Musei italiani: visitatori in aumento nel 2013. I beni culturali possono trainare la ripresa?
Del tutto inattesi ma graditi, i dati statistici relativi all’affluenza di pubblico nei musei statali italiani: nei primi 8 mesi del 2013 per i siti culturali dello Stivale è stato registrato un incremento degli ingressi.
Da gennaio ad agosto 2013 quasi 24 milioni e mezzo di persone hanno visitato le strutture statali della penisola, tra musei e siti archeologici, segnando un aumento degli ingressi dello 0,15% e procurando un incasso di circa 76 milioni di euro, l’8,1% in più rispetto al passato. Uno scarto notevole, quello tra le percentuali dei biglietti staccati e dei guadagni, dal quale si evince che si è usufruito in misura minore degli ingressi gratuiti, sia per la poca presenza di iniziative ad accesso libero (si veda la cancellazione della Settimana della Cultura), sia per l’afflusso di visitatori non rientranti nelle categorie di gratuità (per esempio, i cittadini dell'Unione Europea sotto i 18 ed oltre i 65 anni hanno diritto all’ingresso gratuito, mentre questa agevolazione non è valida per chi proviene da Paesi non comunitari).
Parlare di una sicura “ripresa dei musei” sarebbe prematuro ed esagerato, perché l’intervallo di tempo preso in esame è relativamente breve e inoltre la cifra dello 0,15% non è di certo spropositata. Tuttavia si aprono ora nuovi spiragli per un ulteriore incremento del settore cultura, quel settore che lo scorso anno, tra musei, cinema e teatro, aveva registrato un calo dell’8%. Questa volta, invece, i dati dei visitatori dei musei riportano un indice positivo, un segno più che sorprende maggiormente se si considerano i tempi di crisi, i tagli alle spese e la recessione che ha colpito tutti i settori.
Ma il fatto che tutto ciò ci sorprenda rivela un triste problema di fondo, quello per cui si dà per scontato che in un’economia in crisi il settore dei beni culturali sia tra i primi trascurabili. Al contrario, la mini-ripresa dei musei dà l’idea e l’esempio di come la cultura potrebbe e dovrebbe essere un elemento trainante per la grande ripresa dell’economia, di come il patrimonio culturale potrebbe e dovrebbe trasformarsi in risorsa economica primaria, soprattutto in un paese come l’Italia, così pieno di siti artistici non delocalizzabili e difficilmente soggetti a concorrenza. Molti “potrebbe”, molti “dovrebbe”; oltretutto si rischia di inciampare nei luoghi comuni sull’Italia, che possiede risorse artistiche e turistiche da fare invidia al mondo ma non sa goderne, non sa valorizzarle né sfruttarle… Luoghi comuni questi che troppo spesso non tengono conto del valore extra-economico della cultura: guardare al patrimonio artistico in termini di guadagno è lecito, certo, ma insieme bisogna considerare che la cultura serve alla società in termini di benessere collettivo e individuale, eleva la qualità di vita, riempie e dà senso anche alla quotidianità.
Passando ai dati, al primo posto un +17% segna il consistente aumento dei visitatori al Museo di Capodimonte, seguito da un +7,77% dell’incremento degli ingressi al Colosseo; altre cifre notevoli riguardano la Galleria degli Uffizi con un 5,13% in più di biglietti emessi e gli Scavi di Pompei il cui pubblico è cresciuto del 3,27%.
Com’è spiegabile questa crescita mentre tutti gli altri settori non registrano che cali nei consumi degli italiani? Com’è possibile, se proprio recentemente una ricerca dell’Ocse ha bocciato la preparazione culturale dell’Italia piazzandola ultima in una classifica di 24 paesi?
“I dati confermano che nei cittadini non manca la sensibilità nei confronti del nostro patrimonio”, dice il Ministro Bray di fronte alle ultime statistiche del MiBACT, sostenendo con questo che l’indice positivo del settore cultura in Italia sia provocato da un’azione degli italiani stessi, il cui interesse culturale si sarebbe risvegliato portandoli a visitare i musei “di casa”. Ma prima di suffragare questa affermazione, ci sarebbe da capire chi sono i visitatori in più, ci sarebbe da conoscerne la provenienza, perché il sospetto che si tratti di turisti stranieri è forte e abbastanza fondato.
Il settore turistico a livello internazionale ha sofferto la crisi economica meno di altri campi e proprio i turisti stranieri, anche e sempre più quelli provenienti dall’Estremo Oriente, non hanno mai smesso di visitare il Bel Paese. Potrebbe trovarsi lì l’origine dell’incremento dei visitatori nei musei italiani, a dimostrazione ulteriore che l’industria del turismo può dare ottimi riscontri. Altrimenti, o in concomitanza con la presenza dei turisti stranieri, c’è da considerare come fattore di incentivo per le visite ai siti artistici statali la serie di iniziative promosse dal MiBACT che recentemente ha anche sperimentato delle modalità di consultazione pubblica online per conoscere e soddisfare le “esigenze culturali” dei cittadini: per esempio, proprio da una consultazione pubblica supportata dal sito web del Ministero è nata la manifestazione Una notte al museo che da luglio, e fino a dicembre, ogni ultimo sabato del mese effettua l’apertura serale dalle 20 alle 24 dei luoghi della cultura statali. Incentivando l’ingresso nei musei in orari e modi inconsueti, il progetto ha ottenuto grande successo, ha registrato un’affluenza molto alta e soprattutto ha portato nei musei una nuova fetta di pubblico.
Troppo presto comunque per trarre conclusioni ottimistiche sul mondo dei musei, ancora troppo contrastanti i risultati delle indagini relative alla cultura in Italia. Infatti, nonostante le applaudite iniziative e gli indici positivi ricavati dalle statistiche, è notizia freschissima quella del crollo dei consumi culturali in Europa e particolarmente in Italia: secondo l’Eurobarometro pubblicato dalla Commissione Europea, basato su dati raccolti tra aprile e maggio 2013, l’indice di pratica culturale degli italiani è vergognosamente basso e disegna un popolo poco o per niente interessato alla cultura.
Si confermerebbe così l’idea che quello 0,15% in più di visitatori dei nostri musei non sia “di casa”, ma probabilmente provenga da lontano, dalla Cina, dal Giappone. Dunque, nella speranza di un rinnovamento sostanziale per l’Italia, ben vengano almeno i turisti cinesi a migliorare le statistiche dei nostri beni culturali.