La maturità per i liceali italiani è arrivata, con tutte le conseguenze emotive che la caratterizzano, secondo uno spettro che tendenzialmente spazia dalla paura all’ansia. Desidero, allora, rivolgere un pensiero ai ragazzi italiani che stanno in questi giorni affrontando la maturità. Un pensiero che è anche un’esortazione, rigorosamente non richiesta e, proprio per questo, totalmente gratuita. Oltre alla tensione per la prova, vi è quella relativa all’indecisione circa il loro futuro, le scelte da prendere, la facoltà universitaria cui iscriversi.
Mi permetto, allora, di impartire un consiglio non richiesto: cari maturandi, evitate le facoltà organiche al capitale, tipo ingegneria gestionale ed economia, ossia quelle che promuovono il “cretinismo economico” (Antonio Gramsci) e il “calcolo senza pensiero” (Martin Heidegger). Scegliete, finché siete ancora in tempo, la via del pensiero libero e ribelle. Seguite la strada delle passioni e ricordate: gli affetti sono più importanti dei concetti.
Oltre al grigio mondo dei profitti e del calcolo, v’è ben altro. Qualcosa di diverso e che vale assai di più, seppure secondo un valore diverso da quello monetario con cui siamo avvezzi a misurare ogni cosa. Così scriveva Platone nel Protagora (312 b):
Apprendesti ciascuna di queste discipline non per imparare una tecnica (techne), cioè per diventare un professionista delle medesime, ma esclusivamente per la tua educazione spirituale (paideia), come si addice a un privato o libero cittadino.
È qui il centro della questione. Il nostro compito è di diventare esseri umani in senso pieno, cioè di formarci, di scolpire la nostra “statua interiore” (Plotino, Enneadi). È questo il compito della “cultura” (paideia) come formazione umana, come coscienza storica e critica, come consapevolezza delle proprie radici, del proprio orizzonte storico e della propria progettualità.
Tutto il resto – seguendo Platone – è “tecnica” (techne), sapere parcellizzato e professionale, che forse gioverà a trovare un impiego nel “magnifico” mondo del lavoro flessibile e precario, ma che in ogni caso mai varrà a formare le anime e la nostra statua interiore.