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Pasolini in teatro scandalizza Berlino. Ma è giusta la censura?

È un racconto che inizia nel Settecento con il marchese De Sade, quello attraverso il quale Pasolini ha portato sullo schermo il fascismo e le sue perversioni. Un racconto attuale, che ancora oggi riesce a far parlare di sé: è “Le 120 giornate di Sodoma”, da sempre il romanzo più crudo e controverso della letteratura. Fa discutere l’adattamento teatrale che ha esordito il 27 maggio al Volksbühne di Berlino: il regista Johann Kresnik ha portato in scena violenza, sesso e perversione e con loro, critiche e censura.
A cura di Federica D'Alfonso
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Il 27 maggio ha debuttato sul palcoscenico del Volksbühne di Berlino "Die 120 Tage von Sodom": si tratta di un adattamento teatrale in chiave contemporanea dell'ultimo film di Pasolini, Salò e le 120 giornate di Sodoma. La regia dell'austriaco Johann Kresnik ha scatenato critiche e riflessioni contrastanti in Germania, e la stampa tedesca non si è risparmiata nel descrivere il carattere estremamente dissacrante dell'opera. Negli stessi giorni, un episodio avvenuto al Münchner Residenzteater, a Monaco, fa riflettere sulla cautela che secondo alcuni dovrebbe essere usata con certi linguaggi e sul ruolo che la "sensibilità" del pubblico pagante deve avere quando si propongono certi tipi di spettacolo: durante la rappresentazione teatrale "Balkan macht frei" infatti, alcuni spettatori si sono precipitati sul palco a strappare dalle mani degli attori gli strumenti di tortura. “L'opera non è adatta agli spettatori al di sotto dei 18 anni”: questa è la scritta che campeggia fuori dal Volksbühne di Berlino da quando Le 120 giornate di Sodoma è in scena. Ma viene da chiedersi, fino a dove possono e devono spingersi censura ed indignazione con opere che hanno senso proprio perché parlano della cruda realtà e riescono a trasmettere il loro messaggio in forza della violenza con la quale comunicano?

Die 120 Tage von Sodom di Johann Kresnik
Die 120 Tage von Sodom di Johann Kresnik

Rileggendo De Sade e Pasolini, Kresnik descrive la Sodoma di oggi come la società del capitalismo e e del consumismo più sfrenati. La sua compagnia teatrale ha rappresentato Sodoma come un enorme supermercato, con metri e metri di alti scaffali colmi di bottiglie e di confezioni di ogni genere, sui quali compaiono a grandi lettere le scritte "Ritalin", "Prozac" o "Goldmann Sachs". Cartoni con le immagini assurde delle torture dei soldati americani in Iraq, bambini con i volti feriti e tumefatti: storie e Storia che sono oggi, secondo il regista, nient'altro che merce. Kresnik torna a far parlare di un'opera che, dopo quasi due secoli, è ancora oggi controversa e affascinante allo stesso tempo: il marchese De Sade aveva scritto il libro (lasciandolo incompiuto) nel 1785 dalla sua cella della Bastiglia, in pieno Illuminismo e alle soglie della Rivoluzione. Il libro venne percepito come un vero e proprio manifesto di libertinaggio, oltre che come un manuale della tortura e del sesso portato agli estremi. Attraverso la storia di quattro ricchi nobili che, riunitisi in un castello, danno sfogo ad una sistematica ed implacabile violenza contro le loro vittime, De Sade ha voluto dipingere in realtà nient'altro che "il lato oscuro dei Lumi": se negli stessi anni Kant aveva scritto che "l'Illuminismo rappresenta l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità", per Sade quella grande rivoluzione intellettuale aveva significato nient'altro che l'uscita dell'essere umano dalla sua immaturità auto-imposta. Ha descritto con estrema crudezza quello che accade quando si insegue senza scrupoli il diritto all'individualismo e alla realizzazione piena e assoluta di sé, senza porsi alcun problema di tipo etico o sociale che faccia da freno: la persona si degrada a corpo materiale a carne. Il potere è tutto, e non vuole avere nient'altro che ottenere più potere.

un fotogramma tratto da Salò e le 120 giornate di Sodoma
un fotogramma tratto da Salò e le 120 giornate di Sodoma

Nel 1975 il libro fu trasformato in pellicola da Pier Paolo Pasolini, e questo stesso messaggio fu occasione per parlare di una delle epoche più difficili della storia italiana. Ambientando le vicende durante gli ultimi anni del fascismo, nella repubblica di Salò, Pasolini ha usato lo scandalo per parlare dello scandalo, e ancora oggi, il suo film è duro da digerire.

"Sentimenti feriti", così titolava il Berliner Zeitung, uno dei giornali che con più energia ha criticato l'opera in questi giorni in scena a Berlino. La storia si ripete: in Germania la pellicola di Pasolini fu confiscata e vietata in tutto il paese, e solo più tardi venne parzialmente ripresa. Ancora oggi, è un tabù. Anche se la parola "censura" oggi è più teoria che prassi, Die 120 Tage von Sodom ha riportato in scena una domanda scottante: il teatro deve avvertire i suoi spettatori prima di proporre scene drammatiche? "Uno spettacolo sanguinoso e scioccante", un altro titolo. E ancora: "una critica anacronistica alla società dei consumatori, da parte di ormai inutili veterani della politica".

Die 120 Tage von Sodom
Die 120 Tage von Sodom

Corpi nudi e sanguinanti pressati in un acquario, waterboarding e torture iperrealistiche che certo, non possono lasciare indifferenti per la loro violenza, ma che ricordano attraverso quella stessa violenza che il sadismo può non riguardare solo l'individuo nella sua intimità, ma anche la società tutta. Dunque, viene da chiedersi: fino a che punto queste "restrizioni" sono giuste? Qual è il limite affinché esse non incidano e snaturino il messaggio, seppure molto forte, che l'opera vuole veicolare? Il marchese De Sade, o Pasolini in questo caso, parlerebbero ancora oggi al pubblico di tutto il mondo se avessero badato alla moralità e al buon costume?

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