Paolo Poli, la tenera canaglia
La scomparsa di Paolo Poli lascia letteralmente di stucco. Nonostante i suoi 87 anni, l’attore fiorentino dava l’impressione di essere ancora un ragazzo, anzi un ragazzino. Una tenera canaglia. Noi di Fanpage.it lo abbiamo incontrato in un albergo del Corso Vittorio Emanuele lo scorso dicembre in occasione del Premio Napoli. In quell’intervista ci ha commossi recitando per noi, e per intero, “I fiori” di Aldo Palazzeschi. Fu un’esperienza indimenticabile. Mai visto prima un uomo tanto anziano eppure ancora così vigile, iperattivo e logorroico. Era un autentico fiume in piena come lo è stato per tutta la sua vita. In effetti non poteva non andarsene che in questo modo, all’improvviso, senza troppe chiacchiere.
L’ultima apparizione pubblica l’aveva fatta a Gennaio per la storica riapertura del Teatro Niccolini di Firenze e anche lì aveva dato sfoggio di una vitalità incontenibile. Recentemente aveva rilasciato una serie di dichiarazioni poco lusinghiere su alcuni suoi celebri colleghi come Alberto Sordi e Monica Vitti che hanno fatto molto discutere. Ma lui era così, uno che per tutta la vita è rimasto fedele al suo anticonformismo, alla sua comicità corrosiva e surreale, al suo istrionismo irriverente, aspetti che lo hanno reso un’icona del teatro italiano del Novecento.
Nella sua lunga e personalissima carriera ha avuto molti meriti, uno fra tutti quello di far riscoprire autori minori o d’avanguardia: “Prendevo gli autori meno rappresentati perché tra gli Strehler che c’erano in giro in quegli anni, io dovevo pur mangiare!”. Così ci ha risposto quando gli abbiamo chiesto i motivi di una ricerca tanto minuziosa tra gli scritti di Rabelais o dell’Aretino. E questo per dire quanto poco si prendesse sul serio. Quanto fosse sempre pronto a rilanciare. Rifiutava ogni celebrazione, ogni frase compiacente, contrattaccando subito con battute fulminanti, spesso di contenuto erotico. Era un comico nato, un provocatore sublime.
Paolo Poli è stato forse il primo personaggio pubblico italiano apertamente gay, recitava spesso en travesti e qualche volta dava anche scandalo. Allo stesso tempo però per più di una generazione lui è stato la voce dell’infanzia, dell’innocenza. Le sue favole e il suo Pinocchio hanno attraversato prima gli anni, poi i decenni, fino ad arrivare alla generazione dei trentenni di oggi. Era ed è rimasto fino all’ultimo un bambino geniale e dispettoso, innocente e mascalzone. Indimenticabile il suo "Bimbo Filiberto", le già citate Fiabe Sonore e, sempre in tv, "I tre moschettieri" di Dumas con la sorella Lucia Poli, Milena Vukotic e Marco Messeri. Un mostro di tecnica e di bravura, un vero “animale da palcoscenico”, magnetico e dolce. Poli è forse l’ultimo esponente di una comicità e di un teatro nomade e baraccone che lui aveva reso colto e sofisticato. Fellini gli fu amico e lo scelse per una parte nel suo capolavoro, 8½, ma lui rifiutò. Era così, sempre avanti. Sempre contro.