Peppino Impastato: 40 anni fa moriva l’uomo che per primo parlò contro la mafia
“Arriva Onda Pazza, trasmissione schizofrenica…la trasmissione di fantapolitica di Radio Aut!” mentre, in sottofondo, la voce di Ombretta Colli canta “Facciamo finta che tutto va ben”: ancora oggi è possibile ascoltare, nelle rare registrazioni originali, la sua voce incalzante che racconta una satira da vecchio west. Purtroppo quella storia di fantasioso aveva ben poco: la mafia, i giochi di potere, gli appalti truccati, i miliardi rubati, le commissioni corrotte, tutto è estremamente reale a Cinisi o, come la ribattezza Peppino Impastato, Mafiopoli.
Radio Aut: la voce contro la mafia
Nel 1977 sulla frequenza 98.800 era possibile ascoltare “Onda Pazza”, il programma satirico di Radio Aut in cui si raccontano, senza mezzi termini, i protagonisti mafiosi della Sicilia dell’epoca: “Il grande capo, Tano Seduto si aggira come uno sparviero nella piazza. La commissione edilizia è riunita, si aspetta il verdetto!”. È attraverso i microfoni di una piccola radio autofinanziata che Peppino aveva scelto di condurre la sua battaglia più aspra contro i “grandi capi” delle famiglie criminali, primo fra tutti Gaetano Badalamenti. E saranno proprio quei capi a decidere che no, quella voce non poteva continuare ad urlare la verità.
Peppino Impastato viene ucciso nella notte fra l’8 e il 9 maggio del 1978. I giornali di tutta Italia dedicheranno solo poche righe a quell'apparente attentato suicida alla vecchia ferrovia di Cinisi, perché proprio in quelle ore si consumava un altro grande e misterioso delitto: quello di Aldo Moro. Dovranno passare sedici anni affinché si ricominci a parlare di Peppino Impastato e di quella morte che, di suicida, non aveva nulla: nel 1994 il caso viene riaperto per la terza volta, e diventa chiaro a tutti che la mano dietro la morte del giovane siciliano è quella della mafia.
Quella stessa mafia che Peppino conosceva da tutta la vita: suo padre Luigi era stato uno dei membri del clan vicino alla famiglia Badalamenti. Ma quando il papà muore e Peppino rifiuta pubblicamente di stringere la mano ai boss durante il funerale, già da tempo era chiaro che quella mafia, a quel giovane comunista, non piaceva proprio. Da anni Peppino aveva aderito al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, e da tempo, attraverso la musica, il teatro e i dibattiti pubblici tentava di portare un’idea diversa, libera, in quel piccolo paese siciliano dove era nato.
Amore non ne avremo: le poesie
In seguito al ritrovamento del cadavere dilaniato sulle rotaie, oltre ad una lettera che, stando agli inquirenti, avrebbe avvalorato l’ipotesi del suicidio terrorista ma che risultò essere uno sfogo scritto anni prima, tra i molti quaderni di Peppino vennero rinvenute tantissime riflessioni, frasi, poesie. Questi scritti vennero pubblicati la prima volta nel 1990 da ILA PALMA, rivelando il prodotto più intimo e sincero di un uomo che, mentre combatteva la sua guerra, amava, sperava, soffriva e aveva paura, come qualsiasi altro uomo:
E venne da noi un adolescente
dagli occhi trasparenti
e dalle labra carnose,
alla nostra giovinezza
consunta nel paese e nei bordelli.
Non disse una sola parola
nè fece gesto alcuno:
questo suo silenzio
e questa sua immobilità
hanno aperto una ferita mortale
nella nostra consunta giovinezza.
Nessuno ci vendicherà:
la nostra pena non ha testimoni.