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Non servono i campioni per diffondere la lettura, diamo alle scuole gli strumenti giusti

La campagna di promozione della lettura #ioleggoperché basa la sua filosofia sul legare i libri e testimonial celebri: ma siamo sicuri che non sia un clamoroso boomerang? Non sarebbe meglio investire ogni risorsa possibile nella scuola?
A cura di Redazione Cultura
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La scena è quasi da ridere. Campioni dello sport, come Mauro Icardi e Fabio Quagliarella, alle prese con la consegna di una copia del "Diario di Anna Frank" e di "Se questo è un uomo" ai ragazzini che li accompagnano in campo. Il tutto per la mobilitazione promossa dalla campagna ministeriale #ioleggoperché sulla sensibilizzazione alla lettura. Che quest'anno, va sottolineato, ha raggiunto risultati ragguardevoli almeno in termini quantitativi, registrando un incremento di raccolta dei libri da destinare alle biblioteche scolastiche di oltre il 50% rispetto ai primi due giorni dello scorso anno.

Nulla in contrario, almeno in teoria, che campioni dello sport promuovano campagne simili. Male non fa, come sarebbe portato a sostenere il buon vecchio senso comune. Eppure, a ben vedere, puntare su campagne di sensibilizzazione molto mediatiche e poco sostenute dal basso, rischiano di rivelarsi dei clamorosi boomerang. A parte, la domanda sempre legittima su quale sia l'impatto reale sulla diffusione della lettura tra i più giovani dopo aver visto il loro bomber preferito fingere di sfogliare un libro in campo, c'è da chiedersi: ma non sarebbe meglio investire ogni singola risorsa – che immaginiamo non tantissime sul capitolo di spesa in questione – sulla scuola e su un reale lavoro motivazionale da parte di docenti, scuole e famiglie in favore della lettura?

Se tutti i dati ci dicono che in Italia si legge poco (e spesso male), se le stesse statistiche hanno ormai messo ben chiaro che bassi indici di lettura sono fortemente legati anche all'arretratezza del nostro sistema economico e sociale (e dunque, in quei paesi dove si legge di più, è anche meno forte l'impatto delle crisi economiche in termini di costi sociali), forse qualcosa di diverso va immaginato per promuovere la lettura tra i più giovani, ben oltre il pur ammirevole esempio dato dai campioni dello sport.

Col tempo quest'idea di legare i libri a testimonial celebri rischierà di svuotare di senso ogni altra azione concreta di sensibilizzazione alla lettura da parte delle Istituzioni. Come a dire: abbiamo fatto quel che dovevamo fare, al resto ci penserà la Provvidenza.

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