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Oriana Fallaci, il rigore giornalistico e il cuore tenero

Dieci anni senza Oriana Fallaci, moriva il 15 settembre del 2006 lasciando intuizioni su quanto sta accadendo oggi. Conosciuta come scrittrice combattiva e intransigente, oggi le sue lettere d’amore inedite ne dipingono un ritratto differente.
A cura di Silvia Buffo
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Un ritratto di Oriana Fallaci nella sua Firenze nel giugno del '79
Un ritratto di Oriana Fallaci nella sua Firenze nel giugno del '79

Il 15 settembre del 2006 moriva Oriana Fallaci, cittadina della sua Firenze, con cui non aveva mai tagliato il cordone ombelicale, e del mondo intero. Quello abitato dalla giornalista è un mondo grande ed eterogeneo che lei conosceva bene, dal Vietnam ad Hollywood, dall'India all'America ai tempi dei Kennedy. Il suo talento di scrittura ha viaggiato per questi luoghi, l'amore per la penna è nato spontaneamente. Oriana ha sempre avuto consapevolezza di quale sarebbe stato il suo destino: “Mi sono sempre sentita scrittore, ho sempre saputo d’essere uno scrittore”, e accanto alla sua naturale ispirazione i suoi ideali libertari, che maturò grazie all'educazione della sua famiglia e che divennero presto le solide fondamenta della sua attività di giornalista.

 “La libertà è un dovere prima di essere un diritto”

In questo suo principio che maturò sin da ragazzina c'è l'essenza del rigore giornalistico che l'ha sempre caratterizzata. La sua serietà nel lavoro si poteva notare già quando giovanissima per il Mattino di Firenze scriveva di cronaca nera e giudiziaria. Una professionalità che non transige, quella della Fallaci che, piena di indignazione, dinanzi al khomeini si spogliò del chador, un rigore che la portò a intervistare le personalità più influenti e scomode del pianeta, da Gheddafi e Arafat  a Kissinger, da Indira Gandhi a Golda Meir.

Riflessioni e reportage indimenticabili

Un ritratto di Oriana Fallaci con la sua macchina da scrivere
Un ritratto di Oriana Fallaci con la sua macchina da scrivere

Memorabile il suo reportage sulla condizione della donna in Medio Oriente, lavoro che ebbe spontanea evoluzione ne "Il sesso inutile" e poi "Penelope alla guerra". Negli anni '70, la Fallaci era già conosciuta in tutto il mondo. Erano gli anni di "Lettera a un bambino mai nato", libro in cui affrontò il tema dell'aborto nella maniera più lucida e introspettiva possibile. Negli anni '90, Oriana Fallaci si trasferì a New York. Questo era il luogo che aveva scelto per completare quella che aveva immaginato come la sua più grande opera, il “Bambino”, una saga sulla sua famiglia dal ‘600 fino alla sua epoca.

La realtà, come il cancro, va guardata in faccia

Ci dedicò ben quindici anni a questo progetto letterario ma a fermarla fu il cancro, dramma che voleva vivere senza pudore e guardandolo in faccia. Era abituata a guardare l'esistenza anche attraverso le sfumature del più cieco cinismo. Lo aveva già fatto con l'11 settembre, occasione in cui senza mezzi termini aveva individuato e descritto la più grande minaccia dell'Occidente, l'integralismo del mondo islamico. Negli ultimi anni Oriana Fallaci si dedicò alla trilogia, ‘La rabbia e L’orgoglio‘, ‘La Forza della Ragione' e ‘L’Apocalisse': così cercava di difendere il suo mondo con tutte le contraddizioni che lo caratterizzavano, imperfetto ma a cui lei sentiva di appartenere con orgoglio. Per questo oggi le sue parole appaiono quasi come profetiche, è considerata una ‘Cassandra' e chissà cosa avrebbe scritto sul terrore seminato dall'Isis. Quello che proprio non poteva tollerare era il ricatto e la minaccia verso il suo mondo libero in nome dei principi obsoleti e paradossali del fondamentalismo islamico. Eppure quelle torri simbolo sono crollate. Questa è la ‘rabbia' per il pericolo che avanza e questo l"orgoglio' di appartenere ad un mondo giusto, democratico, costruito a fatica attraverso i prolissi secoli di storia. Una storia che non può cedere dinanzi alla follia e alla pretesa di potere da parte di un mondo troppo distante.

