Napoli, Palazzo Serra di Cassano: va in scena lo spettacolo su Eleonora Pimentel Fonseca
Eleonora Pimentel Fonseca, Lenòr, torna a Napoli e lo fa nel luogo simbolo della Rivoluzione Partenopea del 1799, l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici che per anni è stato diretto dal filosofo Gerardo Marotta, scomparso lo scorso gennaio. Proprio dalla collaborazione tra l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e Stati Teatrali arriva a Palazzo Serra di Cassano lo spettacolo stabile che si ripeterà il primo week end di ogni mese (per dicembre l'appuntamento è fissato il prossimo 2 alle 21 e il 3 alle 19), "Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore".
Uno spettacolo con un passato e un futuro. Storico, filosofico, artistico. La sua prima edizione debuttò nel 1999 al Salone delle Feste di Palazzo Marigliano, per il bicentenario della Repubblica Napoletana. La sua seconda edizione, più completa, più dinamica, più spettacolare, ha debuttato nel gennaio del 2016 alla Sala del Capitolo di San Domenico Maggiore e da allora si sono rincorse repliche in sedi storiche, teatri, musei ma si può certo dire che di questo spettacolo la vera casa-madre è Palazzo Serra di Cassano.
Eleonora rivive a teatro nei luoghi che frequentò
E in quel Palazzo esattamente vissero e sognarono i protagonisti delle Repubblica e lì Eleonora fittamente discuteva e probabilmente amava Gennaro Serra di Cassano. E se la casa materna è Palazzo Serra certo può dirsi che la casa paterna è l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, situato nello storico palazzo e continuatore ideale dell'opera dei martiri di quella Repubblica e cuore ancora pulsante di Lénor. Da qui l'invito dei suoi genitori spirituali a rendere stabile lo spettacolo a Palazzo Serra ogni primo weekend del mese, in una programmazione sine die, o fintantoché il pubblico lo sosterrà.
La protagonista de "Il resto di niente"
Un progetto che intende offrire l'opportunità di rivivere una delle pagine più rappresentative della storia di Napoli, esatto punto di cesura tra il prima e il dopo, tramite un'opera teatrale testualmente basata su un intreccio fecondo di documenti storici tra cui ampi stralci de "Il Monitore Napolitano" e il "Processo di separazione", alcuni saggi di grande rilievo come "Cara Eleonora" di Maria Antonietta Macciocchi, romanzi storici come "Il resto di niente" di Enzo Striano, dialoghi e monologhi originali. Il tutto in una congerie di espressioni teatrali che vanno dalla recitazione al canto alla danza. Lo spettacolo racconta la vita di una piccola donna grande, del suo arrivo a Napoli da bambina, dei suoi fervori giovanili, dell'amicizia e frequentazioni nobili e reali, con la inizialmente liberale Carolina, con il grottesco re Ferdinando e con i suoi amati amici giacobini nobili rivoluzionari. In una società retrograda, crudele, ignorante, ingiusta, la Pimentel fece degli ideali di Giustizia, di Libertà, di Laicità i punti cardinali della sua vita. Vita tormentata anche per le sue umane contraddizioni, per un amato marito violento, per la tragedia del suo unico figlio perduto, di un altro figlio abortito per la violenza di quel marito. Perseguitata dal regime, di carcere in carcere riuscì a strappare l'alba di una nuova era, dove fu fondatrice e primo direttore donna di giornale della Storia e fautrice dell'unica Rivoluzione mai attuata in Italia. Pagò con la vita quando la repressione borbonica sconfisse e decapitò un’ intera classe dirigente formata dalle menti illuminate della Repubblica.
Il cast
Lenòr interpretata con grande piglio combattivo, delicatezze profonde, sfumature intense da Annalisa Renzulli, dall‘inizio alla fine in scena in cui mostra trascinanti capacità di protagonista; il Re lazzarone Ferdinando, il sordido marito Pascuale Tria, l’ineffabile giudice Speciale, il poetico Pulcinella Cammarano tradotte in scena dalla perizia e dalla fantasia di Riccardo De Luca; la divertente Capera, la feroce regina Carolina e il terribile boia creati da Francesca Rondinella qui in veste più di attrice che di cantante; Voltaire, il padre di Eleonora Don Clemente, l’infame Guidobaldi e il dolce e dubbioso padre De Forti, resi con viva drammaticità da Gino Grossi; la forza e il candore di Gennaro Serra di Cassano ridonatoci da Salvatore Veneruso con romantica sensibilità; la sensualità di Emma Hamilton rivissuta con elegante delicatezza da Lucrezia Delli Veneri; lazzari, insurgenti e plebe ben sintetizzati da una drammatica Marianna Barba e da un efficace Dario Barbato.