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Massimiliano Virgilio in libreria con “Arredo casa e poi m’impicco” (INTERVISTA)

È da poco uscito in libreria per Rizzoli “Arredo casa e poi m’impicco” terzo romanzo di Massimiliano Virgilio, autore di “Più male che altro” (2008) e “Porno ogni giorno” (2009). Siamo andati a trovarlo per scoprire tutti i retroscena del libro e per vedere da vicino la vera protagonista della storia: la sua casa di Capodichino.
A cura di Andrea Esposito
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Massimiliano Virgilio, scrittore napoletano trentacinquenne, torna in libreria con “Arredo casa e poi m’impicco” (Rizzoli) dopo il buon esito di “Più male che altro” (2008) e “Porno ogni giorno” (2009). Secondo Goffredo Fofi, suo principale sponsor critico, “Virgilio segue una strada diversa da quelle preferite dai giovani scrittori, e affronta con un umorismo spesso feroce le contraddizioni di un presente faticoso […] accostando alla commedia all’italiana migliore, monicelliana […] certi libri della controcultura di un tempo, tra Southern e il primo Richler”.

Scritto in prima persona, “Arredo casa e poi m’impicco”, è l’autobiografia di Michele, un giovane scrittore che si ritrova a trent’anni, e due insuccessi editoriali alle spalle, con addosso il peso di un mutuo ventennale, l’incombenza di arredare casa e un nuovo romanzo da licenziare, intitolato per l’appunto “Ragazzo solo con mutuo”: «Ho cominciato a scrivere questo libro il giorno del mio trentesimo compleanno.  – spiega l’autore – Mia madre mi fece notare che alla mia età lei aveva già la sua cucina e papà il suo televisore, ed io invece stavo ancora a casa e non avevo né l’una né l’altro».

Nella prima parte del romanzo Michele trasloca nella sua nuova casa, “un antro” situato nel popoloso quartiere di Capodichino, appena fuori il centro di Napoli, scoprendo a mano a mano tutti i lati oscuri dell’immobile che l’astuto agente gli tenuto aveva nascosto. Ma la vera scoperta di Michele è il mondo dell’arredamento di massa, fatto di nomi e prezzi, di oggetti “must” che donano carattere all’ambiente: “Mi sono reso conto – prosegue l’autore – che più compravo oggetti per riempire gli spazi, più aumentava una sorta di eco all’interno della stanza”.

Massimiliano Virgilio imbastisce con un’ironia caustica che fa da argine alla disperazione una trama in cui il realismo è contrappesato da momenti speculativi, dove la solitudine di una casa vuota (“quando è che può definirsi arredata?” si chiede il protagonista) diventa il trampolino di lancio per dialoghi impossibili con i propri miti letterari: dal giovane Holden di Salinger, Arturo Bandini di John Fante, a Martin Eden di Jack London. Insomma, una brillante commistione di autofiction, (genere d’elezione per la narrativa contemporanea) e romanzo di formazione tenuta costantemente in bilico tra due dei temi prediletti dall’autore; la banalità del quotidiano e la morte. In altre parole, riprendendo il titolo: “Arredo casa”, vale a dire, appago il desiderio di messa in ordine della mia vita, e poi però “m’impicco”, ponendo fine a questa inutile sarabanda.

La seconda parte del romanzo vede Michele alle prese con un ex regista, l’italoamericano Daniel J. Russo, che negli anni ’60 si è arricchito col porno e ora, redento, progetta un film su padre Pio dal titolo “Devozione”. Il protagonista per alleggerire la pressione della rata mensile, accetta di scriverne la sceneggiatura e per svolgere le ricerche si reca sia a Pietrelcina che a San Giovanni Rotondo. Qui l’ironia della prima parte prende una virata picaresca e scanzonata con qualche incursione tra il grottesco e l’esistenziale, prima di evolvere ancora nel finale, su cui però sorvoliamo per non rovinare la sorpresa.

Nel corso della lunga intervista che Virgilio ci ha concesso, peraltro proprio nella casa protagonista del suo romanzo, l’autore ci ha raccontato le sue passioni, i progetti futuri e la sua personale idea di scrittura: “Per me la letteratura è metodo, non ha tanto a che vedere con una capacità inventiva costante, quanto con la disposizione a ritrattare, rimodulare continuamente una stessa idea, prima ancora di farla leggere al tuo editor o a un amico. Per me questo occupa il 90% del tempo”. Poi passa a spiegarci come si destreggia tra radio, teatro e letteratura: “Io scrivo drammaturgie con un programma con cui in America si realizzano le sceneggiature: voglio dire, la mia è una ricerca continua di incastri, coincidenze, possibili ibridazioni tra i linguaggi. Non sono un conservatore, mi piace mescolare stili differenti per cercare di tirarne fuori qualcosa di nuovo, di contemporaneo”. In conclusione ci racconta dei suoi film preferiti e soprattutto di serie tv: “Ho molto amato ‘Nebraska’ di Alexander Payne, e naturalmente sono un grande fan di ‘Breaking bad’, e ‘Six feet under’.

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