Musei, buoni propositi per il 2018: meno matrimoni e più manutenzione
Potere di un'immagine. È bastato pubblicare la foto di un uomo seduto a cavalcioni su un leone di marmo che adorna una delle scalinate interne della Reggia di Caserta, nell’intento di addobbare con i fiori il corrimano in vista di un matrimonio, per riaprire l'eterna querelle sull'uso più o meno legittimo dei beni culturali a uso privato. Attività utile a rimpinguare le casse dei nostri beni culturali costretti a barcamenarsi con sempre meno risorse, oppure mostruosa mercificazione del nostro patrimonio da impedire a ogni costo? Mai questione fu più divisiva. Resta sul tappeto il nervo scoperto del nostro modo di intendere la gestione e la tutela della cultura nel nostro Paese. Forse, al di là di inutili fazioni, andrebbe semplicemente regolamentato meglio il ruolo dei privati nel sostegno all'immenso patrimonio culturale italiano. Non tutte le aziende sono uguali. Può essere un museo decidere a chi debbono rivolgersi coloro che vogliono utilizzare un bene pubblico, tanto per dirne una?
Per onore di verità, va chiarito che mai come negli ultimi anni, sotto la direzione di Mauro Felicori, la Reggia di Caserta ha vissuto un momento più felice. Da un punto di vista delle presenze di visitatori (nel report 2017 del MiBact è uno dei siti della Top 30 italiana che vanta uno dei maggiori ritmi di crescita), così come nel tentativo di sostenere con risorse private pezzi di quell'enorme bene monumentale e ambientale che rappresenta l'intero complesso della reggia vanvitelliana. Non solo attraverso il noleggio delle sale monumentali per matrimoni e feste (peraltro, svolte sempre in modo da non intaccare la fruizione di visitatori e cittadini), ma anche e soprattutto attraverso la partecipazione di imprese e realtà del terzo settore nella gestione di pezzi del parco e della stessa Reggia che altrimenti sarebbero rimasti vuoti e inutilizzati.
Detto ciò, non bisogna nascondersi dietro un dito. L'immagine che ha fatto il giro del web evidenzia un problema di gestione nel rapporto con i privati che non può essere sottovalutato. A tutela dei cittadini e anche di quei privati che lavorano bene e nell'interesse della collettività. Questo discorso vale non solo per la Reggia di Caserta, ma in generale per il patrimonio culturale del nostro Paese. Pena il ritorno a una disputa tra approcci ideologici che non può far bene a nessuno. Perché se in nome di un sano realismo si chiede flessibilità di pensiero a quanti ritengono, così come il dettame costituzionale prescrive, sacro e inalienabile il ruolo pubblico di un bene culturale, allo stesso tempo bisogna che quanti sostengono il ruolo dei privati nella cogestione di un bene culturale, siano capaci a loro volta di non trasformarsi in ideologi della non-ideologia. Il manicheismo è un pericolo che corriamo tutti.
Più che a un singolo direttore, dunque, è al ministro Dario Franceschini che bisogna appellarsi. Dopo svariati anni trascorsi a fare promozione e comunicazione del proprio patrimonio culturale, è arrivato il momento della manutenzione. Utilizzare le maggiori entrate realizzate in questi anni per tutelare di più e meglio il nostro patrimonio. E regolamentare in maniera ferrea il rapporto con i privati. Ne abbiamo tutti da guadagnare.