Malika Ayane madrina al Pride di Napoli: “Se lo si considera divisivo vuol dire che c’è molto da fare”

Malika Ayane ha pubblicato il nuovo sigolo “Sottosopra” che anticipa un album che uscirà nei prossimi mesi e a giugno sarà madrina del Pride di Napoli. L’intervista per Fanpage.
A cura di Francesco Raiola
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Malika Ayane (ph Francesco Galgano per Fanpage)
Malika Ayane (ph Francesco Galgano per Fanpage)

Malika Ayane è tornata con una nuova canzone, Sottosopra e il 29 giugno sarà madrina del Pride di Napoli. È un periodo impegnato per la cantautrice che ha deciso di esplorare nuove strade per quanto riguarda la ricerca musicale, voglia di mescolare le carte, come spiega a Fanpage, in attesa di scoprire cosa succederà nel suo prossimo album, per adesso ancora in lavorazione e nel suo tour nei teatri che Ayane terrà a novembre e dicembre. Intanto a giugno sarà a Napoli come madrina del Pride e a questo proposito spiega che finché sarà considerato ancora divisivo c'è ancora un enorme lavoro da fare.

Parliamo di Sottosopra, scritta sempre con gusto, giocando con pop e tappeto elettronico.

Sottosopra è l'inizio delle carte molto mescolate: non è un'anomalia, perché secondo me c'è tanto di tutto quello che sono stata e sono sempre, ma contemporaneamente è diverso da tutto il resto che in questi due anni con Pacifico e Andrea Bonomo abbiamo tirato fuori rispetto alle altre varie squadre di scrittura. Abbiamo mollato sempre di più l'ossessione per la narrazione del tempo, con la voglia di raccontare finalmente degli attimi in purezza, un'idea che inseguo da tanti album.

E questo switch come è avvenuto?

Temo che lo switch sia avvenuto un po' invecchiando, banalmente, quando l'esperienza inizia non tanto a contare da un punto di vista di analisi, di bilanci, ma proprio a prendere piede in un modo tale che neanche te ne accorgi, succede e basta. Arriva un momento in cui parli di meno e vai molto più all'obiettivo, senza grosse passioni nel doverlo dimostrare, succede e basta ed è molto bello, ti accorgi dopo di che punto hai toccato.

Che aspettativa c'è quando lanci una canzone in questo periodo discografico?

Che le persone che si aspettano da me della sostanza possano trovarla, anche se non la riconoscono in tutto quello che magari si aspettavano e che contemporaneamente possa anche un po' spiazzare, infatti il lavoro con ESTREMO (che ha prodotto la canzone, ndr) penso sia servito anche a questo. L'identità, se hai la fortuna di poterla avere, la devi rispettare, altrimenti prendi tutti in giro e poi non ti segue più nessuno.

Questa coerenza di cui parli io la vedo anche nei feat, quello con Paolo Benvegnù, ma anche in quello con Levante, l'idea non è mai sbracare…

Se la cosa viene spontaneamente io sono una grandissima tifosa delle coppie improbabili. La cosa a tavolino, invece, non sono mai stata capace di farla neanche da esordiente e penso che negli anni gli incontri che si fanno siano inevitabilmente con qualcuno di complementare.

Parlavi del tour nei teatri, luogo che in qualche modo ti è sempre stato congeniale perché è un luogo in cui si ascolta bene la musica, non come gli stadi e i palazzetti, un luogo intimo che ti permette di arrivare al pubblico: hai già un'idea di quello che sarà?

Ogni euro del budget che abbiamo di produzione, anche nell'ottica di tenere i biglietti in questo ragionevole il più possibile, verrà speso proprio nella scelta della strumentazione, insomma niente fronzoli. Quindi se mi vedrete vestita da Dio è solo per vanità (ride, ndr): vogliamo rimettere la musica al centro, al teatro si può fare e quindi anche la scelta di non far uscire il disco questo autunno nasce dal fatto di poter riassumere tutti questi anni e capire anche dove voglio che vada il suono. Magari registrare l'album mentre siamo in tour potrebbe essere una figata.

Prima parlavo di Levante e di Manuale Distruzione, tu quell'anno eri tra Ricreazione e Naif, che anni erano? Qual è stato il cambiamento più sconvolgente che hai visto?

Ero impegnata molto nel cercare di cogliere le possibilità che avevo di fare qualcosa di diverso. Infatti Naif era stato congelato due volte perché non era chiaro agli altri – per me era chiarissimo – che cosa volessi fare, dove volesse andare e mentre vedevo che c'era una prima ascesa forte di rap, qualche bel germoglio di Trap che arrivava dai nostri figli in giro per le spiagge, verso il 2015 e 2016. È stato un periodo di passaggio, poi l'indie è venuto fuori – finalmente! mi viene da dire – con una certa prepotenza, quindi era come se fosse una grande incubatrice. Se guardiamo le classifiche di quelle estati erano abbastanza plurali e anche senza nessuna logica, era un bellissimo periodo, devo dire.

Sarai madrina del Pride di Napoli, che importanza ha un ruolo del genere?

È una bellissima opportunità, ogni tanto mi dico che tanto è già stato fatto però poi contemporaneamente quando penso che la Regione Lombardia considera il Pride un evento divisivo e discriminatorio, mi rendo conto che abbiamo ancora tanto da fare. Nella storia dell'uomo ci sono dei meccanismi talmente assurdi per cui poter fare qualcosa anche solo con la presenza secondo me è importante.

Il tuo resta un atto politico, proprio perché c'è chi lo considera divisivo. Che rapporto hai con la comunità?

La prima cosa che ho fatto nel nella vita dopo Come foglie è stata una raccolta fondi per Gay Help Line, ed è stato molto divertente perché mentre ero completamente nuova nella vita pubblica, vengo portata in un locale a Testaccio, apro la porta e mi ritrovo davanti un ragazzo bellissimo, con le ali d'angelo e in mutande dentro una gabbia in una situazione che era super festosa. È stato stupendo. Così quando mi chiesero di cantare una canzone che serviva a raccogliere fondi per il telefono amico, mi dissi che era quello che volevo fare nella vita.

Che rapporto hai con la nuova scena musicale italiana?

A me piace quando ci sono delle idee senza alcun tipo di preclusione rispetto a nessun genere, mi piace che ci sia la voglia di fare, anche con una certa ricerca. Questo si coglie molto spesso nella scrittura, molto spesso non ci sono le strutture tradizionali, non ci sono dei brani che almeno all'apparenza vogliono essere dei brani da successo. Mi piace che ci sia questa voglia di raccontarsi, sia nel rap che nel cantautorato, e mi piace che gli sia un ritorno all'introspezione, come se fosse quasi una risposta a questo urlare, essere pubblici ed esteticamente sempre pazzeschi, mi piace che ci sia proprio un seguire la propria natura.

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