'incendio di Roma del 64 d.c: chi è il responsabile

Nel racconto di Alberto Angela, stasera su Rai 1 con Ulisse, il piacere della vita, ripreso dal secondo volume della trilogia su Nerone dal titolo L'inferno su Roma, l'incendio del 64 D.c è forse la più grande fake news della storia. Viene ritenuta così, soprattutto dal divulgatore scientifico, per la responsabilità data all'imperatore stesso. Infatti, secondo Angela, gli storici sono concordi nel ritenere che il più grande incendio della storia di Roma sia stato un caso, avvenuto in condizioni precise: giornate caldissime, in una città che era quasi interamente fatta di legno. E soprattutto: l’innesco è avvenuto tra i magazzini del Circo Massimo, il più grande deposito di legna di Roma, di notte. Il giorno dopo soffiò il vento, e fu la fine. Roma bruciò per nove giorni.

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