Ma chi ci crede che hai letto 10 libri?
Un nuovo tormentone impazza su Facebook: quello di stilare la classifica dei dieci libri “che ti hanno cambiato la vita” e sfidare tre o più amici a fare lo stesso. È come una catena di Sant’Antonio, solo che in palio non viene offerto alcun aiuto ultraterreno o la promessa di un qualche evento miracoloso, ma, semplicemente, la possibilità di mettersi in mostra con “amici” e conoscenti.
Ma ammettiamolo: con la diffusione virale del fenomeno ciascuno di noi avrà, almeno una volta, formulato il seguente pensiero: “Davvero Tizio (Caio o Sempronio) ha letto questi libri?!” o, per i più malevoli, “ma perché, in tutta la tua vita, hai letto 10 libri?”. Dando un’occhiata alle classifiche, infatti, ciò che salta agli occhi è che la maggioranza delle persone coinvolte nel “gioco” (tutte in buona fede, siamo certi), include nella lista dei propri “best books” alcuni tra i titoli più altisonanti della letteratura mondiale.
Ecco un elenco tipo:
I Fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij
L’uomo senza qualità di Robert Musil
Il rosso e il nero di Stendhal
Guerra e Pace di Lev Tolstòj
La montagna incantata di Thomas Mann
Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway
Ulisse di James Joyce
Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline
Infinite Jest di David Foster Wallace
I Miserabili di Victor Hugo
Non è questione di malafede, ma se davvero la maggioranza delle persone che conosciamo (e su Facebook non è affatto detto che si “conoscano” tutte le persone “amiche”, anzi…) avessero letto questi ed altri libri, tra i più gettonati nelle varie classifiche, con ogni probabilità vivremmo in un mondo migliore! Non sta forse succedendo, piuttosto, che la lista dei “dieci libri…” sta diventando l’ennesimo modo per fornire agli altri un’immagine di sé che non corrisponde affatto a ciò che veramente siamo?
Oppure, ammesso che le cose stiano davvero come le classifiche dicono, come mai tra i libri più venduti, in un Paese dove a leggere sono sempre meno persone, figurano autori come Fabio Volo o titoli come “Cinquanta sfumature di…”?
Piuttosto questo fenomeno non fa altro che confermare, se mai ce ne fosse stato bisogno, un atteggiamento piuttosto diffuso, soprattutto in Italia: vale a dire, il fatto che la cultura viene percepita, quasi esclusivamente, come qualcosa di tedioso, soporifero o, nel migliore dei casi, di molto, molto impegnativo. E che la parola “libro” venga spesso associata a "classicone" da biblioteca. Non sarebbe più onesto dire, senza vergogna: “Io leggo solo best-seller!”. Del resto, la lettura, non è un piacere?