Marracash a Fanpage: “Ho vissuto una crisi personale, oggi canto un maschio diverso dal racconto tossico del rap”

Il rap italiano contemporaneo non può prescindere dalla trilogia di Marracash formata da Persona, Noi, loro e gli altri e È finita la pace, ultimi tre album del rapper di Barona che hanno inserito nel rap mainstream tematiche sociali e civili, importanti, dando anche una sferzata al linguaggio tanto criticato del genere. Lavoro, Politica, sesso, rapporti di genere, relazioni, Marracash ha analizzato e scandagliato questi e altri temi, facendolo con una riflessione e profondità difficile da vedere prima di quest'album: conscious potremmo dire, di certo una consapevolezza sempre più spiccata, che prima era sporadica e poi s'è fatta sistema. Abbiamo parlato di questo e altro con Marracash che nei giorni scorsi ha pubblicato il nuovo singolo Lei – che arriva dopo il successo de Gli sbandati hanno perso – e a poche settimane dal suo tour negli stadi che dopo la data zero a Bibione (VE), partirà il 10 giugno 2025 dallo Stadio Diego Armando Maradona di Napoli, per proseguire sabato 14 allo Stadio Olimpico Grande di Torino, mercoledì 25 e giovedì 26 allo Stadio San Siro di Milano, lunedì 30 allo Stadio Olimpico di Roma e sabato 5 luglio allo Stadio San Filippo di Messina.
Dove pensavi di essere a 45 anni, quindici anni fa?
Non sono uno che pensa molto al futuro, anzi sono uno che pensa tantissimo al passato, sono una persona un po' malinconica, raramente progetto e programmo.
Hai cominciato a fare una trilogia, quando hai capito che c'era bisogno di arrivare a questo cambiamento? Hai riportato una serie di istanze e di idee al centro di un mondo che spesso è visto dall'esterno come futile.
Tutta questa cosa è nata spontaneamente, nel 2019 non avevo programmato né di fare una trilogia, né di cambiare qualcosa. È nato tutti da un'urgenza personale, dal superamento di una crisi che ho affrontato sulla mia pelle, che poi ho rappresentato in un disco che era Persona in cui forse l'elemento più innovativo di quel disco era proprio quello, un rapper, un genere molto machista, che invece si apriva e parlava delle sue difficoltà. Sono contento che abbia messo il germe anche di una rappresentazione del maschio diversa, che poi negli anni è andata avanti.
È come se chiudessi il cerchio con Lei: "Non è mia, non sono suo", contro l'idea del possesso dell'altra persona. Lei è un messaggio importante, anche dopo Crudelia?
Sì, Lei è anche un po' la chiusura di un cerchio, perché in questi tre album ho parlato spesso delle relazioni personali in diversi modi e anche questa è una cosa che ho vissuto sulla mia pelle perché questa ricerca è quella che poi, secondo me, un po' tutti affrontano nella vita, no? Ovvero quella di trovare la persona più adatta a noi, benché trovo che spesso l'amore sia rappresentato in maniera fuorviante.
Ovvero?
C'è un po' un indottrinamento su questo fantomatico amore, visto un po' come un Santo Graal, mentre secondo me, invece, c'è bisogno di spiegarlo in maniera più realistica. Ovvero che l'amore è anche una cosa molto difficile, una cosa che necessita di molto impegno. Trovo che le relazioni siano la cosa più difficile da fare nella vita. Per me il possesso dell'altro è forse il grande male delle relazioni, l'ultima cosa da abbattere per ripensare il modo di stare insieme, perché forse quello dei nostri genitori è un po' andato. Per me la frase chiave di Lei è "lei non esiste" ma anche "non credo che sia un problema". Insomma, accettare anche il fatto che non esiste una persona perfetta che ti completa, cioè devi avere a fianco una persona che aggiunge e non che completa, secondo me.
Penso che Factotum il pezzo italiano più politico degli ultimi anni… È un pezzo importante che rimette al centro una questione come quella del lavoro a cui tu tieni tanto. Quanto pensi che questo messaggio arrivi anche a un pubblico più giovane?