Il lato più puro, più fragile e indifeso

Oriana era rigida e intransigente come giornalista e come scrittrice eppure aveva un cuore tenero, quasi indifeso. Difficile crederlo ma di recente grazie alla pubblicazione delle sue lettere, la cui corrispondenza è in mano alla nipote Wanda Pieroni Maccani, è emerso il lato più fragile di Oriana, ed questo a renderla ancora più bella, la complessità e la dicotomia della sua persona. Sorprendente è riflettere su come la sua personalità forte come una roccia si sgretolasse dinanzi i suoi sentimenti. Il suo grande amore, anche se a differenza dei suoi romanzi non ebbe buona fortuna, fu Alfredo Pieroni, corrispondente da Londra della Settimana Incom illustrata, negli anni Cinquanta. Nel 1958 Pieroni, più grande di qualche anno di lei e molto meno famoso, la fa innamorare e lei è disposta ad annullarsi per lui, perde la testa letteralmente. Lui non vuole legami fissi. Lei resterà anche incinta ma avrà un aborto spontaneo a cui seguì un'orribile depressione.

Può una donna come Oriana Fallaci disperarsi per amore?

Ad emergere dalle sue lettere è proprio la disperazione. Un'Oriana Fallaci languida, piena di dedizione, tremendamente innamorata emerge da queste lettere in qualche modo struggenti e bellissime, se vogliamo andare oltre il dolore di un amore non corrisposto ma al tempo stesso emozionante. Vale la pena riportarne alcuni tratti senza troppi commenti, dal momento che sono state concesse dalla famiglia, forse proprio per far conoscere il suo lato più autentico:

Sto attraversando un brutto periodo, tutti mi danno dispiaceri (…) sono depressa e delusa e tu sei il solo, lo giuro, che mi aiuti a respirare. Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa, se posso fare qualcosa per te, dammi buone notizie. Darei vent'anni (ammesso che me ne restino tanti) per mandare al diavolo il mondo ed essere ora in Princes Gate a pulirti le scarpe. (…)

L'idea di perderti mi sconvolge al punto di togliermi ogni forza, come se fossi già morta. (…) Non ho paura di sentirmi male: il dolore fisico non è importante e io non lo temo. Ho paura che, dopo, tu non mi voglia nemmeno un poco di bene perché non è sapendoti legato a una qualsiasi responsabilità che io ti voglio. A quel modo anzi mai. In questi giorni è come se fossi completamente sola, capisci, come se non avessi nessun altro al mondo all'infuori di te e questo non significa farti partecipare ad una qualsiasi responsabilità, ammesso che esista, ma chiederti di essere buono con me, e di «perdonarmi».

Vivo nella più assoluta, squallida abulia. Non mi importa più di nulla, non voglio più nulla, non spero più nulla: e questa amarezza rassegnata è peggio, in certo senso, della disperazione che mi sconvolgeva dopo quel terribile weekend a Londra, esploso nei tuoi rimproveri e poi in quella spiegazione utile e onesta, lo sappiamo, ma che nel fondo non desideravo.

L'equivoco mi dava speranza e un senso alla vita. La verità mi mette solo un gran sonno, una placida voglia di morire, mi toglie insomma ogni gusto alla vita. No, non temere: non prenderò pillole come Cesare Pavese. Ho troppo buonsenso, malgrado tutto, e troppo senso del ridicolo. Però è come se le avessi già prese.

Caro Alfredo sarò lunedì mattina a Londra. Ci resterò per ventiquattr'ore prima di andare a Bruxelles. Scenderò al Normandia. Aspetterò una tua telefonata, o un messaggio. Io non posso e non devo chiamarti. Ma spero che tu lo faccia. Lunedì è il mio compleanno. Vorrei, anche se tutto è finito, passare almeno la sera con te. Perché io ti amo sempre, malgrado tutto. Non c'è proprio nulla da fare. Ti amo, Oriana.

L'amore senza scampo

Questa è la Fallaci inedita emersa nell'ultimo anno. Un regalo queste lettere, che fa riflettere su quanto l'amore non risparmi nessuno e riesca a domare anche personalità di ferro, come Oriana lo è stata. Non si piegava nemmeno davanti al cancro, era piena di dignità, schiva, di poche parole, solitaria ma come ogni donna al mondo ha amato senza pudore e in maniera sfrenata.

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