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Pasolini e il fascismo della società dei consumi

Oggi più che mai le riflessioni di Pier Paolo Pasolini sono valide. Se il fascismo non era fino in fondo totalitario, sosteneva l’autore delle “Lettere luterane”, la società dei consumi coincide con il totalitarismo realizzato.
A cura di Diego Fusaro
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Maria Callas e Pier Paolo Pasolini sul set del film "Medea"
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Così scriveva Pasolini il 9 dicembre del 1973 sul “Corriere della Sera”: “il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata”.

Parole che debbono essere meditate oggi più che ieri. Si continua a ripetere a piè sospinto che i totalitarismi sono finalmente finiti: essi erano solo quelli del Novecento, rossi e neri.

Pasolini, dal canto suo, ci risveglia dal sonno dogmatico: il totalitarismo perfettamente realizzato è quello della civiltà dei consumi e dell’integralismo terroristico dell’economia di mercato. La “società totalmente amministrata” di cui diceva la Scuola di Francoforte.

Se il fascismo non era fino in fondo totalitario, perché non colonizzava le anime e otteneva un consenso spesso solo di superficie, la società dei consumi coincide con il totalitarismo realizzato: esso si impadronisce delle anime e può lasciare liberi i corpi. Totalizza in senso compiuto il reale e il simbolico, il materiale e lo spirituale.

Con le parole di Pasolini, l’adesione alla società dei consumi è totale e incondizionata: non reprime il dissenso, a differenza del fascismo. Semplicemente opera affinché esso non possa neppure costituirsi. Anestetizza lo spirito critico dei suo sudditi, ridotti allo stato di bambini in cerca di godimenti mercificati.

Il totalitarismo novecentesco, nelle sue varie espressioni, era pericoloso e, potremmo dire, sempre in pericolo: era risaputo che si trattasse di un totalitarismo. E su queste basi scaturivano reazioni e dissensi, opposizioni e ribellioni.

Il nuovo totalitarismo della civiltà dei consumi, invece, si presenta come libertà realizzata, come apoteosi della democrazia e dell’emancipazione, del progresso e dello sviluppo: ci pone tutti nella condizione degli schiavi della caverna di Platone, che amano le proprie catene e la propria cattività giacché non riescono a immaginare un mondo altro rispetto a quello del quale sono prigionieri.

Il totalitarismo della civiltà dei consumi – potremmo dire sulle orme di Pasolini – condanna senza posa tutti i totalitarismi del passato con il solo obiettivo di legittimare se stesso come regno della libertà universale.

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Sono nato a Torino nel 1983 e insegno Storia della filosofia in Università. Mi considero allievo indipendente di Hegel e di Marx. Intellettuale dissidente e non allineato, sono al di là di destra e sinistra, convinto che occorra continuare nella lotta politica e culturale che fu di Marx e di Gramsci, in nome dell’emancipazione umana e dei diritti sociali. Resto convinto che, in ogni ambito, la via regia consista nel pensare con la propria testa, senza curarsi dell’opinione pubblica e del coro virtuoso del politicamente corretto.
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