Non lo so quanto arrivi ai giovani, però è una domanda che mi sono fatto anch'io. Non ho scritto il pezzo pensando di buttarla in politica, ma l'ho scritto perché volevo parlare di me, in un percorso come quello di questa trilogia in cui volevo recuperare l'identità, quella parte della mia vita, una parte che mi definisce molto. Questa canzone fa molto parte della mia identità, perché tutte le cose di cui parlo, proprio i lavori che cito, li ho fatti tutti. Per me è un pezzo completamente autobiografico.

Il tuo è un discorso che affronta la questione della lotta di classe e della differenza di classe. Mi interessa capire, dal punto di vista di quello che sei diventato adesso, se esiste una contraddizione. Com'è parlare di questa cosa, quando in qualche modo hai avuto la forza di superarla ed essere oggi dall'altra parte?
Per me è completamente in continuità con quello che ho sempre fatto. Per esempio Factotum mi riporta a un pezzo che avevo fatto tanti anni fa che si chiama La danza della pioggia che in qualche modo era un po' il seme di questa cosa. Quello che ho capito negli anni è che il rap, che si basa su questa narrazione del riscatto personale, senza una dimensione collettiva rimane fine a se stesso. Alla fine di tutto è forse la cosa che mi interessa di più, poi forse per me è più facile parlare di collettività dal momento che ho messo già al sicuro il mio personale, però non mi sembra contraddittoria questa cosa.
Come ti puoi nei confronti di un pubblico che poi nei tuoi brani cerca delle soluzioni, dei modelli?
Secondo me il pubblico cerca molte risposte, in questo momento, un po' da tutti. Quindi secondo me molta gente trova nella mia musica o cerca nella mia musica anche delle soluzioni. Sono una persona che c'è passata e riesce a parlarne, questo secondo me ispira le persone anche a trovare delle soluzioni, penso sia bello.
Mi piace che avevi fatto riferimento a Volevo essere un duro che in qualche modo poteva descrivere il Marra che è oggi. Volevo essere un duro è un messaggio che in qualche modo potevi accettare anche tu?
A me piace il fatto che sia una cosa originale. Credo che Lucio Corsi abbia dato un segnale forte in questo Sanremo, quello di uscire dagli schemi, e così è venuta fuori tantissimo la sua identità, il suo modo di vedere le cose e questo secondo me, oggi, si è un po' perso, è tutto molto appiattito. Paradossalmente viviamo tempi in cui siamo apparentemente liberissimi, molto più di una volta, ma la realtà è che invece c'è un appiattimento strisciante, per questo è stata figa la roba di Lucio Corsi perché, appunto, usciva completamente dallo schema. Ed è figo, più che altro, che sia arrivato così in alto, non penso che qualcuno ci avrebbe scommesso un euro.
Polemiche, giovani, nuovi rapper, tu conosci bene l'ambiente, sai bene cosa vuol dire, conosci l'egotrip tc. Come risponde, uno che ha fatto la Storia del rap a chi adesso si confronta come se fosse tutto nuovo, dall'egotrip, appunto, all'AutoTune, e non capisce e critica.
L'hai un po' detto tu, non capisce e critica. Mi sembra anche assurdo perdere del tempo a parlare dell'Autotune che esiste da tantissimi anni ed è semplicemente un effetto. Dire che quella cosa là modifica la voce, allora vorrebbe dire togliere i riverberi, togliere l'eco, togliere gli effetti che sono dati per assodati ormai da 50 anni. Per quanto riguarda invece il materialismo, un'altra delle polemiche che tocca il rap, bah, su alcune cose ogni tanto sono d'accordo anch'io. È interessante quando vedi un ragazzo che magari viene da una situazione difficile, che ti sbatte in faccia le cose che si è comprato, robe così, però perché veramente non era destinato a quelle cose, allora in quello c'è una carica rivoluzionaria: vedere un emigrato di seconda generazione che si trova in questo momento ad avere un Paese contro e che in qualche modo, malgrado sia cresciuto in comunità, non abbia i genitori, riesce a farsi un giro su una Lamborghini e te lo vuole far vedere sui social, secondo me è anche figo, perché comunque dà fastidio e il rap deve dare fastidio.
Però?
Però purtroppo in tanti altri casi è completamente fine a se stesso, in più questa pratica dello showin' off, che era rap tanti anni fa, adesso si è allargata a tutta la società, per cui sono tutti a flexare sui social, non solo i rapper, anzi, e questa cosa qui la trovo tossica.