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Modena, al debutto in teatro ‘La classe operaia va in paradiso’ scritta da Di Paolo

Al Teatro Storchi di Modena debutta “La classe operaia va in paradiso”, spettacolo liberamente ispirato al film di Elio Petri con Gian Maria Volonté, su testo di Paolo Di Paolo e per la regia di Claudio Longhi.
A cura di Redazione Cultura
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Non sempre "La classe operaia va in paradiso" è stato l'indiscusso capolavoro cinematografico che oggi conosciamo. All'epoca dell'uscita in sala, e nonostante la vittoria della Palma d'Oro a Cannes nel 1972, il film di Elio Petri trovò davanti a sé un fronte comune trasversale e interclassista (dai sindacati agli industriali, per intenderci) che lo contestò duramente. Nel tempo, anche grazie alla progressiva rivalutazione, fin quasi alle soglie della santificazione di Gian Maria Volonté, questa pellicola è diventata una pietra miliare del cinema e di quella "sociologia dei processi lavorativi" che ancora oggi non smette di interrogare nel nostro Paese intellettuali, scrittori e registi.

Su queste basi arriva, da stasera 31 gennaio e fino al 4 febbraio, per poi successivamente andare in tour, la mise en scène de "La classe operaia va in paradiso", al Teatro Storchi di Modena, ultima produzione di ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, liberamente tratta dal film di Elio Petri (che vantava la sceneggiatura dello stesso Petri e di Ugo Pirro) su testo di uno degli scrittori under 40 più interessanti della scena italiana, Paolo Di Paolo.

La regia dello spettacolo è di Claudio Longhi, mentre in scena ci sarà un nutrito drappello di attrici e attori: Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell'Utri, Simone Francia, Lino Guanciale, Diana Manea, Eugenio Papalia, Franca Penone, Simone Tangolo, Filippo Zattini. Scopo dichiarato, a quasi cinquant’anni dal suo debutto sui grandi schermi, di tornare allo sguardo scandaloso ed “eterodosso”, ferocemente grottesco, del film di Petri per provare a riflettere sulla recente storia del nostro Paese, con le sue ritornanti accensioni utopiche e i suoi successivi bruschi risvegli.

Lo spettacolo

La vicenda dell'operaio Lulù Massa, stakanovista odiato dai colleghi, osannato e sfruttato dalla fabbrica BAN, che perso un dito scopre per un istante la coscienza di classe, si intreccia qui con le vicende che hanno accompagnato la genesi e la ricezione contestatissima del film. Infatti, accanto ai grotteschi personaggi della pellicola, si alternano sulla scena lo sceneggiatore e il regista, qualche spettatore e alcune figure curiose e identificative della nostra letteratura a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.

Lo spettacolo è costruito attorno alla sceneggiatura di Elio Petri e Ugo Pirro, ai materiali che ripercorrono la loro officina creativa, a come il film è arrivato al pubblico di ieri e di oggi, e a piccoli capolavori della letteratura italiana di quegli anni, ricomposti in una nuova tessitura drammaturgica dallo scrittore Paolo Di Paolo, che nelle sue note mette a fuoco la questione relativa alla  storicizzazione del film di Petri nel nostro orizzonte

La questione fondamentale era vedere l'attrito che produce una cosa remota dentro un orizzonte contemporaneo. Sempre però non nell'ottica di recuperare o di riproporre. La nostra conoscenza è comunque al presente: pure quando conosciamo il passato è come somma di presenti. Si tratta di capire cosa genera un corpo estraneo letto dentro questo presente. L'interessante è vedere come oggi fa reagire. È interessante sia a livello formale che contenutistico, perché sono storie e figure di un altro secolo, certo, ma legate a un tema che è ancora scottante.

Il tutto poi è intessuto dentro le seducenti e algide geometrie musicali di Vivaldi, riviste per l'occasione e “rotte” qua e là da canzoni dolci e amare dell'Italia alla fine del boom.

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