Non chiamateli custodi: nei musei milanesi i vigilantes tengono conferenze e parlano inglese
Non più semplici custodi di opere d'arte. Da oggi bisognerà trovare una parola nuova per definire gli addetti alla vigilanza delle opere d'arte nei musei civici milanesi. Ben più ampio, infatti, è il mansionario di donne e uomini che compongono lo staff per la sorveglianza delle opere custodite in questi luoghi. Abbandonate l'immagine classica del custode annoiato e sfaccendato che in genere ciondola per i corridoi dei musei, al cospetto di turisti, visitatori ed esperti con gli occhi carichi di meraviglia. Qui si parla di persone che oltre a sorvegliare, si occupano della pulizia tecnica delle opere, il controllo dei terminali di sicurezza, l’accoglienza del pubblico e persino di conferenze di storia dell’arte e visite guidate. Alcuni di loro parlano inglese, vuoi perché hanno da tempo iniziato un percorso di formazione e aggiornamento professionale, vuoi perché al concorso pubblico in cui sono stati assunti si sono presentate persone dall'alto profilo professionale. Segno dei tempi dell'Italia in cui viviamo.
Racconta Anna Maria Maggiore, direttore valorizzazione area patrimonio artistico e sicurezza, che all'inizio si temeva un po' nell'assumere persone così qualificate per un lavoro tutto sommato di mera sorveglianza: "L’arruolamento di queste forze di alto profilo ci ha invece indotto a formare di nuovo anche la vecchia guardia, per esempio con corsi di inglese di livello differenziato cui tutti partecipano, e l’integrazione funziona molto bene". Ad oggi l’organico dei musei civici di Milano, compresi il Pac e Palazzo Reale, conta 237 custodi di cui 36 guardie giurate con un mensile che va dai 1.200 ai 1.600 euro netti cui si possono aggiungere indennità e straordinari. Francesco Dodaro ne è il responsabile: "Fra la vecchia guardia e i nuovi assunti c’è sinergia" ha raccontato al Corriere. "I più anziani hanno una grande esperienza sul campo, anche su come trattare con il pubblico; i secondi hanno una preziosa formazione umanistica."
Una formazione di così alto livello, in alcuni casi, da poter essere spesa in conferenza. È il caso di Luca Tosi, trentottenne che per un giorno ha tolto la divisa d’ordinanza e si è seduto in cattedra, nella sala Weil Weiss della Biblioteca Trivulziana, per tenere una lezione aperta al pubblico sul tema "Riflessi del motivo leonardesco della Sala delle Asse nelle arti dei primi decenni del Novecento" e che a breve sostituirà il direttore Claudio Salsi a un convegno a Lisbona in preparazione del cinquecentenario della morte di Leonardo. Il che non gli impedirà di ottemperare al suo lavoro di sorvegliante classico. Perché la cultura non è mai un pericolo. Al contrario.