video suggerito
video suggerito

“Nella casa”: in sala la narrazione del desiderio secondo Ozon

Il film di François Ozon, in questi giorni nelle sale, è la storia di una relazione manipolatoria fra studente e professore, che racconta l’emergere dirompente dei desideri nella vita quotidiana.
A cura di Luca Marangolo
91 CONDIVISIONI
Immagine

Ci sono dei film belli e dei film interessanti. L’ultimo lavoro di François Ozon, Dans la Maison, fa parte senza dubbio di questa seconda categoria. È un film diretto con una mano fermissima, dato che sovrappone almeno quattro fili narrativi diversi: la storia di Claude, studente di liceo le cui umili origini sono celate per tutto il film, rivelate di sfuggita nel finale e implicate nell’ossessivo ripetere dell’aggettivo ‘borghese’ per definire la realtà dei suoi compagni di scuola.

Il regista François Ozon
Il regista François Ozon

C’è poi il piano della storia che Claude racconta, che racconta al suo professore di lettere, convinto che il suo allievo sia un potenziale romanziere. Il ragazzo, soggettiva e voce fuori campo, come l’esploratore di un abisso marino entra nella casa di un suo compagno di classe e narra ciò che vede: un interno elegante, una famiglia borghese e una donna dal profumo seducente; tutti elementi che trasformano un banale tema assegnato a scuola in una sorta di romanzo d'appendice con cui tenere avvinto il suo pubblico: un professore dalle aspirazioni frustrate (cliché, c’è da dire, trattato con una certa consapevolezza) e la moglie di questo professore, gallerista il cui gusto per l’arte sconfina nel parodico e nel grottesco. C’è, ovviamente, un’ambiguità su cui vivono questi due piani, quello della vita di Claude, ospite della famiglia di un suo compagno di classe, Rapha, al quale dà ripetizioni di matematica, e quello che lui immagina, racconta, riporta ai suoi fedeli lettori: la casa vissuta e la casa narrata. Sono vere le cose che Claude scrive nei compiti in classe al suo professore? Sono veramente il frutto del suo segreto spiare la vita di una famiglia borghese? O sono solo il frutto della fantasia di un abile narratore? Un narratore talmente capace nel manipolare il suo lettore da fargli credere di essere il suo ‘maestro’?

Alla fine di questa serie di domande retoriche possiamo svelare quali sono gli altri due piani della realtà di cui si compone Nella casa (Dans la maison) di François Ozon: è il piano dei desideri, dei desideri del maestro e dell’allievo, la cui vita psichica interferisce costantemente con la storia.  Il professore, suo malgrado, si trova intrappolato in un meccanismo dilatorio e fantasmatico per cui la storia, la storia di una famiglia borghese, lo coinvolge al punto da mettere in gioco la sua vita. Il ragazzo, incapace di controllare al meglio le sue capacità di narratore, confonde la vita con i suoi desideri, le sue fantasie sulla madre di Rapha con la sua esplorazione letteraria del mondo borghese.

 Dans la maison è l’adattamento di un lavoro teatrale di Juan Mayorga, uno dei drammaturghi più rappresentati in Europa, e come adattamento riesce molto bene: lo spazio e l’azione rimangono molto teatrali, sequenze statiche si alternano  a campi lunghi ipnotici e d’atmosfera. Un film dalla patina nera, meglio riuscito di lavori come Swimming Pool o Ricky, Nella casa analizza appunto questo, il sottile filo cui sono appesi i desideri che ci portano a voler raccontare o ascoltare una storia. C’è alla base l’idea non scontata che ogni racconto presuppone un coinvolgimento esistenziale sia del narratore che del lettore e che una storia, qualunque storia, non è mai innocua.

Film dichiaratamente metaletterario, che mette in scena una sorta di fiero ma sereno orgoglio per una cultura letteraria rappresentata come ormai ai margini del vivere sociale (a scuola imperano i telefonini e a nessuno interessano i libri); una cultura non per questo però spenta o inutile, che traspare dalla citazione continua nei dialoghi fra studente e professore.

Emmanuelle Seigner interpreta la seducente madre di Rapha
Emmanuelle Seigner interpreta la seducente madre di Rapha

Il gioco riesce bene: la tensione cresce, realtà e fantasia si scontrano esplodendo e, nell’osmosi fra le due, i conflitti emergono con chiarezza, così da portare ogni personaggio a trarre le conseguenze del proprio essere soggetti desideranti. Ozon ha la capacità di condurre la storia con grande precisione, modulando benissimo la tensione narrativa, giocando con un sistema di pesi e contrappesi semantici ed accenti diversi: di grande impatto la scena di Claude che, nel cuore della notte, entra nella stanza da letto dei due coniugi ‘borghesi’ e li spia a letto, con l’ipostasi nell’ombra di un surreale businessman cinese a fare da convitato di pietra, alternata all’immagine del professore che commenta la qualità letteraria della sequenza.

Il film però conserva anche i difetti del cinema di Ozon, uno fra tutti un certo malcelato autocompiacimento, per cui il regista, come del resto il protagonista del film, sembra essere incerto su come finire l’opera o, ancor peggio, sull’opzione stessa di farla finire, portandola avanti indefinitamente. Il finale, dunque, senza dubbio sembra la parte più debole e ridondante.

 Ciò nonostante, c’è da dire che Nella casa racconta bene un momento in cui ci siamo resi conto dell’efficacia delle narrazioni nella nostra vita: dopo un lungo periodo in cui non abbiamo fatto altro che subirle, in modo incosciente. Dalla pubblicità, ai telegiornali dell’era berlusconiana, alle ideologie ‘borghesi’ di fine secolo, forse oggi viviamo in un momento in cui abbiamo finalmente capito che la nostra identità, il nostro io, è una formazione di compromesso: nasce e viene stimolato, nei suoi desideri, nelle sue paure e indefinitiva nell’immagine di sè, da un compromesso narrativo attraverso il quale vive e opera. L’esibizione di questa formazione di compromesso, di questo meccanismo, è il merito e forse la fonte di successo del film.

91 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views