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Peppino Impastato e la notte senza tempo, infinita

Il ricordo di Peppino Impastato a 35 anni dalla scomparsa: la vita, l’impegno politico, il messaggio universale e le sue parole.
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"Lunga è la notte e senza tempo. Il cielo gonfio di pioggia non consente agli occhi di vedere le stelle. Non sarà il gelido vento a riportare la luce, nè il canto del gallo, nè il pianto di un bimbo. Troppo lunga è la notte, senza tempo, infinita". (Peppino Impastato)

Trentaquattro anni dopo, sono forse le sue stesse parole a stimolare i ricordi, le riflessioni ed i rimpianti. Le parole di un uomo coraggioso, di un siciliano capace di diventare un simbolo della lotta alla mafia ed alla rassegnazione, di un ragazzo ucciso a 30 anni nell'indifferenza di tanti ma non di chi lo aveva conosciuto,  non dei compagni che lo avevano sostenuto e che continueranno la sua battaglia contro l'omertà e la remissione al potere mafioso, denunciando quello che ancora oggi è un nodo irrisolto di tanta parte del nostro Belpaese. La commistione fra potere politico e criminalità organizzata, la corruzione ed il malaffare, il clientelismo come forma privilegiata di gestione del potere e di raccordo fra malavità e istituzioni, la vergogna delle opere pubbliche, dei finanziamenti erogati a pioggia e tesi al "mantenimento dell'ordine costituito": ferite ancora aperte, denunce ancora attuali…

"Lunga è la notte e senza tempo", quella dello Stato italiano, non soltanto "quella di Via Caetani e del corpo di Aldo Moro con l'alba dei funerali di uno Stato", come recita una straordinaria canzone a lui dedicata. La notte della sua terra, della nostra patria, il buio nel quale restano intrappolate le nostre energie, la nostra vitalità, la nostra integrità. Il buio che non ci consente di immaginare un futuro diverso, che ci costringe ad affidarci a luci sicure o a fari sempiterni, impedendoci di andare oltre con lo sguardo, persino di riconoscere in volto i nostri fratelli. E quel "cielo gonfio di pioggia non consente agli occhi di vedere le stelle"; la pioggia dei pregiudizi, della tradizione che martella la nostra esistenza e ci rende rassegnati, inermi, incapaci di andare oltre, di cambiare radicalmente le cose. Una rassegnazione che spesso scivola nell'indifferenza, in una sorta di impotenza appresa che ci porta a convincerci che probabilmente viviamo davvero "nel migliore dei mondi possibili" e che in effetti, ogni cambiamento è solo velleitario, superficiale; che il destino di una terra è segnato da secoli, che il copione della nostra vita è stato scritto da altri.

Eppure "non sarà il gelido vento a riportare la luce, nè il canto del gallo,nè il pianto di un bimbo". Siamo noi a dover agire, noi ne abbiamo la responsabilità, siamo noi a dover fare i primi passi, a scuotere le coscienze, ad informare, denunciare, gridare la nostra rabbbia e la nostra indignazione, rischiare, superare secolari steccati e finanche infrangere norme ingiuste. Scoprire il velo di maya che nasconde la realtà delle cose, un velo fatto da conformismo e omertà, da rassegnazione ed indifferenza; a partire dal nostro agire quotidiano, dalla lotta concreta, diretta ed immediata, a partire dall'esempio di chi è riuscito ad andare oltre il piccolo e confortevole rifugio familiare, in nome e per un'idea, in nome e per la dignità propria e di una intera terra. E tutto questo nonostante "troppo lunga è la notte, senza tempo, infinita", nonostante probabilmente ognuno di noi sia già sconfitto in partenza, nonostante gli "eroi giovani e belli" non esistano, nonostante il buio e nonostante l'alba sia così dannatamente lontana.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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