Lorenzo Orsetti non viene descritto da nessuno col termine "terrorista", anzi è osannato: politici di tutte le risme hanno fatto a gara per mostrare il loro contegnoso cordoglio per la sua morte, qualcuno con ammirazione, qualcuno dichiarando, nella posa del sussiego accorato, di voler trovare la forza di trarre esempio. Matteo Salvini gli ha addirittura rivolto una preghiera (incrociando le sue dichiarazioni non si sa più quale bizzarra divinità sincretica adori).
Ma intanto diverse direzioni distrettuali antimafia e antiterrorismo stanno procedendo da tempo con perquisizioni, restrizioni della libertà personale (qualche udienza è fissata a giorni), contro persone che sono in posizioni del tutto analoghe a quella di Lorenzo Orsetti, se avesse avuto la fortuna di combattere vittorioso fino alla fine della guerra e tornare a trovare i suoi genitori e amici. Questo è il criterio di applicazione del termine: se morto allora eroe, se vivo allora terrorista e nemico della patria sua.
Non c'è da sorprendersi che questi nostri concittadini siano chiamati "terroristi", non è un fulmine a ciel sereno. Importanti forze di liberazione, essenziali per la sopravvivenza e l'affermazione del libero popolo curdo, sono pacificamente nelle nostre liste nere del terrorismo: a riguardo la politica della XIV legislatura (l'epoca d'oro di Berlusconi) ha mostrato di avere le idee molto chiare, e lì siamo rimasti. Ci auspichiamo che direzioni distrettuali antimafia mostrino discernimento.
Lorenzo però non era un terrorista. Nessuno lo ha dipinto così: la morte è davvero l'unico discrimine? Purtroppo sì, e anche questo non sorprende: da morti, come a Natale, siamo tutti più buoni. (Per quanto qualcuno, a leggere il comunicato in cui lo Stato Islamico affermava trionfante di aver ucciso un "crociato italiano", avrà sicuramente avuto un prurito illecito.) Ed ecco il cortocircuito. Lo sappiamo: la persona che per qualcuno è un eroe della libertà per altri è terrorista. Ma qui si sta parlando di un caso diverso: la medesima persona giudicante giudica contemporaneamente il medesimo atto come un atto di eroismo e come un atto di terrorismo. Il combattente di Schrödinger. E questa "persona giudicante" è la nostra nazione, composta da magistratura, politica, cittadini.
Chi inquisisce e crede sia giusto inquisire persone per aver fatto ciò che Lorenzo Orsetti ha fatto, per aver sostenuto chi Lorenzo ha sostenuto, lo chiami terrorista. Avanti. Altrimenti corre un rischio terrificante: di trovarsi in bocca parole che non vogliono dire più niente. Chi sarà più il "terrorista", che cosa vorrà più dire questa parola? Come potrà gridare "al lupo"? Se credi che sia giusto punire chi appoggia l'YPG, presto, di' che Lorenzo era un terrorista: altrimenti arriverà il momento in cui, cercando parole per pensare, in testa ti troverai a ravanare in un sacco pieno di vestiti sudici e sformati, preservativi usati e cocci taglienti, e sarà quello il supremo retaggio della tua identità, la tua lingua e la tua legge. Prenditi la responsabilità del tuo pensiero o resterai senza.
Chi crede che i nostri concittadini schierati con i curdi contro lo Stato Islamico siano da perseguire, si affretti a dirlo forte e chiaro: Lorenzo Orsetti era un terrorista. Così avrà scelto, una volta per tutte, di sedersi dalla parte dello Stato Islamico, e noi lo sapremo. A questo servono le parole. Chi invece crede che questo non sia terrorismo, chiami i nostri coraggiosi concittadini che hanno scelto questa battaglia col loro giusto nome: partigiani. E li celebri, il 25 aprile è alle porte.