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Pantheon, Battistero, Pompei: ecco la mappa dei beni culturali italiani a rischio

Dalla mappa Ispra emerge che i beni culturali a rischio alluvione sono oltre 40mila in Italia, 3mila solo nella Capitale. Dalle simulazioni è emerso che l’area interessata dalla infiltrazioni andrebbe da piazza Navona a piazza del Popolo, fino al Pantheon.
A cura di Redazione
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Piazza Navona e il Pantheon a Roma, la basilica di Santa Croce e il Battistero a Firenze, ma anche gli Scavi archeologici di Pompei (peraltro evidenziato come uno dei siti dove più d'ogni altro è stato fatto in termini di prevenzione) a rischio alluvione o frana: alcuni tra i più importanti monumenti e siti archeologici del patrimonio italiano tra i beni culturali presenti nel nostro Paese che potrebbero essere sepolti o distrutti da rischi naturali.

È quanto emerso dalla mappa delle bellezze italiane esposte ai rischi naturali, realizzata dall'Ispra, la struttura del governo contro il dissesto idrogeologico che ha messo a punto un piano di interventi per la messa in sicurezza dell'intero territorio italiano, con 10 miliardi a disposizione e 1.500 cantieri in corso o ultimati.

Dalla mappa emerge che i beni culturali a rischio alluvione sono in tutto 40.393, mentre quelli a rischio frane sono 38.829, di cui 10.909 nelle classi a pericolosità elevata e molto elevata. Quasi 80.000 opere d'arte, in tutto, tra città più o meno grandi e piccoli borghi di cui è piena la penisola. Più di 3000 dei beni a rischi solo a Roma.

Mappa Ispra
Mappa Ispra

I rischi nella Capitale

Nella Capitale, i beni culturali a rischio idraulico, che entro 5 secoli potrebbero essere colpiti sono nello specifico 2.140. Dalle simulazioni è emerso che l'area inondata dalle acque potrebbe comprenderebbe buona parte del centro storico, occupando Piazza Navona, Piazza del Popolo e il Pantheon. Sono 190 sono invece i beni a rischio nello scenario con tempo di ritorno di 200 anni.

Gli interventi a Pompei e Sibari

Nonostante lo scenario semi-apocalittico, negli ultimi anni molti interventi sono stati realizzati. Come nel caso dei siti archeologici di Pompei e Sibari, nel primo caso con un finanziamento di tre milioni si è intervenuto per evitare rischi sulla parte che interessa la parte non ancora emersa dell'antica città, mentre a Sibari, in Calabria, si è lavorato con un intervento di 4 milioni sugli argini del fiume per bloccare qualunque tipo di infiltrazione sul sito archeologico.

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