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Paul Auster si racconta nel suo nuovo romanzo: “Notizie dall’interno”

È appena uscito per Einaudi il nuovo libro di Paul Auster dal titolo “Notizie dall’interno”, un mémoire in cui il grande scrittore americano dà corpo a ricordi e fantasmi dell’infanzia e dell’adolescenza tracciando un’autobiografia al tempo stesso soggettiva e universale.
A cura di Andrea Esposito
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“In principio tutto era vivo. Anche i più piccoli oggetti erano dotati di un cuore pulsante, e perfino le nuvole avevano un nome”. L’incipit folgorante del nuovo libro di Paul Auster, intitolato “Notizie dall’interno” (Einaudi), trasporta subito il lettore in quella dimensione di autofiction austeriana iniziata già molti anni fa con “L’invenzione della solitudine” e poi ripresa nel suo penultimo romanzo “Diario d’inverno” che, insieme a quest’ultimo, costituisce una sorta di dittico della memoria.

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Scritto interamente in seconda persona, come a sottolineare che lo scavo nei ricordi del bambino è prima di tutto un tentativo di conoscersi e comprendersi, “Notizie dall’interno” è un mémoire molto intenso articolato in quattro blocchi: il primo, di circa un centinaio di pagine, in cui Auster, bambino nell’America degli anni ‘50, scopre il mondo che lo circonda, dal suo piccolo quartiere, al campo di baseball, fino poi ad arrivare alla consapevolezza dell’enormità dello spazio americano. Ma, oltre al rapporto col “mondo di fuori” c’è anche la scoperta di sé, della propria coscienza, del proprio essere ebreo. Scoperta che avviene per contrasto, per reazione di coloro che non accettano il suo credo, che rifiutano la sua fede. O ancora la tragica presa di coscienza che i propri genitori non si amano e infatti si separeranno facendo crollare l’architrave delle certezze su cui l’infanzia si fonda. Insomma, c’è tutto il mistero della vita del bambino che Auster scandaglia con la sua proverbiale prosa ipnotica.

Nella seconda parte, “Due colpi alla testa”, il bambino ha ormai 14 anni e racconta con un esercizio di scrittura innovativo, due esperienze cinematografiche che hanno segnato in modo determinante l’immaginario dell’adolescenza. I film in questione sono: “Radiazioni BX: distruzione uomo” diretto da Jack Arnold nel 1957 e “Io sono un evaso” di Mervyn LeRoy del 1932. Qui Auster si cimenta con una forma scribendi che consiste nel dare corpo a due lunghissimi piani sequenza in cui la narrazione cinematografica si fa letteratura in forme e modi davvero sorprendenti. Se nella prima parte il racconto della scoperta del mondo e del rapporto tra il bambino e lo spazio richiama per esempio il clima di “The tree of life” di Terrence Malick per profondità, mistero e lirismo, la seconda non ha un ipotetico immaginario cinematografico di riferimento, ma è il racconto del cinema stesso che trova corrispondenze in una forma letteraria nuova e mai sperimentata prima.

Nell’ultima parte del libro, “La capsula del tempo”, lo scrittore racconta il periodo dei vent’anni attraverso una serie di lettere e fotografie contenute all’interno di un grosso album: il sofferto carteggio con la prima moglie, gli anni difficili dell’apprendistato a Parigi, la visione di film di fantascienza di serie b, insomma, la vita che scorre mentre lui matura per diventare lo scrittore che oggi conosciamo.

In questa densa e multiforme autobiografia, Auster “affronta alcuni momenti decisivi in cui la vita (nei suoi modi a volte sfuggenti, altre volte traumaticamente sfacciati) ci plasma”. Attraverso queste esperienze intime e personali, i lettori riusciranno a cogliere qualcosa di sé, a ritrovare nei meandri della memoria quei momenti apparentemente dimenticati che hanno contribuito a formare ciò che siamo oggi.

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