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Nasce “Ubiquity Land”, comunità artistica nel mezzo del deserto californiano

“Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita”: un viaggio ideale che dalla Route 66 raccontata da Kerouac porta nel cuore più profondo del deserto californiano. Alessandro Giuliano ha fatto della strada la sua vita, e del viaggio il suo ideale: nasce così “Ubiquity”, un progetto visionario che sta portando alla nascita, nel deserto californiano, di una comunità artistica senza spazi né tempo.
A cura di Federica D'Alfonso
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Non molto lontano dal Joshua Tree National Park, in California, esiste un insediamento nel deserto dedicato all’arte. Un’area di quaranta acri interamente dedicata alla creatività e allo scambio, ideata con lo scopo di analizzare la profonda relazione che esiste fra arte e luoghi fisici, fra l'ispirazione e lo spazio, condividendo allo stesso tempo idee e racconti di viaggio: è questo il progetto di Alessandro Giuliano, artista partenopeo che ha dato vita ad un progetto nato nel 2011, dal nome significativo di "Ubiquity": essere qui e ora, e allo stesso tempo in ogni luogo, sempre.

Il progetto

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La gallerista Pascale Goldenstein ha acquistato il lotto iniziale, l'Airstream, che accoglie gli artisti. Alessandro Giuliano vive nella tipica roulotte americana di alluminio, impegnato a lavorare per rendere vivibile tutta l’area, cercando far arrivare nella zona acqua e luce. Ha già spianato due strade, creato i collegamenti idrici, installato un generatore di corrente elettrica, uno scaldino e una parabola per connettersi con l’etere.

Il progetto visionario prevede la realizzazione di un’area chiamata "The Desert Yatch Club", una zona collinare dove è stato collocato quello che è il simbolo di "Ubiquity": un mezzo di trasporto abitabile e polivalente costituito da una barca di 16 metri sulla quale verranno montate due ali di aeroplano e una pala eolica come vela.

Un melting pot artistico

All’ombra dei cactus ribattezzati "Joshua" dai primi mormoni giunti in America verso la Terra promessa di Giosuè, si trova in un area distante venti chilometri dagli altri insediamenti degli artisti locali, più remota e isolata a causa anche della mancanza di servizi basilari come acqua e luce.

Quest'oasi creativa è collocata al centro di una mappa ideale che congiunge esperienze e tempi storici diversi: a metà strada fra Los Angeles e Las Vegas, a due passi da Pioneertown, un vecchio set cinematografico degli Anni Quaranta e un saloon che ospita tantissimi eventi musicali di rilievo, vicino la stazione sciistica di Big Bear Mountain e la famosa Palm Spring, cittadella Art Déco frequentata dalle star degli Anni Cinquanta. Tante le suggestioni che tornano in mente: la vicina Route 66 e il celebre Roy’s Motel and Cafe, che fanno tornare alla mente i Rolling Stones, ma anche le atmosfere di Kill Bill di Tarantino o le fotografie dell’eclettico Ed Ruscha.

La vita come viaggio

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Ogni installazione presente riconduce ad un mezzo di trasporto, reale o immaginario. Tantissimi i riferimenti letterari, dalle visioni di Philip K. Dick alla cultura beat, e quelli artistici: sono diverse le opere che hanno influenzato Alessandro Giuliano nel corso delle sue ricerche verso l’ubiquità, come l’installazione di Jona Freeman e Justin Lowe dal titolo "Stray Light Grey" presentata alla Marlborough Gallery di New York nel 2012, e il video "Man in a cube", del 2013, che racconta la storia di uno scrittore che si è creato una casa all’interno dell’Astor Place Cube, installazione di Tony Rosenthal situata nel cuore di New York.

"Marinaio, assistente di volo, viaggiatore compulsivo, qualsiasi cosa purché in movimento": il viaggio è anche il tema fondamentale della vita di Giuliano, iniziato da quando suo padre, trent’anni fa, gli ha regalato una barca. Da quel giorno Alessandro non ha più smesso di muoversi.

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