Questo non è un articolo di cronaca culturale e non è nemmeno la presentazione di un premio letterario. D'altro canto, non vuole nemmeno essere uno di quei pezzi emotivi da dare in pasto agli stomaci dei lettori. Quindi, come succede sempre in questi casi, sarà un po' l'uno e un po' l'altro e resterà un pezzo sghembo, senza capo né coda.
Piccola premessa personale: non conoscevo bene Francesca Del Rosso, l'ho incontrata una sola volta, durante una bella serata milanese nel 2014 in cui si presentava un mio romanzo a una piccola ma interessante iniziativa, messa in piedi da una trio di donne e giornaliste: Alessandra Tedesco, Annarita Briganti e Gabriella Grasso. Il format era semplice quanto efficace: loro ti chiamavano a presentare il tuo libro in una casa dove ad accoglierti c'erano stuzzichini e persone simpatiche e interessate ai libri. Wondy era lì.
Naturalmente sapevo del suo libro, perché all'epoca avevamo in comune l'editore e perché in quel periodo se ne parlava molto. Sapevo anche della sua malattia, ma anche che "quella cosa" era stata debellata. Ovviamente non era così, però così mi fu presentata la situazione. In fondo, ero un estraneo: perché avrei dovuto avere altri informazioni?
Per quel che ho potuto intuire di lei quella sera, Francesca mi sembrò una ragazza divertente e arguta, aveva due occhi molto belli. Mi sentii un po' a disagio nel parlare del mio romanzo, in cui il protagonista si ammalava di tumore, al suo cospetto. Come tutti conoscevo l'esperienza della malattia, ma non in prima persona, e fu così che pensai: ecco, stai parlando di un finto tumore davanti a una persona che ne ha uno vero, tutta la letteratura e il talento del mondo non ti serviranno a nulla se continui a vivere di quest'artificio che sono le storie! Non voglio dire che da quella sera ho cominciato a ripensare il mio modo di essere uno scrittore e di raccontare storie, ma è proprio quello che dovrei dire se questo pezzo riguardasse la mia scrittura. E non riguarda la mia scrittura, ma Wondy.
Qualche tempo dopo ho rivisto Francesca Del Rosso in televisione – credo da Daria Bignardi – poi l'ho persa di vista, successivamente mi sono accorto che era uscita con un nuovo libro, intanto io stavo lavorando a un altro romanzo, stavolta senza artificio e senza i tumori degli altri. Ho cominciato a occuparmi di giornalismo culturale, un giorno accendo il Pc e scopro che Francesca Del Rosso è morta. Seguo la sua vicenda con attenzione. Come molti resto colpito e affondato dalla lettera di suo marito, Alessandro Milan – che non conosco – e dal fatto che gli amici si riuniscono in un bar per brindare alla sua memoria. Sono uno scrittore, è vero, ma anche un uomo del Sud, il mio corredo culturale è strutturalmente inadatto a concepire la morte come un evento per cui brindare, ma credo sia proprio questo il punto: la vita e la morte di una persona che hai appena sfiorato, il modo in cui la sua memoria viene portata avanti dagli amici e dai suoi cari, può germogliare nella quotidianità di noialtri con una potenza che nemmeno immaginiamo. D'altro canto, è il concetto stesso di resilienza (la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi) scolpito nelle nostre esistenze: trasformare il dolore in opportunità. Non mi sembra una cosa di cui vergognarsi, né da nascondere.
E così, in barba a ogni articolo giornalistico che si rispetti, siamo al Premio Wondy di letteratura resiliente "in memoria della giornalista e scrittrice Francesca Del Rosso", che sarà presentato martedì 24 ottobre alle 12 presso la Highline Galleria di via Silvio Pellico a Milano. La conferenza sarà coordinata dal marito di Wondy, Alessandro Milan, e vedrà la presenza dei giurati Daria Bignardi, Luca Dini, Donatella Di Pietrantonio, Emanuele Nenna, Paola Saluzzi, Gianni Turchetta e in video del Presidente, Roberto Saviano, oltre che di Chiara Gamberale e Paolo Cognetti. Dopo la conferenza, come recita il comunicato stampa che ho trovato in mail qualche giorno fa, seguirà un rinfresco sui tetti di Milano dove sarà allestita la mostra fotografica "In viaggio con Wondy". Per chi non ha avuto la fortuna di conoscere Francesca Del Rosso e nemmeno di sfiorarla una sera a Milano qualche anno fa, potrebbe essere un buon modo per iniziare a farlo.