Come sappiamo, il termine ‘pasqua' deriva dall'ebraico, e il suo primo significato è quello di ‘passaggio', in riferimento alla liberazione e fuga del popolo ebraico dall'Egitto, sotto la guida di Mosè, narrata nella Bibbia. Nel solco della celebrazione annuale di questo evento, emerge la Pasqua cristiana.
Ora, la Pasqua non è una festa come le altre feste cristiane per un motivo molto semplice: è la commemorazione del momento fondamentale di questa religione, ossia la resurrezione di Cristo. Tanti punti dogmatici e di festa possono alterarsi o venire meno (e in effetti fra scismi, riforme, sette ed eresie la variabilità dei cristianesimi è impressionante) ma è questo punto, questa festa che parla di Cristo come del decisivo, della redenzione finale del peccato e via dicendo: roba seria.
Al di là della celebrazione, con buona approssimazione possiamo dividere i significati di ‘pasqua' in due filoni – il primo che abbraccia in modo più stretto certi caratteri liturgici e dogmatici della ricorrenza, il secondo che ci parla dei sentimenti che comporta, del rapporto con la festa stessa.
Infatti, con un occhio alla commemorazione ebraica che ripercorre la cena frugale del popolo in procinto di abbandonare l'Egitto e il sacrificio degli agnelli col sangue dei quali segnare le porte per scongiurare l'angelo della morte, e, cristianamente, al sacrificio di Cristo, la pasqua può diventare sia il pasto di celebrazione religiosa sia direttamente il sacrificio, il martirio: nel piccolo borgo in cui certi riti tradizionali sono ancora molto sentiti si organizzano pasque per ogni patrono, viene ricordata in modo solenne la pasqua di non violenti che hanno dato la vita per un'idea alta.
Ma ci viene in mente subito l'essere felice come una Pasqua. Infatti la pasqua, per l'onda lunga del suo senso religioso radicato, diventa l'evento gioioso: la pasqua è motivo di soddisfazione, la situazione lieta, così come la stessa allegria, la stessa serenità, lo stesso appagamento che a quel momento riconduciamo. E non solo: è una pasqua anche la persona che travolge con gioe simili (mio zio è una pasqua).
E ancora: per l'idea di esattezza escatologica, universale della pasqua, questa passa a significare anche il momento giusto, opportuno: tengo duro perché arriverà la mia pasqua, hai colto la pasqua con intelligenza (forse questo è il significato più bello e incisivo). Infine, il suo essere festa la presta all'augurio ma anche alla maledizione: si può dare la mala pasqua a qualcuno (un malaugurio, quasi affinché la sua festa torni in pianto), così come la buona pasqua. Peraltro, l'avere la buona pasqua significa anche l'essere trattato con favore: il professore mi dà sempre la buona pasqua.
La matrice religiosa di questa parola è irriducibile, e non è strano, visto che si tratta del cuore di una (anzi non solo una) religione imponente. Ma in tutti questi significati riusciamo a vedere come il concetto di pasqua penetri nella vita quotidiana, e nel modo quotidiano d'intendere la vita e i suoi eventi, spesso molto, molto laici.