Napoleone, la cancel culture divide la Francia: “Era un razzista, odiava le donne”
La cancel culture si abbatte su Napoleone Bonaparte. In realtà, il problema è più complesso di così. Da un lato, infatti, il filone istituzionale dei "napoleonisti" che si prepara a celebrare il primo imperatore di Francia, nel bicentenario della morte, il prossimo 5 maggio. Data ben nota a tutti gli studenti italiani grazie al componimento poetico dedicatogli da Alessandro Manzoni. Dall'altro, invece, gli "anti-napoleonisti", che ritengono indegno per uno Stato democratico celebrare in pompa magna una figura che ha ripristinato la schiavitù. Entrambi gli schieramenti non paiono tenere in considerazione, nei loro ragionamenti, degli aspetti che sfavorirebbero una lettura storica complessa e probabilmente più realistica. Ma non c'è tempo per le sfumature, lo scontro è ormai in atto.
Alla prima fazione dei pro-Napoleone appartiene Thierry Lentz, direttore della Fondation Napoléon, secondo cui: “L’agenda di quelli che entrano in azione è volta a promuovere la cancel culture e il disamore per la nazione. L’imperatore è il loro bersaglio ideale dopo le prove generali con Colbert e Giovanna d’Arco”.
Ai secondi, invece, si iscrive tutto il movimento Black Lives Matter, che attraverso Louis-Georges Tin, presidente onorario del Cran, fa sapere: “La Francia è l’unico paese al mondo che ha ristabilito la schiavitù. Non capisco come si possa continuare a celebrare la sua memoria come se nulla fosse. Insegnare Napoleone va bene, ma commemorarlo significa fare l’apologia di un crimine”. Per la politologa e femminista, Françoise Vergès, Napoleone era un “razzista, sessista, dispotico, militarista, colonizzatore”.
In mezzo, probabilmente, il presidente Macron che il prossimo 5 maggio, in occasione del bicentenario della morte di Napoleone dovrà destreggiarsi alla ricerca di un equilibrio quasi impossibile da trovare in un dibattito polarizzato, che non consente mezze misure, né letture complesse.