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Opinioni

Nicola Lagioia: “Il Salone del Libro in futuro sarà un ibrido tra tradizione e digitale”

Intervista al direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino, lo scrittore Nicola Lagioia. A Fanpage.it, il Premio Strega 2015 racconta l’esperienza digitale di Salto Extra, immagina le prospettive future e lancia una proposta: “Il Salone deve diventare un produttore di contenuti di qualità didattici e di intrattenimento.”
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Nicola Lagioia@Luigi De Palma
Nicola Lagioia
@Luigi De Palma

"Se il Salone tradizionale è paragonabile a una maratona, realizzare Salto Extra è stato come correre i duecento metri. Una fiammata improvvisa, che ha coinvolto in due settimane ogni componente della nostra squadra di lavoro, dalla parte editoriale a quella tecnico-operativa". Nicola Lagioia, direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino, che lo scorso fine settimana avrebbe dovuto tenere a battesimo la 33esima edizione della più importante kermesse libraria italiana, ci ha parlato dell'edizione speciale di Salto Extra, che nello scorso fine settimana ha ottenuto cinque milioni di interazioni. Con lo sguardo già proiettato al futuro del Salone e a quello del settore dei libri nel nostro Paese.

Iniziamo da Salto Extra. Quanto è stato faticoso mettere in piedi questo programma?

Lo è stato per il semplice fatto che abbiamo lavorato tutti, dalla parte editoriale a quella operativa, fino alla comunicazione, attraverso modalità sempre diverse e poco standardizzate. In pochissimo tempo abbiamo dovuto affrontare le specificità di ogni singolo evento, contattando direttamente gli autori, parlando con gli editori. Più o meno nello stesso tempo, la parte logistica si è attivata per gli aspetti tecnici, dall'organizzare una regia per ogni evento, al mettere in piedi una stanza virtuale per l'interprete degli ospiti stranieri, sottotitolare gli interventi. Insomma, un lavoro estenuante per cui devo ringraziare tutti.

Un aspetto che è saltato agli occhi è stato il salto di qualità delle tradizionali media partnership del Salone verso una forma nuova e interessante di networking…

C'è stato un grande gioco di squadra e di sponda, da Rai Radio3 a Rai News, fino a Rai cultura, a cavallo degli eventi online del Salone e il resto dei media "tradizionali". In un certo senso, il Salone è diventato per quattro giorni una sorta di grande network culturale attraverso diverse piattaforme. Mi sembra un esperimento interessante su cui ragionare in futuro.

Prima di parlare futuro, restiamo un attimo al presente. Cosa è cambiato nel passaggio da un salone fisico a uno completamente virtuale?

La parte che ha sofferto meno è stata quella relativo all'incontro con gli autori. In alcuni casi, anche se il contatto tra lettori e scrittori è parte fondante della storia e del DNA del Salone, mi sento di dire che è andata persino meglio. Faccio un paio di esempi. Se è vero che Zerocalcare non ha potuto incontrare i suoi lettori nel classico, chilometrico firma-copie, per altri autori l'intimità che hanno saputo creare – come quando Donna Haraway si è alzata durante la diretta per prendere un libro dalla sua libreria – ha rappresentato un elemento fondamentale per la riuscita di quest'edizione virtuale. Senza considerare che a Torino dal vivo, fisicamente, un'autrice come Haraway probabilmente non ci sarebbe venuta.

Quali gli aspetti più complessi e irriducibili a un Salone tutto online?

La dimensione fieristica del Salone è insostituibile. Anche se molti librai, in tutta Italia, hanno generosamente allestito le loro vetrine in linea col cartellone di Salto Extra, l'economia "mossa" dal Salone è tutt'altra cosa. Torino era una città completamente diversa, tra stand, biglietti d'ingresso, alberghi, ristoranti, trasporti.

Quindi siamo sempre lì. L'unica possibilità di salvezza è tornare al Novecento.

