Michelangelo Buonarroti. 450 anni fa moriva il “divino” artista
Se dico Michelangelo Buonarroti, quale immagine ti viene in mente?
La Pietà, il David, il Giudizio Universale, la Creazione della Cappella Sistina, ma anche i Prigioni, il Mosè, il Tondo Doni… A quella domanda, la mente si affolla di capolavori. Di persona in persona, la risposta quasi mai è la stessa, come accadrebbe invece probabilmente con la Gioconda leonardesca. E dunque, quanti capolavori, ormai parte del nostro immaginario, sono opera di questo artista? Il più completo e autentico genio del Rinascimento, che già il Vasari definì “divino” ed inserì, unico vivente, nella prima versione del suo catalogo di Vite de' più eccellenti pittori, scultori, e architettori.
Il 18 febbraio 1564 Michelangelo Buonarroti moriva, poche settimane prima di compiere 89 anni, nella sua casa romana di Macel de' Corvi, zona all’imbocco dei Fori Imperiali distrutta a inizio secolo per la costruzione dell’Altare della Patria. Oggi resta solo una targa commemorativa, in un angolo recondito di Piazza Venezia: “Qui era la casa consacrata dalla dimora e dalla morte del divino Michelangelo”. In quella casa il “divino” stava lavorando alla Pietà Rondanini, una delle sue opere più drammatiche e innovative, fatalmente mai portata a termine. Toscano di nascita e di formazione, viveva a Roma già da 30 anni, ma Firenze pretese ed ottenne di tributargli grandi onori funebri e ospitare la sua tomba in Santa Croce, in un sepolcro monumentale progettato dal Vasari, dove tre figure piangenti rappresentano la pittura, la scultura, l’architettura.
Michelangelo fu tutto questo, fu tutte le arti, fu il Rinascimento e l’Umanesimo, fu il classicismo e l’anticlassicismo, la regola e l’anticonformismo, l’amore e la rabbia, la committenza e l’indipendenza. È noto il carattere impetuoso e irascibile del genio, così come il rapporto tumultuoso, appassionato e altalenante che ebbe con i suoi potentissimi committenti: con i Medici di Firenze, con i cardinali, con i pontefici più influenti del XVI secolo, Giulio II, Leone X, Clemente VII, Paolo III. Richiestissimo, era una celebrità e il valore di mercato dei suoi lavori divenne molto alto già mentre lui era in vita, cosa rara per l’epoca. Altrettanto rara, se non unica, fu la scelta del Buonarroti di farsi imprenditore di se stesso: tali erano la sua bravura e la consapevolezza del proprio talento che acquistava blocchi di marmo da lavorare, anche in assenza di specifiche committenze, orgogliosamente certo del fatto che le sue opere sarebbero state richieste.
La vita del Buonarroti fu indubbiamente travagliata. Ciononostante, tra incarichi affidati e ritirati, tra odi e intrighi di chi lo invidiava, tra ambizione, fatica e tenacia sovrumane, Michelangelo ha segnato la storia dell’arte occidentale: ci ha regalato, quando aveva solo 22 anni, il dramma umanissimo, lucente e elegante della raffinata Pietà vaticana e, dopo poco, il titanico e pensoso David, nuovo modello di eroe rinascimentale. Realistica, essenziale ma espressiva, la scultura era l’attività prediletta dal Maestro, a suo dire, artista “del levare” piuttosto che “del mettere”: si avventava sui blocchi di marmo con impeto, a scavare qualcosa che sembrava dovesse semplicemente essere liberato. I Prigioni, esempi apicali del non-finito michelangiolesco, mostrano come la figura sembri imprigionata nella pietra, necessitando per questo dell’intervento “divino” dell’artista.
La pittura, invece, non gli era del tutto congeniale… Sì, suona strano a dirsi di chi ha dipinto centinaia di metri quadri della Cappella Sistina! Ebbene, Michelangelo si è messo sempre alla prova, ha accettato la sfida, ha faticato e sofferto fisicamente, lavorando da solo su alti ponteggi, lasciandosi gocciolare il colore sul viso e sulla barba perché costretto a dipingere in posizioni assurde; così facendo, ha realizzato alcune tra le immagini più amate, riprodotte e citate di tutti i tempi, basti pensare a quell’incontro di mani della Creazione di Adamo, nelle Storie della Genesi sulla volta Sistina: quegli indici sollevati che si puntano ma non si sfiorano sono diventati icona della cultura occidentale. La pittura di Michelangelo è scultorea e brillante: figure possenti e monumentali, dalla plasticità prepotente e dalla gestualità semplice ma eloquente. È la celebrazione della bellezza del corpo umano. La grandiosità e l’espressività si accentuano nell’altro capolavoro michelangiolesco della Cappella, il celeberrimo Giudizio Universale: l’insolito clima di inquietudine, il caos, i santi senza aureola, il Cristo giovane e imperioso, ma soprattutto la nudità delle circa 400 figure rappresentate fecero sì che l’artista – ritrattosi nella pelle scuoiata di San Bartolomeo – fosse accusato da molti di immoralità e oscenità. Nel gennaio del 1564 il concilio di Trento dispose che le figure venissero “vestite” dai panneggi del pittore Daniele da Volterra (in parte rimossi durante dei restauri novecenteschi). Ma prima che l’azione di censura avesse inizio, Michelangelo morì. Esattamente 450 anni fa.
Mostre, convegni, eventi che celebrano questo anniversario non potevano mancare: aperta da oggi fino al 18 maggio, alla Galleria dell’Accademia di Firenze c’è la mostra Ri-conoscere Michelangelo che riflette sulla scultura del Buonarroti nella fotografia e nella pittura dall’Ottocento ai giorni nostri; sempre a partire da oggi e fino al 18 aprile, sempre a Firenze, l’Archivio di Stato ospita Storia di un primato mondiale. 450 anni dell’Accademia delle Arti del Disegno e l’insegnamento accademico delle belle arti a Firenze. Da Michelangelo alla contemporaneità; ancora da febbraio ad aprile, il Museo Casa Vasari di Arezzo mette in mostra Il rapporto tra Michelangelo e Vasari nelle lettere e nei disegni; Casa Buonarroti invece ha in programma La forza del mito – i progetti per la facciata di San Lorenzo a Firenze, dal 18 marzo al 2 giugno, mentre dal 18 giugno al 20 ottobre presenterà l’esposizione Michelangelo e il Novecento.