Paesaggi da mangiare: i favolosi Foodscapes di Carl Warner
Frutta, verdura, pane, formaggi, pasta, carne, pesce, dolci… No, non è una lista della spesa, ma la materia prima dell’arte di Carl Warner.
Un’arte che potrebbe definirsi arcimboldesca, di un Arcimboldo moderno, inglese, del paesaggio e della fotografia, che compone fiabesche vedute panoramiche assemblando cibi di ogni genere. Visioni surreali e mozzafiato, immagini limpide dai colori accesi e squillanti, ritratti di una natura brillante e gioiosa o più raramente cupa e tenebrosa, frutto di una mente dalla fervida immaginazione.
Foreste, spiagge, mari, laghi, colline, deserti, boulevards e persino la Grande Muraglia (di ananas) e il Taj Mahal (di cipolle). A prima vista sembrano normali dipinti su tela, a ben guardare inizia il divertimento…
Si scopre che il mare è fatto di lattuga, il bosco di sedani, la savana di funghi. Una foresta di broccoli si staglia su uno sfondo di nuvole di cavolfiore e montagne di pane; un lago con un pontile fatto di crackers e grissini è circondato da una catena montuosa di parmigiano, mentre un paesaggio preistorico e arido, ispirato a 2001: Odissea nello spazio, è composto da panini e baguette sotto un cielo nuvoloso di molliche di pane.
Orizzonti più ristretti ma altrettanto sorprendenti per la scena di un cottage fatto di dolciumi, in un’ambientazione di caramelle, lecca-lecca e marshmellows, oppure per lo scorcio autunnale di una strada illuminata da un lampione di noce e costeggiata da un muretto di mandorle e frutta secca, dove le foglie svolazzanti non sono altro che cornflakes croccanti.
Le “ricette fotografiche” di Carl Warner sono ricche di ingredienti: mele, fragole, banane, carote, peperoni, pomodori, patate, pasta, pane, cereali, legumi e chi più ne ha più ne metta. Così nascono i Foodscapes, quei “paesaggi alimentari” tanto divertenti da decifrare quanto complessi e lunghi da realizzare.
L’artista – che prima di essere fotografo ha studiato da disegnatore – realizza il bozzetto dell’opera; una volta elaborato il disegno preparatorio, sceglie gli ingredienti del suo paesaggio con l’ausilio di veri e propri food stylists per definire la progettazione in ogni dettaglio. Dopo aver fatto la spesa studiando con attenzione forme e proporzioni degli elementi dell’opera, si passa alla composizione vera e propria in studio: assemblati i diversi alimenti sul piano di un apposito tavolo, l’artista fotografa la scena per strati, dal primo piano allo sfondo e poi al cielo; successivamente si dedica al fondamentale lavoro di postproduzione per unire i diversi scatti ed ottenere l’armoniosa immagine finale.
Il risultato è stupefacente oltre che di grande intrattenimento. Nella continua, forzata e avvincente alternanza tra visione macroscopica e visione microscopica, l’artista chiede allo spettatore delle dinamiche di doppia lettura tipiche della pittura di artisti come Salvador Dalì, a cui tra l’altro Carl Warner si ispira dichiaratamente.
L’effetto sorpresa è ciò che più conta: “Tendo a disegnare un paesaggio molto convenzionale usando le classiche tecniche compositive, perché voglio che lo spettatore al primo sguardo creda che si tratti di una scena reale. Nel momento in cui l’osservatore realizza che la scena è fatta di cibo, allora sorride e per me questa è la parte migliore”, spiega l’artista.
Più spiazzante dei Foodscapes è la serie dei Bodyscapes, ancora paesaggi, come indica il nome, ma questa volta “paesaggi umani”. Carl Warner trasfigura nuovamente la visione, compone, contorce e incastra corpi di uomini e donne in modo da creare allucinanti paesaggi montuosi o desertici: mettendo ben a fuoco e distraendoci da ciò che vediamo di primo acchito, inizieremo a scorgere una spalla, un collo, una nuca, dei piedi e scopriremo che quelle immagini sono in realtà valli di donne distese o deserti di uomini addormentati.
Guardare le fotografie di Carl Warner è un gioco oltre che un piacere: nella nostra gallery tante immagini per mettersi alla prova; molte altre sono sul sito dell’artista www.carlwarner.com.
Per tutte le immagini, Photo credit: Carl Warner