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Peppe e Toni Servillo cantano Napoli: “Ci sentiamo in debito con questa città”

Al Teatro Diana di Napoli Peppe e Toni Servillo accompagnati dai Solis String Quartet portano in scena dal 9 al 20 gennaio “La parola canta” uno spettacolo che unisce canzoni e poesia, musica e teatro, da Eduardo e Viviani a Moscato e Borrelli.
A cura di Redazione Cultura
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Peppe e Toni Servillo tornano in scena insieme a Napoli, al Teatro Diana dal 9 al 20 gennaio, con uno spettacolo che unisce canzoni e poesia, musica e teatro: si tratta di “La parola canta”, un recital in cui i fratelli Servillo, accompagnati dai Solis String Quartet, compiono un viaggio nella tradizione musicale e letteraria napoletana.

Attraverso l’opera di autori classici come Eduardo De Filippo, Raffaele Viviani, E. A. Mario e Libero Bovio fino ad arrivare ai contemporanei Enzo Moscato, Mimmo Borrelli e Michele Sovente, Peppe e Toni Servillo rendono omaggio ad alcuni dei più importanti autori della della tradizione tracciando un percorso che va da “‘O guappo ‘nnammurato” e “O’ festino” fino a “‘A Sciaveca” o “Napule” di Borrelli.

“‘La parola canta’ è uno spettacolo dove il teatro si fa musica e la musica si fa teatro”, così Toni Servillo, che si conferma come il più importante ambasciatore della cultura napoletana in Italia e nel mondo: “Mi sento in debito con Napoli – prosegue Servillo – per la grande ricchezza che mi ha donato, una ricchezza che cerco di trasmettere in giro per il mondo nei suoi aspetti più nobili, riflessivi, tragici. Tutto il mio lavoro si alimenta della complessità di Napoli, che è comunque vita”.

I testi dei vari autori scelti, accostati tra loro e fusi in un unico spettacolo, moltiplicano il valore dei loro contenuti dando allo spettatore una fotografia che è insieme sintesi e approfondita ricognizione delle tecniche, degli umori e dei sentimenti dei più importanti autori napoletani da cento anni a questa parte: “Abbiamo costruito “La parola canta” – aggiunge Peppe Servillo –  con l’intento di creare in scena un concerto spettacolo  in cui il napoletano, la lingua nostra viscerale e materna, si articolasse in un canto che è sempre pensiero ed istinto, gesto e liberazione”.

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