Non del tutto. Faccio un altro esempio. L'edizione extra del Salone ci ha fatto capire che un'altra dimensione economica, certamente più piccola, esiste. Ed è interessante. Come quella generata dagli sponsor che ci hanno finanziato per inserire le loro inserzioni nel nostro palinsesto. Alla fine, dato il successo in termini di contatti, si può dire che abbiano realizzato un buon investimento. Ciò mi porta a dire che le due modalità di esistere del Salone dovranno puntare in futuro a coesistere. Non pensare di sostituire l'una con l'altra, né di tornare a un modello puramente novecentesco. Ma un modello che definirei ibrido.

Non a caso i due eventi più seguiti dal pubblico sono stati quello iniziale con Alessandro Barbero dalla Mole Antonelliana e quello finale al cospetto della torre dei libri del Salone. Due simboli che ci dicono qualcosa anche sulle prospettiva future. Va bene il digitale, ma senza storia, senza consapevolezza del passato, il virtuale rischia di trasformarsi in una prateria vuota.

Sono d'accordo. E a "ibrido" aggiungo anche "sostenibile" dal punto di vista economico. Questo è ciò su cui dobbiamo interrogarci da domani, cioè da oggi.

Quale strada per il futuro?

Il Salone deve puntare a diventare un produttore di contenuti. Lo straordinario spettacolo di Fabrizio Gifuni su Aldo Moro di qualche anno fa non ci sarebbe stato senza il contributo del Salone, mentre oggi i contenuti digitali realizzati nel fine settimana rappresentano uno strumento preziosissimo di conoscenza e studio per gli spettatori in tutta Italia e non solo, se consideriamo che la maggior parte di questi interventi sono disponibili in inglese. Il Salone ha la struttura e la forza per essere internazionale, deve imparare a pensarsi come un importante strumento di informazione, didattica, conoscenza e intrattenimento di qualità.

Da kermesse novecentesca per eccellenza, a causa del Coronavirus il Salone del Libro potrebbe aver trovato la strada per entrare definitivamente nel ventunesimo secolo?

Bisogna essere cauti quando si immagina il futuro, ma anche coraggiosi. Stiamo attraversando una fase epocale sotto molto punti di vista. Nulla è escluso.

Resta il fatto che il Salone avrà sempre il libro al centro del suo progetto culturale ed economico. In che modo, dopo aver allestito le vetrine con i libri dei grandi autori, si potrebbe sostenere quei titoli che il lockdown ha stritolato?

Questo è un problema serio su cui riflettere e che necessita di risposte diverse, da un lato di carattere immediato, dall'altro più strutturale. So che molti librai, appena riaperto, hanno immediatamente attivato il sistema delle rese per far spazio ai nuovi titoli, il che ha ovviamente danneggiato chi è uscito appena prima o durante la crisi sanitaria. Il Salone del Libro potrebbe, compatibilmente con le sue possibilità logistiche ed economiche, rendere fisso l'appuntamento di questi giorni, in modo da veicolare nella propria comunità le opere di altre autrici e autori che non hanno trovato spazio in questo Salto Extra. Ovviamente questa è una risposta soltanto parziale, perché il vero problema è il modo in cui il nostro sistema economico scoraggia un modo serio e rigoroso di occuparsi di un libro e della sua promozione. C'è sempre un altro libro in uscita a cui far posto, di cui occuparci.

Peraltro in una dieta culturale sempre più affollata, in cui il libro ricopre un ruolo marginale.

Con la quarantena, il richiamo a trovare del tempo per noi e per la lettura, non mi pare abbia sortito grandi effetti. Tutti eravamo, e in parte siamo ancora, concentrati a informarci sul virus, a leggere grafici, curve del contagio. Persino le solite polemiche che in genere accompagnano il Premio Strega quest'anno sono state del tutto sopite dal virus. Adesso con la riapertura e l'inizio della Fase 2, in cui curiosamente Salto Extra ha rappresentato una sorta di cerniera, siamo allo spartiacque. Da qui in poi vaghiamo nella terra sconosciuta in cui bisognerà ripartire dai libri per intuire la direzione che prenderà il futuro…

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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